L’Attacco dei Giganti 4×15 Recensione: Il peccato di nascere

Attacco dei Giganti

L’inatteso rinvio del quattordicesimo episodio de L’Attacco dei Giganti a causa di un terremoto ha regalato ai fan una giornata molto particolare, con ben due puntate trasmesse una dopo l’altra, senza soluzione di continuità e senza la tradizionale settimana di pausa. Una settimana che di solito serve a far raffreddare l’animo, a stemperare le reazioni emozionali nei confronti dei personaggi, soprattutto dopo un episodio intenso e dalle emozioni forti come il precedente.

Invece, proprio a causa di questa particolare situazione, ci siamo ritrovati ad affrontare questa quindicesima e penultima puntata della quarta stagione “a caldo”, ancora animati dalla foga e da una repulsione fisica che, sull’onda di quella del capitano Levi, ci ha invaso l’anima e ci ha portati a odiare profondamente (più di quanto già non facessimo almeno) Zeke Jaeger.

Non che il fratellastro di Eren fosse tra i personaggi più amati della serie. Fin dalla sua prima apparizione, all’inizio della seconda stagione, gli atteggiamenti, la violenza, i gesti di Zeke, non avevano fatto altro che procurargli l’odio e il disprezzo del fandom. Questo perché il personaggio possiede tutte le caratteristiche del villain anime fatto e finito. Mente calcolatrice, intelligenza vivace, disprezzo per la vita degli altri, moralità completamente assente. Vederlo divertirsi mentre massacrava l’intero Corpo di Ricerca, capitanato da un eroico Erwin Smith, scagliando contro di loro pietre delle dimensioni di automobili ci aveva gelato il sangue e generato una scarica d’odio e orrore interiore. Venire a sapere del suo passato, dei suoi genitori, era stato un colpo di scena quasi insopportabile. Scoprire le sue manovre, il suo subdolo doppiogioco all’inizio di questa quarta stagione ha reso il personaggio sempre più ambiguo, odioso, antipatico. Zeke sembrava la fonte unica di tutti i mali, il vero villain della storia. E le sue azioni nel quattordicesimo episodio sembravano confermarlo. Prima di questa puntata. Prima di questo flashback.

L’Attacco dei Giganti: padre padrone

Attacco dei Giganti

L’episodio si apre con una panoramica ariosa e incredibilmente bella. Un paesaggio cittadino, curato nei minimi dettagli, che ci mostra Liberio dall’alto di una torre. Da lassù la famiglia di Zeke sta osservando la città. Un Grisha giovanissimo e irriconoscibile cerca di spingere suo figlio a desiderare di uscire dalle mura di quel ghetto (un desiderio che, a quanto pare, Grisha trasmetterà anche all’altro figlio). Un quadretto nel complesso idilliaco, interrotto dall’arrivo dell’uomo delle pulizie marleyano.

L’atteggiamento assunto dal vecchio nel momento in cui nota la fascia identificativa al braccio di Grisha riporta in primo piano quello che è uno dei temi principali dell’opera di Isayama, uno di quei leitmotiv che erano stati analizzati in profondità nei primi episodi di questa stagione, quando le disuguaglianze tra eldiani e marleyani ci erano state mostrate in tutta la loro insopportabile portata. L’idea di un razzismo che avvelena le menti e le persone, che causa malcontento e vendetta in una spirale ininterrotta e pericolosa, torna a farsi presente qui, in queste brevi scene iniziali, dove il disprezzo dei marleyani per gli eldiani viene sputato in faccia, ad alta voce, e dove Grisha chiede a suo figlio di ascoltare, ricordare, soprattutto di serbare rancore.

L’ideale di Grisha Jaeger e di sua moglie Dina Fritz, per quanto possa essere giustificabile dall’ingiustizia del razzismo e dell’oppressione, è e rimane qualcosa di egoistico. Il rapporto di Zeke con suo padre viene delineato in modo simile a quello tra maestro e allievo. Non c’è affetto in Grisha per quel bambino, evidentemente sensibile. Sembra quasi che, nell’ansia di aggiudicarsi un ipotetico titolo di peggior padre dell’anno, Grisha guardi a Zeke soltanto come a un vaso da riempire di ideali antimarleyani, uno stumento utile per attuare una rivolta, una vendetta, che è personale, per quanto ammantata di belle parole e alti ideali.

Per questo motivo Zeke viene mandato a sostenere l’addestramento da Guerriero, nonostante sia palesemente inadatto a quel tipo di vita. Baby soldato in mezzo ai baby soldati, il ragazzino non riesce a emergere, e le sue difficoltà causano il malconento e l’irritazione di un genitore che sta apertamente tentando di inculcare a quel figlio un odio che in lui non c’è, che sta tentando di vivere attraverso di lui, di spingere e costringere quel bambino a portare avanti ciò che lui, suo padre, non ha potuto.

C’è una frase che torna, martellante come un mantra, una litania. “Ce la farai perché sei nostro figlio“. Come se il fatto di discendere dalla famiglia Fritz debba garantire qualcosa, come se l’individualità di Zeke, di un bambino fragile che ama la torta della nonna e sentirsi leggere il libro delle fiabe prima di andare a dormire, debba sciogliersi, disperdersi in quella della sua famiglia. “Riuscirai perché devi farlo, ad ogni costo, sei la nostra unica speranza“. E di fronte al fallimento, Grisha non nasconde la frustrazione, l’insoddisfazione, la delusione per quel figlio che non si sta comportando come vuole lui, non sta seguendo i suoi piani, non è come lo desidera. Si tratta di un fardello scandalosamente pesante da porre sulle spalle di un bambino. Distruttivo.

