Saints Row Provato: un passo indietro, puntando a un futuro radioso

Saints Row

Saints Row è un brand difficile da dimenticare che nonostante tutto è comunque finito nel proverbiale dimenticatoio. Nato come omologo e avversario di Grand Theft Auto, la proprietà intellettuale si è tramutata in una serie che ha cementato la propria identità in un turbine di contenuti eccessivi e roboanti, i quali, pur dimostrandosi pregni di carattere, non sono riusciti a salvarsi da occasionali stucchevolezze. Complice la situazione pregressa, Sains Row viene riesumato dall’editore Deep Silver a distanza di nove anni dal suo ultimo episodio principale, con lo staff di Volition che si è messo nuovamente all’opera con l’obiettivo di offrire un reboot capace di soddisfare i palati di una generazione videoludica che si dimostra esigente e selettiva. Abbiamo avuto modo di agguantare un controller e mettere alla prova scopi e intenti di questa nuova creatura, quindi condividiamo con voi le nostre primissime impressioni.

I miei “problemi” con Saints Row

Un piccolo disclaimer prima di iniziare. Ho sempre guardato con affetto alla saga di Saints Row, ma il mio interesse verso la stessa si è andato a stemperare con il passare degli anni. Al suo debutto, nel lontano 2006, il prodotto rappresentava poco più di un clone del già citato Grand Theft Auto, ma già a partire dal suo secondo capitolo era riuscito a ritagliarsi un profilo in grado di reggersi sulle proprie gambe. L’enfatizzazione dell’azione e un approccio narrativo pittoresco lo hanno differenziano marcatamente dai toni realistici a cui invece aveva deciso di puntare il competitor prodotto da Rockstar Games.

Saints Row: The Third ha dunque gettato benzina sul fuoco estremizzando ogni elemento ludico e contenutistico. In qualche modo, l’azzardo dell’esagerazione ha funzionato a meraviglia e il titolo ne ha guadagnato sia in fama che in visibilità, dettando per il suo futuro uno standard a cui sarebbe stato difficile tenere testa. Ecco dunque il problema: quando il tuo gioco è tanto “bombastico” da includere un fucile capace di manifestare squali bianchi al centro di un marciapiede catramoso, che margine di crescita ti rimane nel ramo dell’eccesso?

Saints Row IV inizia con un protagonista che è di partenza Presidente degli Stati Uniti, continua con un’invasione aliena e si conclude con un viaggio all’inferno. L’intera esperienza è condita da gag autoreferenziali e da una giocabilità che si sfoga attingendo a piene mani a super-poteri straordinari. In pratica, affrontare il titolo era come giocare a un normale videogame action sfruttando però già di partenza codici e mod. Della guerra tra gang rimaneva poco o nulla. Vuoi che questa quarta iterazione fosse “sciocca e adorabile”, vuoi che la sfida offerta dai nemici fosse risibile, la mia vicinanza al marchio si è dissipata e il divisivo spin-off Agents of Mayhem non ha fatto che fomentare il disinnamoramento. 

L’ambizione del reboot

Una pausa di riflessione era evidentemente necessaria, o almeno questa è l’impressione che si ha nel prendere in mano il Saints Row di prossima uscita. Volition ha calato sensibilmente i toni della propria, ormai indomabile, creatura, preferendo dunque tornare sui propri passi. Per intendersi, l’obiettivo fornito inizialmente al giocatore non è quello di salvare il mondo o di distruggere il confine con l’oltretomba, ma quello ben più pragmatico di pagare l’affitto prima di finire sfrattati. Il personaggio creato dal giocatore, “Il Boss”, si affianca infatti a tre reietti della cittadina immaginaria di Santo Ileso, soggetti che hanno rinunciato all’appartenenza delle fazioni che dominano l’area in favore di una vita indipendente e neutrale mascherata da un’ideologia anticapitalista che, a ben vedere, viene alimentata da una cocente frustrazione sociale. 

In pratica la gang protagonista vuole fare il botto, vivere nella ricchezza e nel lusso, non ha intenzione di sopravvivere agganciandosi a lavoretti mediocri, tuttavia ripudia anche i valori distorti rappresentati dai principali poli di potere, ovvero dal gruppo ispanico dei Los Panteros, dai teppistelli glamour degli Idols e dai paramilitari corporativi dei Marshall Defense Industries. Un incipit semplice, ma che dà il via a una serie di avventure striate di contenuti satirici e sopra le righe in cui si replicano inseguimenti, combattimenti e sparatorie che sembrano uscire direttamente dai capitoli più frenetici della saga cinematografica di Fast and Furious

Saints Row: la prova nel concreto

Come anticipato in apertura al pezzo, abbiamo avuto modo di testare per un paio di ore la nuova uscita, un lasso di tempo troppo breve per farsi un’idea definitiva del valore effettivo del prodotto, ma comunque quanto basta per scorgere la punta dell’iceberg. Inutile dire che molti dei minuti messi a nostra disposizione da Koch Media, sussidiaria di Deep Silver, sono stati sperperati nella schermata di creazione del personaggio.

Creare il proprio “Boss” dimostra anche ai più titubanti che lo spirito irriverente del brand sia rimasto fondamentalmente inalterato. L’editor risulta estremamente versatile e aperto, viene lasciata agli utenti massima libertà nel creare il proprio avatar, che si tratti di un gangster belloccio o di esseri grotteschi dotati di pelli cromate e pettinature improbabili. La personalizzazione si immerge fino ai minimi dettagli, al punto che i giocatori non solo hanno la possibilità di scegliere se censurare o meno le nudità, ma hanno addirittura a disposizione un intero menù per determinare le fattezze dei simboli che mascherano le aree così oscurate.

