First Playble 2023: abbiamo intervistato Thalita Malagò, direttore generale di IIDEA

Il First Playable 2023 tenutosi di recente nella splendida cornice di Firenze è stato un evento molto apprezzato e seguito, sia dagli addetti ai lavori, sia dal pubblico. Merito soprattutto delle persone che hanno messo in campo il loro impegno e la loro professionalità! Tra queste non poteva mancare Thalita Malagò, direttore generale di IIDEA (Italian Interactive Digital Entertainment Association), l’associazione di categoria dell’industria dei videogiochi che rappresenta i produttori di console, editori e sviluppatori di videogiochi operanti in Italia. E proprio il First Playable 2023 ha rappresentato l’occasione giusta per poter parlare con Thalita Malagò (oltre che con Stefania Ippoliti) non soltanto dell’evento in sé, ma in generale anche del settore videoludico italiano. Di seguito vi offriamo una parte della nostra intervista curata dal direttore Marco Accordi Rickards, mentre l’intervista completa sarà possibile leggerla nel prossimo numero di Game Pro in arrivo ad agosto 2023.

D – Volevo toccare i temi più importanti che riguardano un po’ anche le vostre attività prendendo ovviamente lo spunto del giro di boa del First Playable che è stata una bellissima edizione molto di successo, al di là dei numeri diffusi, io l’ho trovato un bell’evento, molto piacevole. La prima domanda che volevo farti è questa: il First Playable è un momento di grande aggregazione di tutta la scena italiana dello sviluppo, quindi è anche una fotografia annuale di questo settore. Quali sono secondo te il o i trend più interessanti, le novità… cosa emerge nello specifico di questo 2023. 

R – Quello che emerge in assoluto è che siamo a un punto di svolta: penso e spero che sia stato compreso e che sia risultato visibile a tutti che i numeri, mai come in questo caso, ci restituiscono la fotografia di un settore che in Italia come mai prima sta finalmente cominciando a diventare qualcosa di importante, anche da un punto di vista proprio di numero di imprese che stanno sul territorio, dimensioni e maturità di queste imprese, ma anche di professionisti: uno dei feedback più importanti che abbiamo ricevuto, soprattutto dai publisher, è stato che i team che hanno incontrato anche quelli più giovani erano molto preparati. Stiamo arrivando a un livello di professionalizzazione che finalmente, dopo tanti anni di sforzi da parte di tutti ci sta dando delle soddisfazioni. Quindi stiamo diventando un’industria che ha dei numeri – anche se ancora piccoli, rispetto ad altri paesi europei – abbiamo finalmente delle imprese consolidate e abbiamo anche tanti team piccoli, informali, che però si stanno affacciando a questo settore in modo professionale, con un approccio, per l’appunto, orientato al business, a costruire qualcosa di valore per il nostro Paese.

D – Il secondo tema su cui volevo parlare è il lavoro che state facendo sul fronte del tax credit, che di sicuro è una misura importante, che può dare dei grandi vantaggi al settore. Volevo capire un po’ la strategia di questo tipo di interventi e in particolare se secondo te è un intervento che può aiutare non solo le società più grandi e strutturate ma anche dare una mano alle realtà medio-piccole.

 R – Hai fatto sicuramente una domanda molto importante, su un tema che ci sta molto a cuore. Il tax credit è una misura che è stata chiesta ed ottenuta perché noi abbiamo prima di tutto esaminato quella che era la situazione europea e quelle che erano le misure di sostegno già in essere in altri paesi. E quando noi abbiamo iniziato a contattare le istituzioni italiane, per cercare di avere anche noi il tax credit avevamo già degli esempi illustri di paesi che avevano implementato questa misura ottenendo l’approvazione della commissione europea. Perché quello che è importante sottolineare – non è un tecnicismo, ma proprio una cosa importante da capire – è che queste misure di sostegno sono degli aiuti di Stato alle imprese. Che in Europa non sono permessi, se non in presenza di determinate eccezioni, tra cui quella culturale. Quindi il fatto di aver ottenuto il tax credit ha significato, per noi come Italia (ma anche per altri paesi) accedere alle eccezioni culturali, quindi al riconoscimento che i videogiochi fanno parte dell’industria culturale e creativa europea, come del resto è stato ampiamente validato dalla risoluzione del parlamento europeo che è stata approvata a novembre 2022 – la risoluzione su Esport e videogiochi – in cui il parlamento, con un raro allineamento interpolitico ha dichiarato che i videogiochi sono parte effettiva dell’industria culturale e creativa e necessitano di misure di sostegno dedicate. Quindi non si può fare un copia-incolla – per dirlo in modo semplice, immediato e comprensibile – del cinema o dell’audiovisivo ma bisogna studiare delle misure che siano adatte al settore. 

