Si sono viste molte produzioni fare il salto verso la realtà virtuale e vedere l’effetto che fa inserire in un visore l’esperienza di gioco già proposta nella maniera “tradizionale”. The Persistence ha scelto di fare il percorso inverso e di passare dal PlayStation VR ad una versione senza realtà virtuale per PlayStation 4, PC, Xbox One e Nintendo Switch. Proprio la versione per quest’ultima console è quella presa in oggetto da questa recensione. Togliere elementi e caratteristiche ad un gioco è sempre un rischio, togliere la tecnologia alla sua base è ancora più pericoloso. Il risultato finale lo leggerete qui di seguito. Questo roguelike sci-fi realizzato da Firesprite ha un buon punto di partenza, ma come sarà arrivato alla fine?
The Persistence: la morte è solo un passaggio
Morire è la regola base alla quale ci si dovrà abituare in The Peristence fin dalle prime battute. Come in ogni roguelike ci vorrà più di una rinascita, clonazione in questo caso, per poter accumulare risorse e upgrade sufficienti ad affrontare con meno timore l’avventura. L’ufficiale Zimri Eder, protagonista dell’avventura, pare essere l’ultima sopravvissuta sulla nave spaziale che dà il nome al gioco che si trova pericolosamente vicino ad un buco nero. Scappare dal destino infausto è l’obiettivo dovendo attivare progressivamente tutti i processi della navicella necessari per farla ripartire. Il lavoro è reso particolarmente ostico dalle creature umanoidi, che di umano hanno molto poco, che popolano i vari ponti.
Una buona base di partenza sulla quale però si sviluppa un plot poco incisivo che non riesce a dare un ritmo intenso alla narrazione. Del resto la natura procedurale degli scenari e la discreta libertà con cui si può sceglie di percorrere le sale e corridoi non permette di dare una linea stabile al percorso di sopravvivenza dell’ufficiale Zimri. L’assenza della realtà virtuale toglie anche il cardine di immedesimazione che compensava su PSVR alla debolezza della trama, la quale si dischiude solo in alcuni momenti in scene d’intermezzo che danno qualche informazione in più sulla natura del disastro che si è compiuto sulla nave. Anche l’atmosfera horror si accende a intermittenza durante l’avventura con jumpscare che si ripetono troppo spesso identici intervallati da lunghe fasi d’esplorazione un po’ piatte e senza particolare pathos.
Sopravvivere senza VR
L’assenza di realtà virtuale, o meglio il suo taglio, mette in luce anche alcune meccaniche di gioco molto derivative. Il puntamento degli oggetti per interagire con essi e l’impacciata andatura della protagonista sono chiaro retaggio di un titolo pensato per i ritmi e le necessità del visore. I movimenti di telecamera e gli spostamenti sono innaturalmente lenti e provocano spesso impedimenti al gameplay soprattutto durante le fughe di emergenza dagli scontri. Ci si sente intrappolati in un corpo che non risponde ai comandi come si vorrebbe e la mancanza di impostazioni per personalizzare questi aspetti è un po’ frustrante. Ma la legnosità non è un male in senso assoluto questo, anzi, essa aiuta a risollevare l’ansia e a creare un livello di sfida alto che rende la morte, come detto, una necessità per poter creare le giuste condizioni per proseguire.
Ogni clonazione successiva a un game over permette di accedere agli upgrade indispensabili per avere statistiche migliori e abilità potenziate. Una meccanica sicuramente ben riuscita che abbinata alla creazione estemporanea di equipaggiamenti e armi nei punti della mappa preposti permette di lavorare tantissimo sulla strategia migliore per affrontare le varie stanze e le creature che le popolano. Tutto questo offre la possibilità di scegliere anche un approccio più aggressivo e non necessariamente silenzioso. In The Persistence i colpi sono limitati, è vero, ma ci sono molte opportunità di integrare le risorse per arrivare poi agli scontri cruciali ben armati e impavidi.
Tra i tagli applicati a The Persistence in questa nuova versione senza VR c’è anche il multigiocatore realizzato con il collegamento a smartphone di cui non si sente la mancanza. Il titolo di Firesprite va giocato in solitudine, è pensato per far sentire soli per tutta la decina di ore che serve (anche ai più negati come me,ndr) per raggiungere il finale.
Tra il buio e la luce
Si è detto dell’atmosfera horror che non è costante nella sua tensione ma ha dei picchi alternati a sezioni più calme. Su questo influiscono sia il gameplay ma anche alla realizzazione dello scenario e dell’illuminazione che passa da sezioni buie a parti illuminate in maniera troppo repentina e qualche volta anche troppo casuale. Ci si sente più esploratori di un luogo che sopravvissuti di una strage. Gli effetti particellari sono invece molto pi anche se non al punto da risultare sgradevoli. The Persistence senza VR su Nintendo Switch punta a mantenere una buona immagine generale non spingendosi oltre la soglia di sicurezza anche perché alcuni rallentamenti sugli fps hanno mostrato come non si potesse forse fare di più in questi termini.
Gli scenari e l’ambientazione, che ricordano le esperienze di Alien: Isolation, sono un po’ spogli e mancanti di personalità anche a causa della casualità con la quale vengono disposti ogni volta che si rinasce. Al loro interno la popolazione di creature è abbastanza diversificata e si sente una chiara ispirazione ad altre produzioni ma con una modellazione apprezzabile seppur non perfetta. L’ensemble delle creature riesce comunque a innestare un buon brivido frizzante di orrore tra le pieghe dello scenario e restituisce la giusta dose di adrenalina nelle fasi intermedie di gioco. Si prova paura di quelle figure, ma dopo qualche sconfitta si percepisce anche che possono essere battute senza timore.
The Persistence è un porting da VR che tecnicamente è stato realizzato pensando alla potenza disponibile per quella tecnologia. Considerando questo non si può che percepire comunque il buon lavoro complessivo. Se si è fatto un pensiero non su questa versione ma su quella per PlayStation VR si può trovare anche la recensione dell’originale su Gamesvillage.it.
The Persistence su Nintendo Switch si comporta dignitosamente portando nella lineup della console ibrida la sua visione sci-fi di survival roguelike. Purtroppo, come una cola senza bollicine, questa versione, privata della componente VR di cui disponeva in origine, perde un po’ del suo fascino e appeal originali. Il gusto horror c’è, l’atmosfera survival un po’ meno. La lentezza dei movimenti e la gestione dell’interazione con lo scenario sono fin troppo derivate dalla realtà virtuale, ma dopo un po’ ci si fa l’abitudine. Il livello di sfida è abbastanza alto e aiuta a far salire l’ansia anche fuori dalle fasi stealth. Su Nintendo Switch il gioco appare abbastanza fluido e pulito graficamente senza ovviamente il dettaglio che si potrebbe chiedere a versione per console dalla computazione maggiore. Eppure anche con così tanti compromessi, l’avventura si dimostra godibile. La solitudine di questo spazio profondo non è perfettamente immersiva, ma ha i suoi modi di tenere attaccati al pad.