Se Carmack lascia id Software, il mondo se ne accorge? A leggere i “coccodrilli” di queste ore, da quando John Carmack ha annunciato il suo addio alla software house texana da lui stesso fondata nel 1991, sembrerebbe proprio di sì. Ovunque ci si giri si legge di gente disperata per il suo abbandono, per la fine ormai scritta di id Software, per il fatto che DooM 4 ormai non si farà più ecc. ecc. E si leggono un sacco di commenti di un sacco di gente che dice un sacco di scemenze e cattiverie gratuite su id e i suoi titoli, con quel tipico tono liberatorio e autoassolutorio che solo internet giustifica. Sfoghi che sembravano covare nell’animo da anni e che finalmente possono essere espressi in pubblico. Mah.
Come sempre, quando si tratta di analizzare il ruolo e l’importanza di una figura chiave nella storia (ancorché solo dei videogiochi, come in questo caso), trovare una verità assoluta è impossibile. Tocca farsene una ragione. Ci sono però dei fatti che non possono essere dimenticati, ignorati o trascurati. Uno di questi è che Carmack è stato un genio. Un pioniere. Uno che, a suon di linee di codice e di intuizioni, ha forgiato e plasmato la nostra passione. Che ha preso mondi bidimensionali in cui ci si muoveva a scatti, lentamente, di fronte a mostri che apparivano all’improvviso, e li ha trasformati nella ipercinetica frenesia di Wolfenstein 3D prima e di DooM poi. Il genere degli FPS è nato e cresciuto sotto i suoi polpastrelli. Di questo non possiamo mai dimenticarci e tutti dobbiamo essergli in qualche modo riconoscenti. Tutti, indistintamente.
Un altro fatto che non può essere trascurato è che i giochi più importanti di id Software (Wolfenstein 3D, i primi due DooM, Quake) non avrebbero avuto l’importanza e l’impatto che hanno avuto se id Software non fosse stata composta dalle persone che ne facevano parte. I giochi della software house texana erano magici perché l’alchimia tra i suoi membri era perfetta. Irripetibile, forse. Tant’è che quando l’alchimia si è spezzata, id Software non ha più saputo produrre niente di altrettanto valido. Carmack era, è sempre stato e sarà sempre il mago della programmazione, il genio del codice, il guru del 3D. Del tutto disinteressato, per sua stessa ammissione, a gameplay e storia, e a tutto quello che “fa” un videogioco. La magia di id Software funzionava così bene perché Carmack permetteva a John Romero (la cui parabola discendente è forse ancor più mesta di quella di Carmack), Tom Hall e Adrian Carmack di realizzare i loro deliri. Il suo compito, assolto alla perfezione, era mettere a disposizione tecnologie e possibilità fino a quel punto inesistenti, su cui gli altri tre potevano costruire mondi, mappe, dinamiche di gioco originali, nuove e innovative. C’erano dei vuoti, tecnologici e non solo, e loro quattro sono riusciti a colmarli. Carmack, da solo, non avrebbe colmato un bel niente.
Da questo discende un altro fatto incontrovertibile, ossia che da un po’ di tempo id Software ha smesso di essere il centro del mondo dei videogiochi come lo era dieci, quindici anni fa. Per una serie di scelte che riguardano “anche” Carmack, ma che non si fermano con lui, coinvolgono l’arrivo di Tim Willits, di Bethesda e un sacco di altri fattori che sarebbe decisamente troppo lungo raccontare qui. Wolf3D era rivoluzionario. DooM era rivoluzionario. Quake era rivoluzionario. Da DooM 3 in poi, ecco, diciamo che l’aggettivo “rivoluzionario” trova assai più difficile applicazione nei suoi prodotti. Negli anni la concorrenza è aumentata a dismisura, e soprattutto si è messa al passo. L’id Tech 5, con le sue megatexture, era (ed è tutt’ora) un prodotto interessante, ma di certo non rivoluzionario o innovativo come il Tech 1 o il 2. Ce ne sono un sacco di altri che fanno un sacco di altre cose, alcune meglio, alcune peggio. Quello di id Software, insomma, è solamente uno dei tanti engine grafici attualmente in circolazione.
L’impressione, per dirla in maniera brutale (e questo non è un fatto), è che ultimamente Carmack non stava lasciando chissà quale segno nel mondo dei videogiochi. Anzi, a dirla tutta non era proprio chiaro cosa stesse facendo, ed ecco spiegato il titolo di questo pezzo. Era evidente, per chi l’ha seguito anche solo da lontano in questi anni, che la sua attenzione era rivolta altrove, e la scelta di mollare id Software era forse inevitabile. Quasi necessaria, per la sua stessa sopravvivenza. Per uno che vive cercando nuovi confini da superare, nuove barriere (tecnologiche) da abbattere, il panorama attuale dello sviluppo dei videogiochi è quasi frustrante, privo di sfide che valga la pena raccogliere. Abbiamo visto cosa porta con sé la next-gen, che è tanta roba, ma si basa comunque sulla precedente generazione di hardware e di motori grafici, pompandola e migliorandola in maniera massiccia, ma non stravolgendo nulla. Ci sono i 4K, ma non c’è la passione. Il futuro, almeno secondo Carmack, sta altrove. La frontiera è da un’altra parte, e si chiama Oculus Rift. Che abbia ragione o meno, questo al momento poco importa. Di sicuro ne è convinto lui, e a noi tanto basta.
La sua scelta di abbandonare id Software chiude indubbiamente un’era, ma potrebbe aprirne un’altra. Per lui, per il mondo dei videogiochi, per noi. E chissà, magari anche per id Software.