Wasteland 3: benvenuti nel deserto (di ghiaccio) del Colorado!

Wasteland 3

Con l’orizzonte celato dalle ingombranti sagome di Cyberpunk 2077, Final Fantasy VII Remake e Baldur’s Gate III, quest’ultimo in forma di rilascio anticipato disponibile entro l’anno, inXile Entertainment dovrà rimboccarsi parecchio le maniche per fare in modo che anche Wasteland 3 possa ritagliarsi un posto fra i migliori giochi di ruolo del 2020: finanziato tramite un impressionante kickstarter su Fig nel 2016, che superò il cospicuo traguardo dei 3 milioni di dollari, il terzo capitolo della saga post-apocalittica ideata da Brian Fargo nel 1988 e proseguita con l’acclamato Wasteland 2 nel 2014 prende subito le distanze dagli stimati predecessori, catapultando i giocatori dalle sabbie riarse del Nevada e dell’Arizona fino alle gelide distese innevate del Colorado, dove l’ipotermia scalza la disidratazione fra le possibili cause di morte dei ranger sotto il nostro comando. Le premesse, tuttavia, restano identiche: Wasteland 3 è un gioco di ruolo isometrico con combattimenti a turni fra squadre opposte, che si presenta come un’intrigante mescolanza tra Fallout (nato come erede spirituale del primissimo Wasteland, è sempre bene ricordarlo) e il moderno XCOM, e prevede un approccio narrativo non lineare legato ai rapporti diplomatici che intrecceremo con le fazioni in lotta per il controllo del territorio. La beta rilasciata pochi giorni addietro ci cala subito nel bel mezzo dell’azione, con la squadra di cui facciamo parte in rotta verso lo Stato del Centenario per recuperare una preziosa fonte di sostentamento, salvo cadere vittima di un agguato teso da una banda di razziatori noti come i Dorsey. Abbiamo avuto giornate decisamente migliori, poco ma sicuro.

Wasteland 3

Gli mancavano appena due giorni alla pensione!

Proprio come ogni RPG che si rispetti, subito dopo la sequenza di apertura possiamo dedicarci alla parte che preferisco, ossia la creazione del personaggio o, nel caso specifico, dei personaggi: sì, perché il gioco ci consente di personalizzare una coppia di esploratori da zero oppure di partire da una serie di archetipi pre-costruiti come un mentore e un apprendista, una coppia di amanti o un padre e una figlia. Spinto dai ricordi struggenti che conservo ancora per The Last of Us, la mia scelta ricade sull’ultima coppia, che scende quindi in campo per vendicarsi degli assalitori che non hanno fatto ancora in tempo a scappare: la prima sensazione è proprio quella di trovarsi alle prese con un nuovo episodio della serie fantascientifica ravvivata da Firaxis, con vaste mappe suddivise in griglie per delimitare il movimento, coperture più o meno efficaci per ripararsi dai proiettili nemici e percentuali numeriche in ogni dove stanti ad indicare l’accuratezza delle armi imbracciate. I miei due ranger hanno ruoli differenti, nella fattispecie il padre è un nerboruto combattente da mischia mentre la figlia possiede una spiccata propensione per i fucili a lunga gittata, così può indebolire gli avversari prima che il genitore li ingaggi corpo a corpo per finirli oppure occuparsi di quelli che tentano di aggredirlo alle spalle, sempre tenendosi a debita distanza. Come da tradizione, ciascun personaggio dispone di un quantitativo predeterminato di punti da spendere per muoversi, utilizzare oggetti o attaccare con l’ausilio dell’interfaccia utente, grazie alla quale possiamo valutare l’efficacia di qualsiasi azione prima di confermarla. Gli scontri sono incentrati perlopiù sull’utilizzo di armi a lungo raggio, perciò è necessario tenere in considerazione tutti gli elementi del caso come le protezioni offerte da casse, barili e pareti, la linea di tiro, la lontananza fra le unità e le munizioni disponibili, come pure avere un occhio di riguardo per tutte le caratteristiche e i talenti che influenzano tale stile di gioco. Le configurazioni dei nostri ranger che abbiamo selezionato all’inizio dell’avventura troveranno subito un utilizzo pratico in battaglia e, poiché sarà possibile giocare le missioni collaborando online con altri giocatori da tutto il mondo, il loro sviluppo andrà anche a beneficio di quanti ci accompagneranno nel corso del rigido inverno nucleare americano. Tra parentesi, faccio finta di non essermi accorto della spudorata somiglianza tra l’editor di Wasteland 3 e quello dei capitoli di Fallout dal terzo in avanti, anche se da quest’ultimo avrebbero potuto attingere qualcosa di più in termini di resa estetica degli avatar in-game.