Noi siamo partiti dal tax credit, che era una misura che già esisteva in altri paesi, e già aveva dati dei risultati importanti in altri paesi. Noi in questo momento, a livello di strategia, stiamo guardando in due direzioni diverse. Da un lato quella di migliorare il tax credit: migliorarlo nel senso di aumentare i fondi disponibili e di aumentare il massimale per azienda, che in questo momento è di un milione di euro, e quindi puoi capire benissimo che con questo massimale non si riescono a coprire produzioni con una certa ambizione. Quindi se vogliamo fare un salto con questa tipologia di produzioni dobbiamo dare un maggior respiro alle società quindi da un lato stiamo lavorando per aumentare i fondi disponibili e il massimale per azienda, oltre che la percentuale del tax credit, che in Italia, ricordiamoci, è del 25%, quando in Francia ad esempio è del 30% e se non ricordo male si sta discutendo per portarla al 35%. addirittura. Quindi, anche su queste piccole differenze si gioca poi la partita con gli altri paesi. 

Dall’altro lato, come dicevi giustamente tu, stiamo lavorando per avere delle misure di sostegno che siano dei fondi di finanziamento per le imprese, soprattutto di quelle più piccole, perché come giustamente rilevavi, il tax credit è una misura che funziona se tu hai un’impresa che è già strutturata e quindi hai dei debiti verso lo Stato, che possono essere delle tasse da pagare, i contributi ai dipendenti e simili. Altra cosa, oltre al tax credit abbiamo chiesto dei fondi di finanziamento diretto per le imprese. Un po’ come è stato il First Playable Found, che però è stata una misura adottata in un decreto emergenziale che poi non è stata resa stabile, strutturale, che era in capo al Ministero dello sviluppo economico. Quello che invece noi stiamo pensando è che siccome il Ministero della cultura di fatto sostiene tutta l’industria culturale e creativa, forse vale la pena di ottenere questa misura dallo stesso Ministero, proprio perché si occupa della nostra industria, a livello verticale. Da questo punto di vista noi abbiamo fornito diversi esempi.

First PlayableD – Ti chiedo una precisamente in proposito: un punto che è stato sempre delicato per i non addetti ai lavori quando si parla di videogiochi è il fatto che tante volte, il fatto che il videogioco sia cultura, anche quando viene riconosciuto, bisogna vedere se riconosciuto per le ragioni corrette, perché a volte ci sono delle errate rappresentazioni di quello che in effetti è un videogioco. Quindi volevo capire a che punto siamo con l’ “alfabetizzazione delle istituzioni”. Hanno capito che il videogioco è espressione di cultura anche quando è quello che inizialmente era criticato e bollato come ‘sparatutto’?

R – Io penso che su questo non siamo ancora arrivati ad un riconoscimento pure, completo, ma secondo me è molto importante sottolineare che c’è stato appunto questa risoluzione del Parlamento Europeo di novembre 2022 che per me più che una risoluzione è una poesia, perché mette nero su bianco una serie di principi che per noi sono fondamentali, quindi il fatto che i videogiochi fanno parte a tutti gli effetti dell’industria culturale e creativa, quindi diciamo che a livello normativo secondo me con la Legge cinema da un lato, con la risoluzione del Parlamento Europeo dall’altra i videogiochi sono entrati comunque a pieno titolo nell’industria culturale e creativa, però sicuramente da un punto di vista della percezione il problema non è ancora risolto al 100%, perché tante volte quando vai a parlare con le istituzioni c’è sempre questo atteggiamento del “I videogiochi sono cultura solo se…”, mentre no, i videogiochi sono cultura a 360°, non solo se hanno determinati contenuti. Da questo punto di vista ti posso dire che il tax credit, non Italia ma in generale, anche negli altri paesi in cui è stato implementato è una misura che si basa su test di eleggibilità culturale ma diciamo che questo test culturale, nonostante quello che c’è scritto, la maggior parte dei progetti che sono passati sono la maggior parte dei progetti che sono in sviluppo in Italia. 

D – Per questo pensavo che fosse un passo avanti: vedo un po’ più morbida l’istituzione.

R – Ovviamente non si può dire questa cosa in modo, diciamo, sfacciato. Comunque è un dato di fatto che il tax credit e la tabella di eleggibilità culturale sia applicata con una elasticità e una flessibilità che consente di fatto alla maggior parte dei progetti, se hanno una loro solidità, una loro maggior ragion d’essere di fondo, di essere accettati.

First Playable

Metalmark, giornalista, scrittore e docente universitario, si dedica al culto delle avventure Infocom, di X-COM e dell'Intellivision. Come hobby, dirige VIGAMUS, il Museo del Videogioco di Roma, e i corsi di VIGAMUS Academy. La sua prima rivista da caporedattore? CUBE. Poi tante altre, tra cui PSW, Xbox World, PC Games World, Game Pro (EDGE Italia) e Game Republic.