Werewolf The Apocalypse Earthblood Recensione: un ululato sottotono

Werewolf The Apocalypse Earthblood

Per i cultori dei giochi di ruolo tradizionali, Werewolf The Apocalypse (o Licantropi: L’Apocalisse, come è stato riadattato qui da noi) è il secondo appartenente alla linea editoriale Mondo di Tenebra della compianta White Wolf: pubblicato inizialmente nel 1992, era stato concepito per spartire la medesima ambientazione del suo predecessore spirituale, il più blasonato Vampire: The Masquerade, ma tanto gli argomenti trattati quanto le storie e la cosmologia si rivelarono alquanto incompatibili, e così gli autori resero i legami fra i due capisaldi di quello che in seguito sarebbe divenuto il Vecchio Mondo di Tenebra (per separarlo dalla successiva riedizione del 2004) completamente opzionali. Del resto, fra la moltitudine di sfumature morali di grigio che caratterizzano questa oscura ambientazione, l’alleanza di tribù protagoniste di Werewolf, la cosiddetta “Nazione Garou”, può essere considerata senza dubbio la più eroica grazie alla loro imperitura guerra contro le forze dell’entropia che minacciano la Madre Terra con il contributo, spesso volontario, degli esseri umani. D’altronde, la natura ferale e gli istinti primordiali che li muovono rendono comunque i lupi mannari dei mostri a tutti gli effetti.

Werewolf The Apocalypse Earthblood

La differenza principale tra i vampiri ed i licantropi della White Wolf è che, mentre la fonte principale di angoscia e tragedia dei primi risiede nelle loro stesse esistenze travagliate, per i secondi è legata alle condizioni del pianeta sul quale vivono, Gaia: stretta in una morsa letale fra la malvagità e l’indifferenza degli uomini e l’assalto implacabile della violenta personificazione del degrado e dell’annichilimento conosciuta come Wyrm, una delle forze cosmiche primeve divenuta folle a seguito dell’ignavia delle altri due componenti della Triade, ossia la Weaver, colei che simboleggia l’ordine universale, e il Wyld, il caos della trasmutazione e del mutamento. In qualità di Garou, il termine con cui i lupi mannari si riferiscono a se stessi, è nostro compito affrontare ad ogni costo questo infido nemico che gli occhi dei normali mortali non riescono nemmeno a percepire… tranne per il fatto che, in realtà, è già troppo tardi: le azioni di quanti ci hanno preceduto non sono state sufficienti ad arginare l’avanzata del Wyrm, le tribù sono in uno stato di costante agitazione che porta ad innumerevoli guerre intestine, gli umani ostili sono più forti e molto meglio organizzati, e la titolare Apocalisse è oramai iniziata e sembra inarrestabile. Tutto ciò che possiamo fare è stringere i denti e continuare a credere nella nostra causa, nel disperato tentativo di limitare le perdite e non trasformare la fine del mondo conosciuto nella totale estinzione di ogni creatura vivente, dimostrando in concreto di essere all’altezza di questa immane ordalia. E’ proprio qui che risiede il fascino di Werewolf, in questa lotta persa in partenza che lascia emergere soltanto i guerrieri più valorosi, già preda di violenti tumulti interiori, ed è dalle medesime premesse che Cyanide Studio, gli autori di Blood Bowl, dei vari Cycling Manager e della saga di Styx a partire dal discreto Of Orcs and Men, ha gettato le basi per questo Werewolf The Apocalypse Earthblood, secondo dei due adattamenti videoludici tratti dall’omonimo gioco di ruolo pubblicati negli ultimi mesi (il primo, Werewolf The Apocalypse – Heart of the Forest, è una coinvolgente visual novel rilasciata lo scorso ottobre). La responsabilità che ricade sulle spalle dello studio francese è cospicua, dato che gli appassionati del franchise hanno dovuto soffrire per anni le ripetute cancellazioni di svariati videogiochi dedicati agli intrepidi uomini lupo della White Wolf, e così questo brutale action RPG che unisce combattimenti senza esclusione di colpi a sequenze furtive che tradiscono qualche influenza dalle succitate avventure del caustico goblin Styx (Master of Shadows e Shards of Darkness) promette finalmente di regalare loro un’esperienza coinvolgente intrisa di tutto il caratteristico folclore urban fantasy dell’originale.

