Cobra Kai The Karate Kid Saga Continues Recensione: colpi marziali dal passato

Cobra Kai

Per me che da piccolo pregavo Maestro Myiagi piuttosto che divinità più convenzionali, l’arrivo di una serie come Cobra Kai ha rappresentato un evento di carattere mistico e il fatto stesso che un progetto del genere sia riuscito non soltanto a vedere la luce, ma anche a reggere il peso di cotanta eredità mi lascia credere che, forse, da qualche parte, un’entità superiore potrebbe esserci davvero.

Quando il codice prova del tie-in dedicato al redivivo culto di Karate Kid è approdato in redazione non ho potuto in tal senso far altro che accaparrarmelo e sperare che il tutto non si riducesse unicamente ad un frettoloso tentativo di cavalcare il successo registrato dal Serial targato Netflix

Come avrete modo di scoprire a breve, quest’ auspicio è sostanzialmente destinato a rimanere tale: pur non riuscendo a infrangere la maledizione dei titoli su licenza, Cobra Kai: The Karate Kid Saga Continues ha comunque in serbo un paio di colpi in grado di stuzzicare gli appassionati del brand e sorprendere i cultori di un genere che, grazie al recente successo di Streets of Rage 4, sta riscoprendo pian piano una nuova giovinezza.

“Questo è un Dojo di Karate, non una scuola di ricamo”

Cobra Kai: The Karate Kid Saga Continues parte col piede giusto e sembra voler chiarire fin da subito che no, questo non è soltanto un misero picchiaduro a scorrimento della domenica. Piuttosto proporre una mera sequenza di scazzottate volte a ricreare i momenti topici della serie, il gioco punta in questo senso ad offrire un’esperienza dal respiro più ampio, trovando innanzitutto sfogo nell’opportunità di affrontare la storia principale da due diversi punti vista, i quali incarnano antitetici modi di concepire la via della “mano aperta”.

Scegliere tra il Dojo guidato Daniel Larusso e il famigerato Cobra Kai di Johnny Lawrence non costituirà, pertanto, una semplice questione di immagine, bensì l’inizio di un percorso di crescita molto più articolato, nell’ambito del quale vi sarà modo di apprendere tecniche di combattimento differenti e metterle a frutto in maniera altrettanto eterogenea.

Rappresentata da un pratico sistema di accumulo punti esperienza da reinvestire in upgrade modulari, questa intuizione di chiara ispirazione ruolistica costituisce senza ombra di dubbio l’aspetto più intrigante del lavoro svolto dal team carioca dei Flux Game Studio. Farsi strada a sganassoni per le vie della città con lo scopo di accrescere il potenziale del proprio Dojo e non soltanto al fine di completare un generico stage dovrebbe difatti conferire al progetto uno spessore insolito.

Il problema è che, all’atto pratico, quest’immane mole statistica non riesca purtroppo a maturare conseguenze significative sul modello di gioco che, al netto di ogni sforzo perpetrato per ottenere risultati opposti, rimane insipido e sostanzialmente incapace di tener testa agli standard imposti dai principali esponenti di categoria.

Cobra Kai: “Se tu impari Karate-Speriamo, ti schiacciano come uva”

I limiti del gameplay di Cobra Kai: The Karate Kid Saga Continues emergono sin dalle prime scazzottate e, più nel dettaglio, non appena ci si rende conto che la sua  immediatezza sia figlia dell’approssimazione, piuttosto che di una ponderata architettura di gioco. Caratterizzata da dinamiche di scontro fin troppo lineari ed una scarsa reattività della IA avversaria, l’azione su schermo finisce difatti per assestarsi subito su ritmi assai blandi, da cui riuscirà ad emanciparsi soltanto occasionalmente, nelle fasi più avanzate dell’avventura.

In assenza di un coefficiente di sfida tale da giustificare l’implemento di un repertorio di colpi tanto vasto, l’esperienza di gioco non potrà dunque che mostrare presto il fianco ad una certa monotonia. E ciò a prescindere dai escamotage tesi a ravvivarne il dipanarsi, come la possibilità di sfruttare armi di sorta o elementi dei fondali per recare ulteriore danno gli avversari. Più incisiva risulterebbe invece la possibilità di sostituire il personaggio controllato con un altro membro del Dojo in qualsiasi fase dell’azione, se solo le circostanze rendessero però la pratica più necessaria di quanto non sia in realtà.

