Lies of P mi ha sinceramente sorpreso! Voglio iniziare così questa recensione, senza peli sulla lingua e senza troppi giri di parole, perché la prima cosa che mi viene da dire, dopo aver passato circa 90 ore in compagnia del Pinocchio creato da Neowiz è proprio questa. Il souls-like in salsa steampunk-vittoriano creato dal team coreano è riuscito ad andare abbondantemente al di là delle mie aspettative, sia in termini di gameplay sia in termini di longevità e struttura generale, ma soprattutto sul piano dell’estensione narrativa e tematica. Proprio sotto questo aspetto, l’azienda, per quanto mi riguarda, ha fatto il lavoro più importante, riuscendo a creare un immaginario narrativo profondo e complesso e che, sinceramente, non mi aspettavo di trovare in questa produzione. Lies of P, per farla più breve, mi ha colpito maggiormente non tanto per il gameplay o per l’aspetto tecnico, ma soprattutto per la lore, da sempre uno degli aspetti più importanti quando si parla di souls-like. Durante le mie quasi cento ore di gioco ho apprezzato tantissimo il world building che ruota intorno alla produzione, così come mi sono sentito, e non mi capitava da un po’ di tempo, sinceramente desideroso di mettermi alla prova, e ho decisamente potuto trovare pane per i miei denti. Lies of P è infatti un titolo caratterizzato da un livello di sfida molto elevato e che non si preoccupa di prendere per mano il giocatore, soprattutto quando si tratta di buttar giù i boss principali e, in generale, quei nemici che precludono l’accesso a una determinata area. Proprio questo aspetto, secondo il mio modesto punto di vista, è diventato, col tempo, uno degli aspetti più problematici del gioco. Lies of P ha una curva di difficoltà un tantino sbilanciata, e la cosa si avverte davvero parecchio una volta superata una determinata fase della storia. Nel complesso, comunque, il titolo rimane decisamente interessante per tutta la sua durata, grazie anche a un level design complesso e sfaccettato, ma soprattutto a un immaginario narrativo che si piazza molto bene nelle gerarchie, per quanto comunque il focus sulla “licenza” non è esattamente sempre e comunque a fuoco e, anzi, la storia ne prende le distanze in maniera netta sin da subito. In ogni caso, è tempo di tirare le somme: Lies of P ce l’ha fatta? Non vi resta che leggere la mia recensione per scoprirlo.
Lies of P: una bugia è per sempre
Sarò ancora una volta sincero: l’incipit narrativo di Lies of P sembra veramente tanto scontato e, soprattutto, figlio di un’influenza “esterna” molto marcata. I burattini di Geppetto, per qualche strano motivo, hanno iniziato una sorta di ribellione. Le “macchine” create dall’iconico inventore (falegname) hanno sviluppato una sorta di coscienza senziente che, col tempo, ha iniziato a sfociare in una sana follia omicida, ovviamente nei confronti della razza umana. In questo contesto, decisamente un po’ già visto e sentito, si sviluppa una storia, in verità, molto complessa, sfaccettata e intricata, per quanto comunque fondamentalmente “semplice” da inquadrare. In questo contesto di follia, morte e distruzione, si affaccia il personaggio di P, il burattino per eccellenza nonché la miglior opera di Geppetto, che per qualche motivo (che non faticherete a immaginare, credo) è rimasto immune alla follia di massa che ha pervaso i burattini di Krat. Per tal motivo, anche se in realtà è un po’ forzata come soluzione, Pinocchio sembra essere l’unica speranza per fronteggiare la sanguinosa ascesa dei burattini, la cui misteriosa trasformazione rimane il filo conduttore di un po’ tutta la vicenda. A guidare Pinocchio c’è non soltanto lo stesso Geppetto, criptico ma al contempo molto eloquente quando si parla di dare informazioni utili e scomode, ma anche la bella Sophia, l’equivalente della Dama in nero di Demon’s Souls, la guardiana del fuoco di Dark Souls ma soprattutto di Melina di Elden Ring. Non a caso ho fatto riferimento in maniera più accesa a Melina, anche perché il personaggio di Sophia condivide con quest’ultima un bel po’ di cose, ma non voglio entrare troppo nello specifico. Per il resto, il core della produzione, sul piano narrativo, rimane sempre e comunque molto chiaro ed evidente.