Werewolf The Apocalypse Earthblood: l’equilibrio tra queste tre forze si è spezzato da tempo

In Earthblood, i guardiani di Gaia si trovano ad affrontare la spregiudicata Pentex, una potentissima multinazionale con sussidiarie che coprono ogni settore, dal minerario al petrolchimico passando per quello alimentare, farmaceutico e, naturalmente, bellico. La sua struttura gerarchica e burocratica è così complessa che non di rado i Garou sono costretti ad intraprendere lunghe campagne di infiltrazione prima di poter contrastare i suoi intrighi, e l’impiego di risorse soprannaturali quali Flagelli (spiriti malvagi seguaci del Wyrm), Fomori (umani corrotti dotati di poteri paranormali) e Danzatori della Spirale Nera (membri di una tribù di lupi mannari traviata dal Wyrm) la rende l’avversario più formidabile della nostra fazione. L’alter ego che andremo ad interpretare è un licantropo adulto chiamato Cahal il quale, assieme a moglie e figlia, appartiene al clan dei Fianna, originario delle isole britanniche e insediatosi nell’entroterra dell’America settentrionale. E’ in questo territorio che la più vasta e redditizia delle sussidiarie Pentex, la Endron International, svolge le sue operazioni di approvvigionamento petrolifero: per quanti non hanno familiarità con l’universo narrativo di Werewolf (e la prima colpa di Earthblood è quella di non fornire un contesto adeguato a quanti si avvicinano alla complessa ambientazione per la prima volta), la Endron è fondamentalmente sinonimo di Pentex, essendo la sua agenzia più antica, e ne rappresenta l’anima più oscura e deviata. Il solo nome instilla nei Garou una rabbia incontrollabile, seconda solo a quella che potrebbe scatenare il Wyrm stesso, poiché è colei che è riuscita ad infliggere il maggior quantitativo di danni, perlopiù irrecuperabili, al cuore di Gaia. Nel corso del prologo, che funge anche da tutorial, una missione sotto copertura non va a buon fine e una tragedia imprevista fa perdere il controllo al protagonista: in conseguenza delle sue azioni, Cahal abbandona la propria tribù infliggendosi un esilio volontario e diventando di fatto (spero mi perdonerete il doveroso gioco di parole) un lupo solitario.

Werewolf The Apocalypse Earthblood

Nel corso del gioco, Cahal può adottare una forma a scelta tra quella umana (Homid), lupina (Lupus) oppure ibrida (Crinos): le prime due servono a muoversi con circospezione tra gli ambienti ed esplorare i livelli senza dare troppo nell’occhio anche se il lupo, benché capace di spostarsi attraverso passaggi angusti come fenditure tra mucchi di casse o condotti di areazione, tende ad attirare velocemente l’attenzione delle sentinelle se viene scorto, mentre la terza viene attivata solo quando abbiamo esaurito tutte le alternative “diplomatiche” a nostra disposizione e non ci resta che passare alle maniere forti. La conformazione da battaglia offre un nutrito ventaglio di opzioni offensive con le quali possiamo soggiogare i nemici, che spaziano da normali civili disarmati a militari in assetto da battaglia che, con il prosieguo del gioco, verranno affiancati da unità sempre più aggressive, esoscheletri potenziati, automi e creature alterate dal Wyrm, nonché gli immancabili boss al termine di ogni capitolo. Inoltre, il Crinos può assumere due posture distinte che enfatizzano agilità o potenza, a seconda di quale delle due possa tornarci più utile per avere ragione dei contendenti, e attivare una speciale modalità Furia che incrementa considerevolmente i danni inferti ma riduce al contempo la manovrabilità per simulare l’impulso ferale che prende il sopravvento. Detto ciò, le altre due forme non sono completamente indifese, perché ci permettono di sgattaiolare alle spalle dei vigilanti e metterli fuori gioco prima che possano individuarci, o anche soltanto per decurtare il numero di avversari che andremo ad affrontare di lì a poco, come pure di spegnere sistemi di accesso e sicurezza per impedire che arrivino troppi rinforzi sul luogo della futura carneficina, ma attenzione che ogni esecuzione furtiva aumenta il nostro indicatore di Furia e potrebbe portare a trasformazioni impreviste. Da umano, Cahel può anche utilizzare una balestra con dardi limitati per stordire le guardie e disabilitare congegni elettrici. Grazie all’esperienza accumulata con l’esplorazione, guadagneremo punti da spendere in un circoscritto albero di abilità che ne sbloccano di nuove o ampliano l’utilità di quelle esistenti, mentre occasionalmente saremo in grado di interagire con altri interlocutori umani per sviscerare alcuni aspetti della storia e raccogliere informazioni importanti, aggiungendo un pizzico di elementi ruolistici che non guastano mai, specie considerando il progenitore cartaceo.

