Tanto tempo fa, prima che le console domestiche invadessero le nostre case, prima della diffusione massiccia dei PC, l’esperienza videoludica si poteva fare principalmente (e anzi quasi esclusivamente) in un luogo: la sala giochi. Era uno spazio fiabesco, sempre popolato di ragazzini che, con occhi incantati, si spostavano da questo a quell’enorme cabinato, sfidandosi tra loro, strillando, ridendo, o più semplicemente osservando con gli occhi lucidi d’ammirazione “quello bravo” che stabiliva un nuovo, irraggiungibile record. È proprio sui cabinati delle sale giochi che è nata e si è appassionata la prima grande generazione di videogiocatori, quelli di Pac-Man e Galaga, di Arkanoid e Donkey Kong, di Bubble Bobble e Metal Slug. Non capita spesso di rifletterci mentre si preme il tasto di accensione di una console di ultima generazione per catapultarsi nel mondo ad altissima definizione dell’ultimo Call of Duty, o di un Far Cry, ma tutto è cominciato lì, in quelle sale calde, ingombre di cavi, dove il pomeriggio (e, siamo onesti, anche la mattina, quando si bigiava la scuola) ci si riuniva per divertirsi tutti insieme, un po’ come quei bambini, meravigliosamente anacronistici, che affollano la sala giochi di quel piccolo capolavoro Disney Pixar che è Ralph Spaccatutto.
Non è un mistero quindi perché, anche in quest’epoca di 4K Ultra HD, di giochi che girano a 60fps, di simulazioni sempre più realistiche, gli arcade mantengano ancora un fascino tutto loro, e un incredibile stuolo di appassionati, non solo tra i nostalgici o gli amanti del vintage, ma anche tra le generazioni più giovani, tanto da avere persino delle console dedicate. Ed è proprio a questa fanbase che i ragazzi di HandyGames e Massive Miniteam si vogliono rivolgere con la loro ultima creatura: Spitlings, il gioco che ho avuto la possibilità di provare e di cui andremo a parlare oggi.
Spitlings: tra Space Invaders e Super Meat Boy
Ok, magari il paragone è esagerato, scomodo e impietoso, ma serve a rendere l’idea di cosa sia Spitlings, questo action arcade a piattaforme e a scorrimento orizzontale che ci fa calare nei panni di alcune creaturine rettangolari, dotate soltanto di una bocca e di una chiostra di denti, gli Spitling, appunto. Attraverso i vari livelli del gioco, il nostro compito sarà quello di distruggere gli avversari (aka palline rimbalzanti di una sostanza non meglio specificata: sì, capisco la vostra confusione, tra poco spiegheremo tutto) sputando loro contro l’unica arma disponibile: i nostri stessi denti. In questo aspetto quindi Spitlings potrebbe ricordare proprio Space Invaders, o uno degli innumerevoli sequel ed epigoni dell’iconico arcade di Tomohiro Nishikado, la differenza sta, però, nelle mappe. Gli scenari non presentano la stessa complessità di quelli di un altro platform indie del 2010 che ha fatto scuola, Super Meat Boy, e non prevedono grandi movimenti sull’asse verticale, a meno che non si scelga di sputare verso il basso per sollevarsi leggermente da terra, ma comprendono una ricca varietà di elementi diversi e di differenti disposizioni delle piattaforme, che si possono utilizzare per riuscire a portare a termine la missione del gioco, o che mettono precocemente fine ai nostri tentativi.
Al di là delle influenze e delle citazioni però, Spitlings si dimostra un titolo abbastanza innovativo sia nella concezione che nel gameplay, e il fatto che tutte le modalità di gioco possano essere giocate da 1 a 4 giocatori (proprio come i veri arcade di una volta) non fa che aumentare il divertimento. Infatti, uno degli aspetti sicuramente più positivi del gioco, è proprio quello di cercare di ricreare, grazie alla modalità multiplayer (locale e online), quell’atmosfera da sala giochi condivisa con gli amici, che spesso finiscono a gridarsi addosso l’uno con l’altro, soprattutto perché se anche uno solo viene ucciso, il livello ricomincia… per tutti.
Le modalità di gioco
Quale sarebbe la vostra reazione nel vedere, un bel giorno, un’enorme palla di una appiccicosa sostanza aliena precipitare sul vostro palazzo e invaderlo completamente, intrappolando tutti i vostri amici? La situazione è talmente paradossale che non vi biasimo se non trovate una risposta immediata, ma è esattamente questa la trama dello Storymode di Spitlings, e il motivo per cui dobbiamo andarcene in giro, scendendo di piano in piano, ad annientare le palline malvagie e a liberare altri Spitling come noi. La longevità (pienamente soddisfacente) di questa modalità dipende, sostanzialmente, dalla vostra bravura, dai vostri riflessi e anche da una piccola dose di fortuna, e può oscillare tra le 10 ore di gioco e l’infinito (anche perché si può tornare indietro ad affrontare i livelli già superati).
