Spider-Man Across the Spider-Verse Recensione: uso, abuso e apoteosi del Multiverso

Miles Morales (Shameik Moore) and Gwen Stacy (Hailee Steinfeld) in Columbia Pictures and Sony Pictures Animation's SPIDER-MAN™: ACROSS THE SPIDER-VERSE (PART ONE).

Multiversi e viaggi nel tempo sono espedienti narrativi che andrebbero sempre usati con cautela, parsimonia e solo in casi di estrema “necessità” – per quanto si possa considerare “necessario” qualcosa di legato al puro entertainment – ad esempio per rilanciare un universo narrativo dopo anni di confusione e sovrapposizioni, come fu nel caso di quello che è un po’ il capostipite delle storie basate sul concetto di multiverso dell’epoca moderna, la miniserie a fumetti ‘Crisi sulle Terre Infinite’ del 1985.
Il cinema pop di oggi tende invece ad abusare di entrambi i concetti: pensiamo a quanto spesso ormai il viaggio nel tempo si insinui anche in franchise che non sono basati sul viaggio nel tempo, come fu per Avengers: Endgame, come sarà per The Flash e probabilmente, ormai è quasi certo, anche per Indiana Jones e il Quadrante del Destino, e a quanto linee temporali alternative o dimensioni parallele diventino espedienti (a volte anche un po’ ridondanti, diciamocela tutta) per ritirare in ballo vecchie glorie come Michael Keaton, Andrew Garfield o Tobey Maguire. Cosa ha da aggiungere al filone Spider-Man: Across the Spider-Verse, secondo episodio di una trilogia che pone le sue basi proprio sul concetto del Multiverso?

Spider-Man Across the Spider-Verse: Artentainment

Spider-Man: Across the Spider-Verse, così come il suo predecessore Spider-Man: un nuovo universo (riconosciuto successo di pubblico e di critica e vincitore di un Oscar), non fa eccezione, anche se una volta tanto, non avendo attori a disposizione in quanto film animato – ma occhio che ci sono delle sorprese – si muove piuttosto attorno ai personaggi, sempre seguendo il principio (opinabile) che più roba c’è, meglio è. Lo fa, e questo va detto, con una veste estetica impeccabile e spettacolare.
A livello macro, e se vogliamo più superficiale e “di pancia”, il film è funzionale ed efficace, cattura con il montaggio serrato, con immagini vivaci e stili visivi sempre più audaci, una colonna sonora adeguata e scene d’azione che fanno battere il cuore in un tripudio di colori e forme geometriche che non lasciano molte possibilità ai cali d’attenzione, nonostante la durata importante che rasenta le due ore e mezza.
Molti non hanno esitato a definirlo “un’opera d’arte”, ed è esattamente quello a cui punta il film: non a caso una delle prime scene action – dopo un lungo prologo sulla vita di Gwen Stacy/Spider-Woman, in magnifico stile acquerellato che fa quasi pensare a una produzione indie, anche per i ritmi rilassati – si svolge nel museo Guggenheim di New York, dove una versione leonardesca dell’Avvoltoio, catapultata nella dimensione sbagliata, si chiede proprio cosa sia arte e cosa no. E questo film? È arte o solo semplice entertainment? Facciamo Artentainment, e non se ne parli più.