Noi siamo la vendetta di Gaia

Purtroppo, le ottime premesse di Earthblood fanno a pugni con un’implementazione che lascia trapelare tutti i suoi limiti fin dalle prime battute: per quanto il titolo sia in sviluppo da almeno quattro anni, il comparto tecnico tradisce un’obsolescenza che sembra quasi risalire ai tempi delle primissime esclusive per PlayStation 3, quando l’Unreal Engine 3 iniziava a prendere piede anche fra i team di sviluppo su console ed i personaggi quasi privi di capigliatura, le costruzioni metalliche e le ambientazioni virate sul marroncino la facevano da padrone. E quello utilizzato, in teoria, sarebbe l’Unreal Engine 4. E’ vero, Cyanide Studio non ha certo le dimensioni né il numero di collaboratori di una compagnia come Ubisoft, dalla quale tra l’altro proviene il fondatore Patrick Pligersdorffer, ma in tutta franchezza l’impressione che si ricava dal mondo di gioco è ancor meno incisiva dei loro precedenti sforzi, e le vacue espressioni dei modelli poligonali non aiutano di certo a migliorare le cose. Cercando di andare al di là del lato puramente grafico, ho dovuto purtroppo constatare anche una certa puerilità nel gameplay e nel level design, anche questo diverse spanne sotto quanto già visto nell’epopea di Styx: tra l’arbitraria portata visiva dei nemici, dato che non è possibile appiattirsi contro le barriere architettoniche né capire se queste offrano adeguata copertura, i repentini game over che seguono l’avvistamento in zone non concepite per la battaglia (il gioco sottolinea più volte che saremo costretti a combattere se il nemico ci scorge, ma la metà delle volte si limiterà a sfumare la scena in nero e ricaricare l’ultimo checkpoint), lo scarsissimo “peso” che hanno i nostri colpi in battaglia e la generale imprecisione dei controlli mi hanno dato davvero l’idea di un titolo vecchio di almeno un paio di generazioni, se non peggio. Interessante la possibilità di entrare in sintonia con la Penumbra, il mondo incorporeo sovrapposto a quello fisico che consente, fra le altre cose, di localizzare tutti gli esseri viventi anche al di fuori del nostro raggio d’azione e di comunicare con gli spiriti, come il colossale Yfen che protegge il Caern (luogo di ritrovo sacro) della tribù di Cahal ma, anche in questo caso, un elemento peculiare viene affossato da una realizzazione poco convincente, e così i contorni scarlatti della Penumbra a volte scompaiono pochi istanti dopo essere stati invocati, senza darci modo di esplorare l’ambiente circostante, mentre in altre  permangono più a lungo del dovuto generando confusione inutile.

Werewolf The Apocalypse Earthblood

Il titolo si apre sotto le energiche note di Kai Tangata degli Alien Weaponry, un gruppo trash metal neozelandese che utilizza con estrema efficacia la lingua māori nei loro testi. In effetti, devo ammettere che almeno dal punto di vista sonoro non si può eccepire nulla ad Earthblood, grazie ad una piccola ma nutrita gamma di accompagnamenti musicali che sottolineano molto bene l’andamento della trama. A proposito di quest’ultima, e tanto per riprendere quel che dicevo all’inizio, le vicende si snodano in un susseguirsi di combattimenti ed esplorazione intervallati da dialoghi a scelta multipla, che saltuariamente possono evitare o quantomeno ritardare uno scontro, ma di rado approfondiscono dettagli significativi del background o del mondo di Werewolf in generale e lasciano i neofiti in balia di locuzioni astruse o principi consolidati solo per chi conosce già il gioco di ruolo, senza nemmeno uno scampolo di spiegazione aggiuntiva.

Werewolf The Apocalypse Earthblood è il perfetto equivalente ludico di una succulenta pietanza tirata fuori almeno mezz’ora prima dal forno, che quindi risulta nel migliore dei casi poco invogliante e nel peggiore completamente immangiabile: le poche caratteristiche interessanti, malgrado siano fin troppo derivative, non riescono a trovare una coesione stabile a causa di un’implementazione frettolosa e raffazzonata, e rimangono dunque delle pallide vestigia di quello che avrebbero potuto essere se solo fossero state integrate con maggiore cura. Forse il pubblico di appassionati troverà la forza di stringere i denti e affrontare meccaniche vetuste e caricamenti estenuanti (soprattutto su PlayStation 4, Xbox One e PC sprovvisti di SSD) solo per il gusto di poter finalmente giocare un titolo basato sul loro gioco di ruolo preferito, ma tutti gli altri possono tranquillamente togliere uno o due punti dal voto finale e passare oltre. Se volete immergervi davvero nelle atmosfere di Werewolf in versione digitale, vi consiglio caldamente di dedicarvi a Heart of the Forest: quello di Cyanide Studio, a malincuore, risulta essere un adattamento che non rende affatto onore al nobile popolo dei Garou.

VOTO: 6

Gioca da quando ha messo per la prima volta gli occhi sul suo Commodore 64 e da allora fa poco altro, nonostante porti avanti un lavoro di facciata per procurarsi il cibo. Per lui i giochi si dividono in due grandi categorie: belli e brutti. Prima che iniziasse a sfogliare le riviste del settore erano tutti belli, in realtà, poi gli è stato insegnato che non poteva divertirsi anche con certe ciofeche invereconde. A quel punto, ha smesso di leggere.