Chi l’avrebbe mai detto che L’Attacco dei Giganti ci avrebbe mostrato, per antitesi, come si fa a essere un buon padre.

Un mentore

Attacco dei Giganti

Nel suo oceano di oppressione e disamore, tra un padre che lo vede come un’arma e un esercito che lo umilia, Zeke incontra la sua via di salvezza: Tom Xaver. Il Guerriero possessore del Gigante Bestia sembra essere un uomo mite, tranquillo. Tutto il contrario di un qualsiasi soldato. Probabilmente è proprio per questa loro somiglianza di fondo che Xaver prende immediatamente in simpatia Zeke, fin dalla prima volta in cui lo vede arrancare a fondo gruppo dietro i suoi compagni.

Xaver è quella figura paterna amorevole che a Zeke manca da parte di Grisha, è l’adulto comprensivo con il quale fare due tiri a baseball, un’azione che fa molto stereotipo americano, ma che prende tutto un altro, perverso significato nel momento in cui ci si ricorda del particolare “stile di combattimento” utilizzato da Zeke. Quei lanci violenti, quelle pietre che volano, verso le persone, i cavalli, verso il viso allucinato e sconvolto dall’adrenalina di Marlo.

All’interno del flashback di Zeke, Tom Xaver è una figura di estrema positività, e nonostante ciò, come ogni presonaggio ne L’Attacco dei Giganti, è ambiguo e sfaccettato. Non a caso, è lui che spinge quel bambino dolce, che non vorrebbe far del male a nessuno, a tradire la sua famiglia, a denunciarli a Marley come restaurazionisti di Eldia. Una scelta delle cui conseguenze sia Tom che Zeke sono perfettamente consapevoli, e che viene comunque vista come l’unica possibile. Grisha e Dina spariscono dalla scena, lasciando Zeke con i suoi nonni, ma soprattutto con Tom.

Ed è a questo punto che tutto il peso, la drammaticità di questo flashback emergono in tutta la loro forza: quando Xaver inizia a fare la parte del narratore secondario, adentrandosi nel suo flashback, quello del suo personalissimo peccato, raccontando di come si sia finto un marleyano per farsi una famiglia, e di come sua moglie, novella Medea, sia arrivata a uccidere il loro bambino e sé stessa di fronte alla rivelazione che invece Tom era soltanto uno sporco demone eldiano. In questo momento, piegato dal peso enorme dei ricordi e del senso di colpa, Xaver arriva a pronunciare la frase che aprirà l’abisso della follia e l’intera ordalia de L’Attacco dei Giganti: “Quanto sarebbe stato meglio se non fossi mai venuto al mondo”

Il piano per l’eutanasia

Se il ruolo più importante di Xaver per Zeke è quello di essere un padre migliore di Grisha, nella sua veste di curioso ricercatore questo personaggio è fondamentale al procedere della trama. Proprio lui infatti rivela a Zeke le straordinarie capacità del Gigante Fondatore, in grado di manipolare gli eldiani come parte di un unico corpo, ovunque si trovino e in qualunque momento. Non solo a livello mentale, con poteri come la cancellazione dei ricordi, ma anche e soprattutto a livello fisico.

Fa quasi invidia, soprattutto in questo periodo storico, la citazione di una epidemia mortale che sarebbe improvvisamente scomparsa da Eldia semplicemente perché il re aveva utilizzato il suo potere per rendere gli eldiani immuni a quel tipo di malattia. Per Zeke però questo aneddoto fa da innesco a un complesso di idee più grande. Unendo questa consapevolezza dei poteri del Gigante Fondatore a quell’idea nichilista di completo disprezzo e disvalore della propria vita che Xaver aveva espresso ad alta voce, Zeke elabora il suo piano.

Un piano folle, degno solo di qualcuno che ha vissuto una sofferenza quasi completa in ogni singolo momento della sua vita, di qualcuno che non è stato mai amato, di qualcuno che vede il mondo soltanto come un luogo crudele di sofferenze e discriminazioni. L’unica cosa che si può pensare di fronte alla durezza, alla terribile realtà di un mondo impazzito, razzista, discriminatorio, è che sia meglio non nascere. E in quel momento torna alla mente di Zeke Jeager il volto di quell’inserviente quel giorno sulla torre, il giorno in cui Grisha voleva insegnargli l’odio e il giorno in cui Zeke ha cominciato a maturare l’idea dell’autoannullamento. L’eutanasia, la dolce morte di un intero popolo grazie a un potere che lo controlla. L’imposizione di una disgregazione totale, assoluta.

Un ideale perverso che sembra l’unica via di fuga e che diventa il piano delirante che Zeke sta ancora portando avanti con lucida metodicità. Il piano all’interno del quale Zeke coinvolge anche Eren, che ha maturato quella stessa visione nichilistica, annullatrice. Un piano di distruzione completa, che però Hajime Isayama e MAPPA riescono a farci risultare, se non giusto, accettabile.

L’ultimo episodio di quest’ultima stagione de L’Attacco dei Giganti si avvicina. Comunque vada, e comunque MAPPA scelga di adattare il resto del manga di Isayama, questa sarà stata un’epopea irripetibile e straordinaria, che uno degli studi d’animazione più competenti della terra del Sol Levante ha portato avanti in maniera ottimale e sempre dignitosa, in condizioni difficilissime, con pochissimo tempo, e al netto di critiche che, nella maggior parte dei casi, sono state assolutamente ingenerose.

Non ci resta che darci appuntamento alla prossima settimana per il sedicesimo e ultimo episodio de L’Attacco dei Giganti, come sempre su VVVVID in simulcast, e quindi con la nostra recensione su Gamesvillage.it!

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