Una volta superato lo sfogo gioiosamente dispersivo della creazione del personaggio, si sbocca in un tutorial narrativo estremamente lineare, ma tecnicamente ben strutturato. Approfittando di un escamotage narrativo convincente, ovvero il desiderio di ricevere lo stipendio, il protagonista viene affiancato da un superiore che gli bercia costantemente contro ordini e indicazioni, imposizioni che finiscono con il forzare il giocatore in una condizione di libertà limitata che si focalizza sul portare a termine le istruzioni illustrate su schermo. Non che le basi siano difficili da padroneggiare. Si mira e si spara adoperando i grilletti, si può saltare ed esiste la schivata, tutto molto elementare. L’unico elemento più articolato è rappresentato dall’esistenza di una barra che si carica man mano che si sterminano i propri nemici, la quale, una volta riempita, permette di compiere “takedown” scenografici che fanno scempio degli avversari.

Già nei primi minuti di gioco emergono però alcuni dettagli notevoli. Il funzionamento dei fucili sembra essere normato da meccanismi balistici, cosa che può inizialmente risultare spaesante, inoltre l’intero motore grafico si dimostra datato e lacunoso. Sul piano estetico il titolo non impressiona infatti né per definizione, né per prestazioni. Certamente può dipendere dalle performance del computer messo a nostra disposizione, tuttavia non possiamo che evidenziare qualche calo nel framerate, un sistema di gestione delle luci grossolano e una tendenza ad abusare delle sfocature cinetiche. Difetti che sono tutti minori e che potrebbero essere sistemati facilmente con una patch futura, certamente non incidono troppo negativamente sulla godibilità del titolo, ma su cui ci è comunque caduto l’occhio.

C’è un che di buono

A sorprendere positivamente è invece il fatto che già nel tutorial la vittoria non sia assicurata arbitrariamente. Abituato alla clemenza eccessiva degli ultimi episodi della serie, mi è capitato di disinteressarmi della missione principale in favore della sperimentazione dei controlli. Senza che avessi il tempo di rendermene conto, la situazione è degenerata al punto di condizionarmi al game over. La distribuzione generosa dei checkpoint mi ha salvaguardato dal dover rivivere sezioni già completate, tuttavia la consapevolezza che il fallimento sia un’opzione concreta ha contribuito a fomentare il mio coinvolgimento all’interno del titolo. Il Boss si sente certamente imbattibile, ma l’utente non lo è. Uno stile di gioco rilassato risulta assolutamente possibile, tuttavia questo primo assaggio di insuccesso mi suggerisce che non sia altresì possibile spegnere del tutto il cervello confidando di avanzare di inerzia fino all’epilogo.

Concluso l’antefatto, il titolo mette nuovamente a disposizione l’editor del personaggio al fine di modificare eventuali difetti scoperti nel proprio alter-ego, quindi si viene immediatamente lanciati in una mappa di gioco che richiama da vicino i topos delle nazioni statunitensi al confine con il Messico. Quella di Santo Ileso un’ambientazione dal carattere marcato che potrebbe fare storcere il naso ad alcuni utenti più nostalgici, tuttavia rappresenta un’alternativa notevolmente diversa rispetto alle realtà più settentrionali rappresentate negli scorsi capitoli, ovvero alle versioni parodistiche di Detroit e New York. Una vera ventata d’aria fresca. 

L’open-world di matrice sandbox offre dunque quelle alchimie arcade che non si vedevano ormai da anni: scagnozzi dotati di uniformi colorate intenti a pattugliare le strade, veicoli che abbandonano ogni parvenza di verosimiglianza in favore di un’alta maneggevolezza, punti di interesse urbani che si dimostrano colorati e ridicolmente riconoscibili. Superate tutte le fasi introduttive, il gioco concede agli utenti massima libertà sul come affrontare i le missioni secondarie che costellano l’ampia mappa di gioco, impostazione che richiama da vicino le dinamiche presentate ai tempi di Saints Row 2, se non addirittura dai primi due Grand Theft Auto. In ultimo, va ricordato che anche quest’ultima creazione di Volition si appoggia sull’accumulo e sulla spesa di punti esperienza ottenuti completando obiettivi e sfide, quindi non possiamo che essere estremamente curiosi di scoprire quali saranno i limiti fisici e tecnici che Il Boss sarà in grado di infrangere in fase di endgame.

Piattaforme:  Microsoft Windows, PlayStation 4, PlayStation 5, Xbox One, Xbox Series X/S, Google Stadia
Sviluppatore: Volition
Publisher: Deep Silver
Data D’uscita: 23 agosto 2022

Il Saints Row di prossima uscita è alla ricerca di un nuovo inizio e, da quel che abbiamo visto, le stelle sono allineate perché un simile desiderio si avveri. È innegabile, il titolo ha un aspetto un po’ datato, tuttavia questa condizione è parzialmente giustificata dalle sue mire transgenerazionali, ovvero dal desiderio di poter raggiungere le console più attempate. Detto questo, la saga non è nota per il suo comparto tecnico d’avanguardia, piuttosto Saints Row ha sempre brillato per il suo spirito irriverente e per il suo gameplay eccentrico, tratti che il neonato reboot promette di riproporre in una modalità che risulterà accessibile tanto ai veterani quanto ai neofiti. Non ci resta che sperare di avere innanzi a noi il rinascimento di un brand che sembrava ormai condannato alla totale archiviazione. Seguiremo con attenzione i risultati ottenuti da questo insolito progetto di riscoperta.