Attraverso la Modalità Storia si possono inoltre sbloccare tutta una serie di trofei, i fumetti che costituiscono il seguito della storia, tantissimi nuovi personaggi giocabili e un bel po’ di mappe diverse, che possono essere poi utilizzate nella seconda modalità: il Party, il vero e proprio pezzo forte di questo titolo. Questa modalità offre infatti un’esperienza di gioco completamente personalizzabile ed editabile, introducendo anche una lunga serie di modificatori che cambiano le regole e rendono il gioco (soprattutto se in coop) ancora più vario, imprevedibile, caotico, e quindi divertente.
Grafica, comandi e sonoro
Il menù principale, così come il fumetto che dà il via alla storia, presentano una grafica molto colorata, brillante, quasi chiassosa nel suo modo di colpire la vista, ma le fasi di gameplay non rispettano queste promesse. Infatti, se lo stile semplice, old school, sobrio e pulito che caratterizza sia i personaggi che gli scenari è molto più che apprezzabile, anzi, quasi classico e direi d’obbligo, visto il genere del gioco, la resa cromatica non è semplicemente quella che ci si aspetta: gli sfondi sono cupi e scuri, i colori, anche quelli accesi come il verde acido o il giallo canarino, abbastanza smorti e opachi, accostati in contrasti che fanno davvero a cazzotti. A poco serve la possibilità di cambiare colore utilizzando degli specifici comandi (su PC sono i tasti Q ed E): l’atmosfera rimane cupa, e anzi rischia anche di peggiorare. Si può essere abbastanza sicuri che la scelta sia stata del tutto voluta, ma, viste anche le premesse, non è delle più vincenti. Al contrario invece, il fatto che ad ogni morte l’impronta del nostro Spitling rimanga lì, come un fantasma a memento del nostro precedente fallimento, è molto divertente (anche se potrebbe diventare frustrante quando incomincerete a vedere una massa di piccole sagome che vi ricordano come quello sia il vostro trecentesimo tentativo di superare il livello).
Dal punto di vista dei comandi, Spitlings è semplice e immediato. Nella versione per PC che ho provato io, ci si muove con i fidi W-A-S-D (o con le freccette se lo preferite), mentre le azioni fondamentali (sputare verso l’altro, o il basso) si eseguono con J e barra spaziatrice. La L serve a ricaricare, e la K… ve lo spiego tra poco. Anche su console (Play Station 4, Xbox One e Nintendo Switch) i comandi dovrebbero essere abbastanza veloci e intuitivi. Devo dire però che la forte atmosfera retrò che si respira giocando a questo titolo mi ha fatto sentire la mancanza di un joystick vecchia scuola, che potesse darmi la sensazione del vero cabinato arcade da sala giochi: poter giocare così sarebbe la vera libidine dei nostalgici.
Per quanto riguarda il sonoro, infine, la musica richiama molto i motivetti elettronici e ossessivi degli arcade anni ’80. All’inizio è un particolare quasi piacevole, parte della veste vintage del titolo, ma alla lunga, specialmente se giocate da soli e ad alto volume, comincia ad avere un effetto ipnotico e snervante. È un altro dei motivi per cui Spitlings è più bello e divertente se giocato in più giocatori: i vostri commenti, le vostre grida e le risate con gli amici copriranno, almeno parzialmente, la soundtrack. Gli effetti sonori (in particolare quello della morte del nostro Spitling) hanno questo stesso piccolo difetto: anche qui, si può essere certi che la scelta di un audio così invasivo sia stata voluta, ed è sicuramente in linea con il tipo di gioco, ma non è proprio tra i punti forti di questo titolo. Una chicca però il comparto sonoro ce la riserva comunque: ricordate il tasto K? Serve a far gridare gli Spitling in modo da poter ascoltare la loro voce, diversa per ognuno. L’utilità ai fini del gioco è nulla, ma si tratta di uno di quei piccoli particolari che arricchiscono e danno profondità a un arcade in 2D tutt’altro che piatto.
https://www.youtube.com/watch?v=YmCkFyKnZD0
In definitiva, Spitlings è qualcosa di più di un arcade indie di nicchia dedicato a un gruppo di nostalgici. È l’attualizzazione di un mondo videoludico pionieristico, un prodotto che non vuole prendersi troppo sul serio, ma soltanto regalare qualche ora di puro divertimento a un gruppo d’amici. Un gioco dai livelli sfidanti, mai scontati, adatto a tutta la famiglia, ben progettato, realizzato e curato al di là di qualche piccolo difetto, che non pregiudica assolutamente il risultato finale. È, soprattutto, un gioco che vuole unire, legare, essere giocato in compagnia, non distaccandosi dagli altri in un mondo solipsistico ed egocentrico, ma parlando, gridando ridendo, scherzando, condividendo, come succedeva tanto tempo fa in una scura e calda sala giochi ingombra di cavi e cabinati, con il joystick tra le mani, i gettoni che tintinnano, e tutti gli amici accanto.