Come lecito presupporre la qualità dell’esperienza, almeno dal punto di vista del coinvolgimento, migliora senz’altro in multiplayer: in presenza di un compagno di ventura sarà senz’altro più facile trovare divertenti sequenze che, in singolo, non avrebbero di certo registrato lo stesso impatto. La stessa opportunità di condividere commenti nostalgici di fronte ad easter egg e ciclici riferimenti alla passato cinematografico del brand rintracciabili lungo gli stage costituisce, in questo senso, un valore aggiunto. Da attempato cultore di beat’em up a scorrimento, avverto tuttavia l’impulso di attribuire la maggior efficacia della modalità co-op al genere in sé, piuttosto che ad un’effettiva qualità di questo prodotto.

Cobra Kai: “Dai la cera, togli la cera”

Sul versante tecnico, Cobra Kai: The Karate Kid Saga Continues presenta le medesime difformità evidenziate negli ambiti concettuale e strutturale: alla presenza di modelli poligonali ben realizzati cui colori vivi e una leggera sfumatura caricaturale conferiscono un piacevole look fumettistico, si vanno ad esempio contrapponendo scenari dal design molto grossolano, che texture annacquate e asset interattivi altrettanto dozzinali non aiutano certo a ravvivare.

Se le animazioni dei personaggi principali e dei rispettivi avversari appaiono generalmente fluide, qualche perplessità emerge poi sotto il profilo della rispettiva organicità: si avverte, in altre parole, la sensazione che determinati colpi maturino effetti poco congruenti al movimento che li accompagna, il che altera negativamente la percezione del danno inferto.

Sommata a una reattività dei comandi non sempre impeccabile e a frequenti incertezze nel rilevamento delle collisioni – in particolare, quando i soggetti in mischia non sono perfettamente allineati – detta problematica va ad inficiare sulla qualità generale del impianto tecnico del gioco, vanificando al contempo molti dei progressi rilevati altrove. Prima di passare ad un verdetto che, come avrete ormai intuito, non sarà propriamente entusiastico, vale la pena di fare accenno allo stile adottato in sede di narrazione. In continuità col comic-look già evidenziato dal character design, la storia portante viene sviscerata attraverso una serie alquanto robusta di vignette animate: più che abusata nelle produzioni di foggia Indie questa soluzione tradirà anche le umili origini del progetto, ma si rivela in ogni caso pratica e gradevole.

Dal canto mio, avrei magari preferito che la storia portante del gioco si attenesse maggiormente agli eventi narrati nell’omonima serie, ma per evitare spoiler preferisco lasciare a chi acquisterà il gioco il compito di valutarne l’efficacia. Male, in ultima istanza, il doppiaggio di supporto che, pur avvalendosi della partecipazione di Ralph Macchio e William Zabka, si perde ben presto in un deserto di vacua inespressività.

E dunque, “la sconfitta esiste in questo Dojo?” Al trucido Sensei Kreese occorre rispondere purtroppo di sì, ma non crediate che affibbiare 5.9 a Cobra Kai: The Karate Kid Saga Continues sia stata cosa facile, perché almeno sulla carta determinate intuizioni erano notevoli. Analogamente al Karate, quella del beat ‘em up a scorrimento rimane tuttavia un’arte tanto antica quanto rigorosa in cui non c’è spazio per la superficialità:  guai in tal senso a ritenere che un impianto concettuale robusto sia automaticamente sinonimo di un gameplay efficace, né che si possano sfidare i migliori esponenti di genere senza stabilire un adeguato equilibrio tra ritmo di gioco, dinamiche di scontro e coefficiente di sfida. 

Nato e cresciuto sulle pagine di Game Republic dove ha diretto per generazioni la sezione Time Warp, Gianpaolo Iglio ama il retrogaming e lo considera una seconda vita. O una seconda amante. Ha scritto un libro sulle avventure Sierra e insegna Game Journalism e Storia del Videogame alla VIGAMUS Academy con Metalmark.