Code Vein ha una storia talmente travagliata che il solo pensiero di averlo testato un’ultima volta alla gamescom 2019, a meno di un mese di distanza dalla sua uscita ufficiale su PlayStation 4, Xbox One e PC, ci fa dare di matto. Una condizione che non è dopotutto così lontana da quella dei protagonisti del gioco di Bandai Namco Entertainment, talmente assetati del sangue altrui dall’aver escogitato la creazione di maschere macchiate dallo stesso liquido organico; un metodo come un altro per mantenere il controllo, nel mondo infetto di Code Vein. Il design di ogni personaggio ci fa difatti capire quanto il mondo sia riuscito a prosperare prima della propagazione dei Revenant, ossia di esseri umani deceduti e infine tornati in vita tramite degli esperimenti scientifici e l’inserimento di un Parassita BOR; chiamatelo anche la versione vampirica di Frankenstein, se volete. Con una tecnica apparentemente così utile, tuttavia, l’umanità avrebbe prima o poi subito delle ricadute inattese, e così è successo. Tutti i Revenant che non avrebbero bevuto del sangue per mantenere intatta la propria sanità mentale, infatti, sarebbero divenuti i cosiddetti Lost, ovvero i nostri avversari; delle amenità talmente mostruose da non essere più riconducibili all’essere umano che prima aveva il pieno controllo del corpo. Così si è arrivati al Great Collapse, alla frammentazione delle civiltà e alla diffusione del cannibalismo in tutta l’umanità, ormai guidata dal famigerato Parassita BOR. Sarà in questo miasma di morte e distruzione che ci sveglieremo, intraprendendo un pellegrinaggio tra le lande di Code Vein.
Code Vein: la rinascita del Revenant
Nella demo da noi testata della gamescom 2019, tra un Dragon Ball e un One Piece nello stand di Bandai Namco Entertainment, abbiamo essenzialmente avuto modo di esplorare una breve porzione del gioco, avendo inoltre solo 15 minuti totali per affrontare gli avversari, salire di livello e combattere infine contro il boss finale del test. In questo sparuto periodo di tempo, ne sono però uscite di cose: innanzitutto, lo ribadiamo per chi non avesse mai sentito parlare del gioco, Code Vein è palesemente un soulslike; uno di quelli che ha preso Bloodborne di FromSoftware, l’ha fatto amoreggiare con uno shonen dalle tinte dark e ha atteso l’arrivo del figlio prescelto. Ovviamente, stiamo più parlando di un esperimento non ancora del tutto riuscito che del nuovo riferimento per il sottogenere coniato da Hidetaka Miyazaki, ma c’è del buono in Code Vein.
Il nostro protagonista e la signora in bianco avranno un ruolo dominante nella narrazione di Code Vein.
Innanzitutto, il sistema di gioco sarà un derivato dei titoli firmati FromSoftware, ma non sarà un’esatta copia del gameplay che abbiamo imparato a conoscere negli anni. Certo, le basi sono le stesse: abbiamo l’attacco leggero, quello pesante, la schivata, la difesa e il fantomatico parry, oltre ad alcune abilità speciali che consumeranno il nostro mana. Le fondamenta di Code Vein, insomma, si basano sulle stesse di Dark Souls o Bloodborne, ma è da lì che Bandai Namco ha voluto discostarsi con l’implementazione di alcuni elementi inediti. Da un lato, per esempio, avremo la possibilità di equipaggiare 8 bonus per il nostro personaggio -attive in automatico una volta che le avremo assegnate- e 3 mosse esclusive, che avremo invece modo di utilizzare in tempo reale contro i terribili Lost. Le combinazioni funzionano e in un certo modo ci spronano a fare del nostro meglio (o peggio, a seconda dei punti di vista) per sperimentare e capire quale possa essere il miglior ruolo da sfruttare per noi e per il nostro Revenant.
Code Vein non sta uscendo tuttavia senza alcuni difetti significanti nel suo stesso sistema di gioco. Tra un’arma e l’altra, infatti, abbiamo notato un certo sbilanciamento nei confronti delle disgraziate armi pesanti, ormai un incubo da gestire in qualsiasi soulslike (Dark Souls incluso), che infliggevano dei danni moderati a scapito di una lentezza spropositata e di un’apertura verso il contrattacco dei nemici fin troppo ampia. In essenza, le armi pesanti tutto ci sono sembrate fuorché utili da sfruttare rispetto alle armi leggere, che infliggevano dei buoni danni ai Lost senza però lasciarci indifesi a ogni attacco. Ovviamente andrà visto se nelle ore successive di gioco ci sarà una rivalsa o meno delle armi pesanti, magari potenziate a dovere o rimaneggiate nella fluidità delle animazioni, ma il nostro sentore è che sarà l’intera tipologia di arma a dover fare i conti con delle armi leggere fin troppo convenienti da utilizzare.
Un altro dettaglio che ci ha fatto storcere il naso, inoltre, è stato lo sbilanciamento esagerato tra il gioco in solitaria e l’avventura vissuta in cooperativa con un altro giocatore o con un compagno controllato dalla IA. In entrambi i casi, difatti, tutti i nostri avversari venivano fatti a fettine nel giro di una manciata di secondi, senza neanche darci modo di elaborare una strategia più elaborata o incitandoci magari a combinare le nostre abilità con quelle del nostro compagno. L’unica situazione in cui ci è davvero servito l’accompagnamento di un secondo Revenant è stato durante l’ultima boss della demo, che non ci è tuttavia sembrata progettata per essere abbattuta durante il test. La difficoltà era fin troppo smodata in quei frangenti e siamo decaduti senza riuscire a scoprire cosa si celasse dietro la sua sconfitta. Ciononostante abbiamo visto in diretta un altro elemento interessante della demo, già mostrato in altre occasioni, ossia che la boss fight non era unica, ma aveva due fasi distinte. Un modo come un altro per aggiungere un po’ di pepe all’ultimo nemico, ma anche un’ultima prova che ha accostato Code Vein agli ultimi soulslike di FromSoftware. Non che servisse per dimostrarlo, sia chiaro.
Code Vein ci sta convincendo sempre di più ogni giorno che passa. Se nella trama non eravamo riusciti a ottenere abbastanza informazioni per giungere a valutazioni reali, con questa demo abbiamo visto degli elementi che stratificano la narrazione del gioco di Bandai Namco: dai Revenant ai Lost, passando per il Parassita BOR e il Great Collapse, tutto sembra circondato dal giusto alone di mistero e da una storia in linea con gli shonen di ultima generazione. Il gameplay, seppur ancora un po’ legnosetto, ci ha dato modo di capire che -tralasciando il difetto del compagno- ogni singola abilità o arma di Code Vein verrà sfruttata per il solo gusto di farlo. Per il soulslike di Bandai Namco, alla fin dei conti, non potrebbe esserci un miglior complimento.