Si parla di pirati, di teschi e ossa incrociate, di arrembaggi e imboscate. Non potevo quindi che occuparmi di analizzare da vicino quanto abbiamo avuto occasione di vedere di Skull & Bones, il titolo di foggia piratesca sviluppato da Ubisoft Singapore, che è stato uno dei veri protagonisti dell’ E3 2018. Dopotutto, finite le mie crociere (per ora, rimango il Capitano!) in Sea Of Thieves, avevo bisogno di navigare in acque un po’ più tumultuose di quelle che mi sono goduto veleggiando tra le isolette di Rare e Ubisoft sembrerebbe in grado di offrirmi un po’ di sana e movimentata navigazione. Inoltre, a distanza di un anno dal reveal del titolo (avvenuto come ricorderete nella scorsa edizione della kermesse losangelina), Ubisoft ci ha mostrato qualcosa di più del gioco, al momento ancora in fase di sviluppo e atteso al lancio per il 2019, e che promette di essere uno dei più interessanti giochi in arrivo nel prossimo futuro. Come sopra quindi, da bravo pirata, non potevo esimermi dall’approfondire un po’ quanto abbiamo ammirato dallo show della casa d’oltralpe.
https://youtu.be/3mHjURxQUbQ
Non è Black Flag, ma di sicuro un suo parente stretto.
Questa è stata la prima sensazione, una volta vista l’evoluzione tra quanto svelato nel 2017 e quanto ci è stato mostrato nei giorni scorsi. Se, al momento del reveal, ero convinto che Skull & Bones altro non fosse che la riproposizione, sensibilmente approfondita, di una delle feature più apprezzate di Assassin’s Creed IV: Black Flag, ossia le battaglie navali al comando della Jackdaw, ebbene, il trailer prima e il filmato gameplay mostrato a seguire durante la conferenza Ubisoft, mi hanno convinto del contrario. L’ossatura è quella, senza dubbio: che vi sia una radice comune è palese e non serve certo un cannocchiale per capirlo. Ma il trailer in CGI, soprattutto, ha svelato dettagli davvero interessanti. Innanzitutto sappiamo già che ci sarà una story line o, almeno, questo è quanto ci è lasciato intendere dal trailer introduttivo: l’era della pirateria sembra volgere al termine, le vecchie glorie spazzate via dai mari dalle milizie coloniali e delle grandi potenze che si contendono il controllo degli oceani. Pochi sono scampati a questa epurazione. Pochi, ma tutti animati da un unico desiderio: ricreare un impero di pirati, un regno nel quale essere re, regine, comandanti e signori della guerra. In barba alle Colonie e alle loro restrizioni, sulla nostra isola tutta notte rum e mig.. ehm rum e bagordi, va’! Un tempo occupati a spadroneggiare nei mari caraibici, in Skull & Bones gli ultimi pirati rimasti si riuniranno intorno ad alcune isolette vicine al Madagascar, in pieno Oceano Indiano. Scelta apparentemente ottima: buona posizione, rotte commerciali vicini, affitto negoziabile… la vita da pirata sta per ricominciare, e sarà una ripartenza col botto in tutti i sensi.
I pirati sono lupi, e i lupi cacciano in branco.
Questo è un refrain che Ubisoft, sia nel trailer in CGI che nei filmati gameplay finora trapelati, canticchia costantemente e neanche troppo sommessamente. La cooperazione è la chiave per distruggere le fregate avversarie, è il mezzo per assaltare un presidio o anche solo un buon modo di passare il tempo. Le possibilità, apparentemente, sono infinite: Ubisoft come dicevamo non ha approfondito l’esperienza Black Flag, ma l’ha proprio sparata, come una bordata, nella stratosfera. Via il clichè del pirata tutto saccheggi e disonore, in Skull & Bones l’atmosfera ricorda più Pirati dei Caraibi: avremo alleati, avremo nemici, e dovremo scegliere con oculatezza sia i primi che i secondi. Anche perché, ne converrete, fidarsi di un pirata non sembra essere una scelta igienica per la nostra salute. Essere passati a fil di spada, ci chiarisce Ubisoft in un paio di sequenze mostrate all’E3 2018, è un attimo. Rimane ancora un po’ fumoso il peso effettivo che le modalità cooperative avranno nel gioco: saranno davvero, alla fine dei giochi, indispensabili? O sono solo un modo per creare una commistione tra la story line del gioco e il comparto multiplayer? A chi navigherà nelle acque del Tropico del Capricorno l’ardua sentenza ma, archibugio alla nuca, io mi sbilancerei verso un titolo always online con una campagna single player aperta a ingerenze esterne (un po’ sulla falsa riga di State of Decay 2, avete presente?). Insomma, sembrerebbe che avere una ciurma ben affiatata sia quasi indispensabile, ma da fanatico del single player duro e crudo spero in una soluzione ibrida, che riesca ad accontentare, per quanto possibile, tutti.