Il cuore comanda…

Poi la vicenda prosegue, in maniera più o meno delirante come quasi tutte le storie che si basano sul Multiverso, ma riesce comunque a farci emozionare con le vicissitudini giornaliere di Miles e Gwen, da un lato innamorati separati da una distanza dimensionale (ma anche da un segreto relativo al primo, che non sveliamo), dall’altro impegnati, ciascuno dei due, a tenere insieme i pezzi di vite complicate, soprattutto nei confronti dei relativi genitori.
La trama riprende a distanza di un anno dagli eventi del primo film: Gwen è in conflitto con suo padre, il Capitano di polizia Stacy, convinto che Spider Woman abbia ucciso il Peter Parker della sua dimensione. La ragazza viene chiamata a far parte di una squadra composta da vari “ragni” provenienti dalle più disparate dimensioni, capeggiata da Miguel O’Hara, lo Spider-Man del 2009.
Anche se non dovrebbe – per via del segreto di cui sopra – Gwen non resiste a contattare Miles, che viene così coinvolto in una missione per salvare l’intero multiverso dai piani criminali di Spot (La Macchia), che se inizialmente sembra proprio una… macchietta… ben presto acquista potere assumendo connotati pericolosi e inquietanti.
Miles, dal canto suo, ha problemi con i genitori, a cui non può rivelare la sua identità segreta. Anche suo padre è un agente di polizia che presto diventerà Capitano. Inaspettatamente, Miles si troverà presto a dover affrontare gli altri super-ragni, per via di diverse vedute su come affrontare il pericolo e le proprie responsabilità.
A supportarlo, però, c’è anche Peter Parker, il suo mentore da un’altra dimensione, ora dotato di una piccola bimba ragno che lo accompagna sempre… perfino in battaglia.
E qui ci fermiamo un attimo a riflettere, perché esattamente come il suo predecessore il film, così forte sul piano della resa visiva, scricchiola purtroppo a fronte della macchinosità del suo impianto narrativo e sotto il peso di quello teorico, che pure pretende di avere (ed è bello che arrivi), finalmente, la metafora che associa le varie realtà del multiverso a una fitta ragnatela, con dei punti cardine, chiamati ‘canone’, che si ripetono per ogni Spider-Man esistente, come la morte di una persona cara).

…Ma la testa risponde!

Finché si tiene il cuore acceso e il cervello spento, tutto gira alla perfezione, ma se si va ad analizzare un po’ quello che ci viene proposto, le lacune logiche non mancano: viene dato a intendere – idea splendida – che ogni universo abbia un diverso stile visivo, però Gwen, senza alcuna spiegazione, si adatta visivamente all’universo di Miles quando ci passa dentro, mentre tutti gli altri mantengono il proprio aspetto d’origine.
Tutti si impegnano a mantenere segreta la propria identità e quella degli altri – Miles chiama Gwen ‘Gwandoline’ di fronte ai suoi genitori. Cosa abbastanza insensata dato che viene da un altro universo e nessuno la conosce – ma quando si presentano, per favorire il pubblico, non esitano a gridare a gran voce il proprio nome di battesimo.
Ci si prende la briga di vestire il personaggio di Ben Reilly (tecnicamente un clone dell’uomo ragno e non una versione da un universo alternativo, tra l’altro) con una “skin” che ricorda la sua controparte fumettistica degli anni Novanta. Ma il personaggio si comporta come se fosse una sua caricatura. Dunque, è il Ben dei fumetti o no? E perché lo stesso artificio non viene usato, ad esempio, per lo Spidey del 2099, che pure presenta differenze notevoli rispetto alla sua controparte dei comics (le ragnatele rosse, il costume tecnologico, ma anche un diverso background…)?
Miles, che dimostra di avere una forza sovrumana in più di un’occasione, non prova nemmeno a slegarsi quando un villain lo intrappola con delle semplici corde.
E poi, Peter Parker… con figlia a seguito. A parte che non ha molto senso vederlo presentarsi a un combattimento in ciabatte (non è stato prelevato a forza dalla sua realtà, stavolta. Aveva tutto il tempo di cambiarsi), ma portarsi la bambina di un anno in battaglia, sebbene dotata di superpoteri, non è molto da “potere e responsabilità”.

Insomma, l’impressione è che dietro a un comparto artistico di grandissimo livello ci sia purtroppo lo spettro di una sceneggiatura realizzata seguendo gli algoritmi (della serie: “mettiamoci qualcosa che piaccia ai papà”) più che la logica aristotelica (ma è un tratto comune a molti film di oggi, per cui non ci sentiamo di incolpare troppo questa pellicola nello specifico). Comunque, non è finita. L’anno prossimo arriva Beyond the Spider-Verse, e infatti la storia si tronca a metà, come ai tempi di Ritorno al Futuro II, quando i viaggi nel tempo erano ancora la base e non un espediente. Attendiamo fiduciosi.

Voto: 7

Fumettista, giornalista, saggista, tutto quello che finisce in “ista” gli si confà alla grande, spaziando a 360 gradi nell’universo della scrittura ogni volta che la vita glie ne dà possibilità. Vi ricorderete di lui per le storie su ‘Samuel Stern’ e per la graphic novel ‘Garibaldi Vs. Zombies’, ma quando non ha il costume da supereroe scrive di cinema per CinecittàNews e per tante altre testate… tra cui indovinate quale?