Trek to Yomi Provato: un gioco di Akira Kurosawa

Trek to Yomi

Aspettavo questo Trek to Yomi con parecchia curiosità, sebbene mi rendessi conto dell’enorme difficoltà nel trasporre l’immaginario cinematografico all’interno di un videogioco, crederlo semplice è un errore che via via hanno fatto in molti nella storia dei videogiochi, tentativi da apprezzare ma il “film giocabile” ormai dovremmo aver capito che è un’utopia. L’opera di Leonard Menchiari e dei polacchi Flying Wild Hog, non nuovi al tema arti marziali avendo sviluppato la però non esaltante trilogia di Shadow Warrior, è sicuramente un’idea ambiziosa rivolta ad un’utenza ben identificata. La versione provata della lunghezza di due capitoli è quella PC.

Trek to YomiTrek to Yomi: nei panni di Toshiro Mifune

Non ho citato il più grande degli attori marziali giapponesi a caso, se c’è un immaginario del film storico marziale in Giappone questo è legato indissolubilmente all’interprete di “Samurai senza padrone”, “Sanjuro”, e soprattutto de “I sette samurai”, indiscussa pietra miliare del genere. Tuttavia i riferimenti e le citazioni sono veramente ed encomiabilmente numerosi, va dato atto.

Premesso ciò già la schermata di caricamento mi ha fatto correre un brivido lungo la schiena, vedere la scritta Unity a tutto schermo ormai è sinonimo di asset rimediati un po’ ovunque su rete con stili grafici riadattati e messi insieme alla meglio, comodità dell’era contemporanea ma anche grandissimo limite di art direction. La schermata iniziale che come tutto il gioco è in bianco e nero semplice e pulita ci presenta tre livelli di difficoltà selezionabile ed uno avanzato. Per ammissione del gioco il primo è per chi vuole seguire la storia, il secondo introduce un minimo di difficoltà mentre il terzo non dà nessun aiuto al giocatore. Inutile dire che i primi due ci permettono se vogliamo di fare strage di nemici con un “press x to win” praticamente totale e per questo gli ho dedicato pochissimo tempo mentre il terzo livello mi ha impegnato per circa una cinquantina di minuti cut scene comprese.

Il gioco come detto non strizza l’occhio ma copia in ogni sua forma le opere di Akira Kurosawa ma la storyline soprattutto nei dialoghi mostra tutti i limiti di un prodotto ispirato al Giappone ma scritto e sviluppato da occidentali che confondono Yomi con il nostro Inferno e lo citano alla stessa maniera. Parimenti lo si vede nelle animazioni dove seppur va riconosciuto uno sforzo notevole nel riportare uno stile di spada abbastanza aderente al periodo storico questo è poi usato indistintamente da tutti i personaggi con la variante tutta occidentale dell’affondo con la punta verso l’alto ed il corpo proteso in avanti, una sgrammaticatura pesante che racconta di un lavoro fatto bene solo per metà.

L’ambiente di gioco è un 3d statico composto di schermate successive, tutto rigorosamente in bianco e nero con davanti un filtro del tipo “pellicola polvere e graffi” espediente abbastanza efficace se non si concentrasse ai lati dello schermo. In questo spazio ci muoviamo sostanzialmente su linee rette e su queste linee avvengono anche i combattimenti con la possibilità dei cattivi di spuntarci anche alle spalle unica piccola difficoltà del gioco in quanto il girarsi, nonostante il tanto apposito è decisamente controintuitivo. Tuttavia dopo essere morti è resuscitato un paio di volte, sapendo dove i cattivoni ci attendono potremo correre verso la fine dello schermo ed i nostri avversari verranno al macello uno alla volta un po’ come i mostri meccanici della serie di Mazinga che se attaccassero tutti insieme liquiderebbero presto la pratica ma, ahimè, per contratto hanno diritto ognuno a cinque minuti di gloria personale.

Una questione di tempismo ma non troppo

Ancora una volta, come in tanti titoli simili (impossibile non citare Sifu) ci troviamo davanti a comandi “consollizzati” dove per parare serve shift e per rotolare la barra spaziatrice che, visto che si gioca con WASD, di default sono sotto il mignolo e sotto il pollice, i due tasti del mouse regolano solo gli attacchi. Personalmente dopo due minuti ho iniziato a giocare con le frecce direzionali ed i tasti Q, W ed E, tutto è diventato molto più semplice con buona pace delle altre funzioni quali il lancio dei bo shuriken (che però nell’immagine sono kunai) sostanzialmente inutili, almeno nei due capitoli che abbiamo giocato. I combattimenti si risolvono infatti con un botta e risposta che alla lunga stanca, la guardia può addirittura essere tenuta (ma consuma vitalità) il che facilità ancora di più il nostro compito.

All’inizio del gioco non possediamo attacchi speciali e questi possono poi essere recuperati sconfiggendo particolari avversari, alcuni di questi sono nascosti in piccole aree segrete che sono veramente difficili da individuare, il bianco e nero infatti nasconde molto bene le aperture per cui chi vuole finire il gioco al 100% si troverà a cercare di entrare in ogni ammasso di pixel che sembri un’apertura, dalle case alle grotte, il fatto che all’interno vi si trovino anche le tecniche suggerisce che questo aspetto avrebbe dovuto essere curato meglio magari aggiungendo a fine livello un counter sulla percentuale completata. Le due boss fight che abbiamo incontrato nella prova non sono state niente di esaltante e nemmeno particolarmente difficili, per giudicarle toccherà attendere il rilascio del titolo.

Giapponese come se piovesse

Guardando nei credits scopriamo l’elenco degli attori che hanno prestato volti e movenze alla realizzazione del titolo, sicuramente una buona idea soprattutto nelle cut scene perché nel gioco vero e proprio si sfiora invece il paradossale. I dialoghi sono stati probabilmente scritti “all’occidentale” e poi tradotti per cui ci troviamo davanti ad esclamazioni tradotte come “send him to Yomi” che in giapponese non solo non significa assolutamente nulla ma va profondamente contro la concezione dell’oltretomba che questi hanno.

Le animazioni sono abbastanza curate, soprattutto quelle di combattimento che però godono del vantaggio di essere molte volte riprese a campo lungo o con il totale per cui non vedremo mai il nostro personaggio rifoderare la spada in primo piano, spada che sparisce quando si rotola. C’è da dire che con la grafica al minimo il gioco gira anche su macchine non recentissime ed ha requisiti video di una decina di anni fa, il che è davvero un bene se pensiamo a chi gioca da laptop.

Data d’uscita: 2022

Piattaforme: PS5, PS4, Xbox Series X/S, Xbox One, PC

Sviluppatore: Leonard Menchiari, Flying Wild Hog

Publisher: Devolver Digital

In definitiva si tratta come detto di un titolo molto ambizioso che ha il pregio di presentare il mondo del cinema d’autore marziale giapponese ad un pubblico vasto come quello dei videogiocatori ma senza gli strumenti necessari per poter incidere davvero, la maniera approssimativa in cui sono stati trattati certi temi lo fa sembrare, alla fine, più una parodia occidentale che una pellicola nipponica. Aspettando di poterlo giocare tutto attendiamo, con meno enfasi però.