Pirati si, ma con stile!
Diciamocelo francamente: vedere quella mole di possibili personalizzazioni per le nostre navi, nei trailer e nei filmati gameplay pubblicati da Ubisoft, ha fatto sbavare tutti coloro che sognavano di portare morte e distruzione tra i flutti. Razzi, bombarde (non ci giurerei, ma penso di aver visto anche una specie di mortaio) e rostri, solo alcune tra le armi a nostra disposizione, possono essere sostituiti e, apparentemente, sono passibili di upgrade. Aldilà della “scimmia da collezionismo”, che spingerà molti a volere tutte le possibili permutazioni, sarà molto interessante valutare l’effettivo impatto sul gameplay di un timone diverso da quello di default, tanto per fare un esempio. Analizzando un po’ più nel dettaglio i gameplay sembrerebbe che ogni permutazione delle armi di base possa garantire non solo delle differenze nell’utilizzo (e, di conseguenza, nel nostro approccio) ma anche un effetto leggermente diverso rispetto alle controparti basiche. Questo è un aspetto che non vedo l’ora di sviscerare: sempre partendo dall’assunto che Skull & Bones sia appunto il cuginetto delle battaglie navali di Assassin’s Creed IV, sono curioso di capire come e soprattutto in che misura l’aspetto strategico e la pianificazione degli scontri giocheranno un ruolo nel gameplay del titolo. Stando a quanto visto ogni sortita dovrà sempre essere ben preparata, studiata a tavolino nei minimi dettagli, se vogliamo essere sicuri di tornare a casa su un vascello carico di tesori e non su una zattera, magari costretti a remare con le nude mani.
Onde, mareggiate e 60 FPS fissi.
Rimane un ultimo punto da analizzare, il comparto tecnico. Ovvio, all’E3 2017 prima, quando il gioco è stato svelato al mondo, e nell’ultima iterazione della kermesse losangelina poi, Ubisoft ha fatto mostrare i muscoli al titolo. Basandoci su quanto visto, sembrerebbe che la realizzazione di Skull & Bones, almeno a livello tecnico, sia di altissimo livello. Effetti particellari, texture, animazioni e frame rate: tutto sembra quasi dipinto, con un frame rate, appunto, che appare solidissimo anche in situazioni davvero (e aiutatemi a dire davvero!) concitate. Un po’, ad essere onesti, ho dovuto storcere il naso: per quanto Skull & Bones sia accomunabile a Black Flag, vedere uno spregiudicato riutilizzo di asset mi ha dato fastidio. Intendiamoci, signori e signore: amo anche io i sea shanty, anzi, li adoro: ma sarebbe stato carino vedere nuove animazioni, magari un po’ più di varietà nei modelli degli NPC (fateci caso, durante la fase di caricamento dei cannoni nel trailer gameplay: lo stesso modello di “corsaro” ci viene riproposto almeno tre volte). E, dopo aver navigato nel mare di Rare, devo ammettere che nonostante il loro cupo fascino i flutti di Skull & Bones non mi sono sembrati così invitanti, anzi, a tratti ho trovato quasi posticce le onde. C’è ancora tempo alla release, per raffinare e sgrezzare questi difetti, quindi la cosa mi preoccupa ma solo un pochino, ciò nonostante il lavoro di Ubisoft Singapore, sempre per quanto ci è stato finora mostrato, sembra davvero di altissimo livello.