Wasteland 3Mi chiamo Saul Buchanan, il Colorado è mio

La sezione introduttiva prosegue con qualche altra scaramuccia scriptata e comprensiva di tutorial sulle funzionalità di base, finché non giungiamo al cospetto di Saul Buchanan, un energumeno dall’aspetto poco raccomandabile che si fa chiamare il Patriarca e che stringe lo stato nella sua morsa da oltre una decade: è lui la persona giusta che potrebbe fornirci le riserve di cui l’Arizona ha disperatamente bisogno, perciò dovremo cercare di entrare nelle sue grazie anche se non si tratta proprio della persona più amichevole con cui avremo a che fare. Com’era naturale aspettarsi, Saul non è disposto ad accogliere le richieste che gli avanzeremo senza ricevere qualcosa in cambio, dunque ci affida un insediamento appena scoperto che dovremo rimettere in sesto per lui: questa è l’occasione di rimpolpare tanto le fila del nostro drappello quanto migliorarne le dotazioni con ricerca e sviluppo, tanto che uno dei primissimi incarichi che andremo a completare è proprio il reclutamento di personale supplementare come dottori e scienziati. Ciascuna recluta possiede differenti abilità che possono tornare utili in svariati contesti, come la conoscenza di computer e dispositivi elettronici o una certa scaltrezza nello scassinamento di lucchetti e serrature, ed è importante mettere insieme una formazione ben bilanciata sia dentro che fuori al campo di battaglia per poter risolvere ogni congiuntura con una moltitudine di alternative. Inoltre, il Patriarca introduce anche quella che sembrerebbe la linea narrativa principale, vale a dire una faida familiare che lo vede contrapposto ai suoi tre figli, e ci affida il compito di risolvere la questione una volta per tutte: va da sé che, essendo il sistema di alleanze di Wasteland 3 particolarmente ben strutturato, con ogni probabilità saremo in grado di schierarci dalla parte di uno di questi ultimi e ribaltare le carte in tavola, ma bisognerà attendere il gioco completo per saggiare con mano l’effettiva incidenza della nostra condotta sulla storia. Quello che invece ho potuto riscontrare sono le conseguenze delle nostre scelte, che possono condurre ogni subquest verso una risoluzione più o meno oculata: senza troppi spoiler, basti menzionare una singola occorrenza nella quale abbiamo la facoltà di decidere se un PNG che ci ha scortati lungo il tragitto possa o meno esigere vendetta da un gruppo di criminali catturati grazie al suo aiuto, e tale giudizio avrà un certo grado di influenza nei rapporti con le fazioni presenti sul territorio del Colorado. Insomma, è chiaro che accontentare sempre tutti sarà un’impresa decisamente ardua.

https://www.youtube.com/watch?v=gkD83u94_54

Prima di chiudere, vorrei spendere qualche parola sul tono generale che gli sviluppatori hanno voluto conferire a Wasteland 3: sebbene la saga abbia fatto del sarcasmo e dello humor nero un tratto distintivo, merito anche di descrizioni e dialoghi che spesso nascondevano riferimenti alla cultura pop dell’epoca o doppi sensi fin troppo intenzionali, inXile non sembra aver risparmiato nessuna cartuccia in questa nuova iterazione e l’ha trasformato in una sorta di Borderlands isometrico dove sguaiataggine e insensatezza la fanno da padroni, fattore questo che mi ha in parte indispettito perché travalica un po’ troppo spesso nella stolidità. Ma sarei un bugiardo se non ammettessi che le meccaniche di gioco (malgrado qualche sbavatura, come l’inspiegabile mancanza di un comando che ponga i nostri ranger in posizione accucciata senza la necessità di coperture) e gli elementi ruolistici e gestionali mi hanno lasciato una cospicua acquolina in bocca, dunque attendo con ansia il prossimo maggio per verificare quanto il poco che ho visto riuscirà a tradursi in un’esperienza sufficientemente robusta e degna delle decine di ore del tempo che ho già regalato ben volentieri ai capitoli precedenti.

Gioca da quando ha messo per la prima volta gli occhi sul suo Commodore 64 e da allora fa poco altro, nonostante porti avanti un lavoro di facciata per procurarsi il cibo. Per lui i giochi si dividono in due grandi categorie: belli e brutti. Prima che iniziasse a sfogliare le riviste del settore erano tutti belli, in realtà, poi gli è stato insegnato che non poteva divertirsi anche con certe ciofeche invereconde. A quel punto, ha smesso di leggere.