Da dove arrivano le attitudini e l’indole innata di ogni persona?
Cosa rende la vita degna di essere vissuta? Le passioni? Le ambizioni? La pizza?
Sono alcune delle domande più importanti che chiunque si può porre, e a quanto pare se le è poste anche Pete Docter, l’uomo a cui dobbiamo alcune delle più grandi opere Disney – Pixar, come Monsters & Co., Up e Inside Out. In Soul, difatti, il cartoonist premio Oscar racconta, insieme al collega co-regista Kemp Powers, la storia di Joe Gardner, maestro di musica alle scuole medie imprigionato in una vita mediocre e in una carriera musicale che non riesce mai a decollare. Almeno fino al giorno in cui, contemporaneamente, si guadagna la proposta di diventare professore di ruolo e l’ingaggio come musicista per la jazz band più in voga di New York. Cosa fare? Dimostrare a sua madre che ha finalmente messo la testa a posto e guadagnato un posto fisso, l’assicurazione sanitaria e la pensione, o cercare di coronare il sogno di una vita, ora che è così vicino alla sua realizzazione?
È il destino (e la sua sbadataggine) a scegliere per lui una terza opzione: Joe cade vittima di un incidente e finisce in coma. Tra la vita e la morte, si ritrova nel luogo in cui le anime si preparano a scendere sulla Terra: il suo disperato compito sarà quello di far trovare una ragione di vita a 22, piccola anima che anche dopo centinaia e centinaia di anni non riesce a cogliere il perché affannarsi vivendo una vita “vera”. Lo scopriranno, forse, insieme?
Soul: una garanzia di nome Docter
Che Soul sia un film Pixar, e ancor più un film di Pete Docter, è palese dopo pochi secondi: il design è assolutamente inconfondibile, e nei pochi minuti che servono per entrare in sintonia con esso si capisce anche che non sarà certo un film banale a livello di tematiche, come per tutti i precedenti da lui scritti e/o diretti. Tutt’altro: dietro alla patina dell’avventura straordinaria si celano sentimenti profondi e grandi riflessioni.
Siamo davanti a un film poco convenzionale a livello di andamento scenico; trascina lo spettatore da una situazione all’altra in modi spesso inaspettati e tramite personaggi che non aspirano a rendersi accattivanti a tutti i costi. La vicenda non ha mai momenti di stanca o tempi morti e inanella situazioni imbarazzanti e improbabili come se niente fosse e con grande naturalezza. Fino ad arrivare a una parte finale che scioglie una matassa piuttosto ingarbugliata di situazioni e domande esistenziali, e lo fa nel modo più semplice e significativo possibile, come potevamo aspettarci da un professionista come Docter.
The soul of Soul
A dispetto delle aspettative, l’“anima” del nuovo lungometraggio Disney Pixar non risiede nella Musica, per quanto questa resti comunque un motore narrativo importante e sia tecnicamente rappresentata con una colonna sonora godibilissima grazie alle composizioni di Trent Reznor, Atticus Ross e Jon Batiste.
Il senso della variegata girandola situazionale tratteggiata da Docter e Powers sta, piuttosto, nelle domande esistenziali tanto semplici quanto fondamentali che i nostri due protagonisti devono porsi. Tutto il resto è una girandola di variegati eventi e piccole chicche tutte da scoprire e funzionali alla catarsi finale.
Doveva arrivare in sala, dobbiamo accontentarci di un lancio natalizio direttamente su Disney+: poco male, alla fine siamo contenti di averlo comunque visto il prima possibile, perché Soul è un film davvero significativo. Tecnicamente ineccepibile, si fa guardare dall’inizio alla fine con interesse e migliora di minuto in minuto, arrivando a un finale emozionale che rimette in pace col mondo (solo dopo aver abbondantemente pianto, ovviamente). Il difetto? Sta forse nelle premesse, nell’essere un film Disney – Pixar, e quindi nell’aspettativa di una pellicola godibile su più livelli a seconda dell’età dello spettatore e di quanto esso sia maturo. Ebbene, in questo caso le tematiche adulte non sono controbilanciate alla perfezione da gag e situazioni buffe come in altri titoli dello stesso Studio, con il risultato che l’audience più giovane potrebbe trovarlo non abbastanza divertente. Non che non lo sia, intendiamoci, ma il suo apparato comico non ha nulla di particolarmente originale da fare da adeguato contraltare a quello drammatico. Rimane un film splendido e dai significati profondi, ma il pubblico infantile potrebbe rimanere spiazzato.
Nota di merito a margine per l’ottima localizzazione in italiano, con Neri Marcorè e Paola Cortellesi doppiatori d’eccezione.