A differenza delle produzioni di From Software, a cui chiaramente il team di sviluppo si è ispirato parecchio nella concezione del gioco, Lies of P, come promesso, non si lascia travolgere da quello stile narrativo criptico e “lasciato ai giocatori” dei vari Dark Souls e simili, ma sin dalle prime battute offre un quadro generale ben più delineato, ma non per questo meno interessante. L’obiettivo finale di Pinocchio è quello di fare luce sulla minacciosa e spaventosa ribellione dei burattini, ma ben presto ci si rende conto che c’è molto più di questo in ballo. Durante la lunga traversata, infatti, il giovane protagonista farà la conoscenza di tante vecchie conoscenze, come il Gatto e la Volpe, il Dottor Civetta, Arlecchino e tanti altri, ma anche di diversi personaggi creati ad hoc per dare alla storia un piglio più maturo e volutamente “oscuro”. Il percorso evolutivo della storia, va di per sé, è molto sfaccettato e ricco di sfumature da leggere e interpretare, ma stavolta non bisogna lasciarsi traportare dall’immaginazione per capire cosa stia succedendo intorno a noi. Lies of P è un libro nettamente più aperto, ma non per questo non riesce a creare un ecosistema ricco di punti di interesse, in cui anche le scelte, o per meglio dire la voglia di Pinocchio di dire bugie, possono portare a risvolti inaspettati e diversi. Non voglio, chiaramente, entrare nello specifico, ma posso garantirvi che ci saranno parecchie sorprese, con il passare del tempo. Quello che non mi è piaciuto più di tanto, paradossalmente, è la troppa libertà con cui il gioco si approccia al materiale di partenza. Salvando l’iconografia dei personaggi e le loro caratteristiche, che rimangono più o meno immutate grazie a un character design di cui vi parlerò tra un po’, la storia prende fortemente le distanze da tutto quello che riguarda l’immaginario di Collodi, con pochi riferimenti anche sul piano delle location, che avrebbero potuto arricchirsi non poco con qualche riferimento in più. Nel complesso, e lo dicevo in apertura, la linea narrativa e la “lore” del gioco è uno degli aspetti che mi ha convinto maggiormente, ma se siete alla ricerca di rimandi forti al materiale di partenza probabilmente rimarrete un po’ delusi.
L’arte della guerra, secondo Geppetto
Trattandosi di un souls-like, ovviamente, uno degli punti più importanti della produzione è sicuramente il gameplay, da sempre un giudice spietato per tutti coloro che provano a lanciare la sfida a From Software. E, devo essere sincero, avevo qualche dubbio di troppo relativo a Lies of P, soprattutto dopo aver continuato a testarlo, grazie alla demo, nelle settimane precedenti all’arrivo del codice finale. Per farla brevissima: avevo il forte timore che il livello di sfida non fosse esattamente definibile bilanciato e, purtroppo, almeno per quello che è il mio giudizio, dopo aver spolpato il gioco sono costretto a dover ammettere che i miei timori erano in qualche modo fondati. Lies of P è un titolo veramente complesso da inquadrare, sotto questo punto di vista, ma è soprattutto un titolo caratterizzato da un livello di sfida calibrato veramente male. Mi spiego meglio. L’inizio del gioco, onestamente, appare come una sorte di versione semplificata dei prodotti di From: P fa un bel danno, i nemici vanno giù abbastanza semplicemente con, praticamente, ogni tipologia di arma, e farsi ammazzare è veramente complicato. Questo aspetto si conferma con il passare di buona parte dell’avventura e anche i boss, anche se quelli secondari, in alcuni casi, si sono rivelati un tantino più difficili da tirar giù, in generale il tasso di sfida è rimasto discretamente verso il basso. Questo, almeno, fino a circa metà da gioco. Da lì in poi, non ci ho capito più molto. Da un certo punto in poi e in maniera sin troppo brutale anche per un giocatore esperto come il sottoscritto, la forza, il numero e in generale la “cattiveria” dei nemici è aumentata in maniera esponenziale, fino a, praticamente, raddoppiare il livello di sfida del gioco. Ciò si è avvertito con forza anche nelle boss-fight, che a un certo punto sono diventate veramente troppo ostiche, fino a toccare, senza troppi peli sulla, punte di frustrazione veramente fastidioso. Mi ricordo, in particolare, almeno tre boss-fight della fase finale del gioco che mi hanno veramente fatto tirar giù un paio di calendari e che dal mio punto di vista sono state realizzate più con lo scopo di mettere forzatamente in difficoltà il giocatore piuttosto che spingerlo veramente a migliorarsi “sul campo”.
Questo aspetto, apre le porte a un altro punto delicato e che mi trova costretto a tirar fuori ancora una volta il cartellino giallo. Lies of P soffre di gravissimi problemi in termini di IA, sia dei nemici normali, sia dei boss sia e soprattutto degli alleati. Durante le boss-fight contro gli obiettivi principali è infatti possibile, forse anche per il discorso relativo all’elevato tasso di difficoltà, invocare uno spettro, il quale supporta P durante la battaglia, seppur con risultati quasi sempre infausti. L’intelligenza artificiale dello spettro rasenta veramente il ridicolo. Nove volte su dieci vedrete il vostro alleato lanciarsi senza alcun tipo di riguardo verso i colpi del nemico, senza praticamente mai preoccuparsi di difendersi o di schivarli. A questo punto starete pensando che, magari, il tutto venga pareggiato con un potenziale offensivo devastante, vero? E, invece, no. Anche sul piano offensivo l’alleato è sempre fin troppo modesto, e risulta utile quasi esclusivamente per distrarre il boss di turno, anche perché, ne avrete veramente bisogno. Poco fa vi ho parlato di sbilanciamento ma anche di IA con grandi carenze, e questi due aspetti si sono paurosamente fusi, creando delle situazioni a volte veramente surreali. Alcuni boss, infatti, si sono rivelati frustranti a livello di movenze offensive, con movimenti a volte eccessivamente scriptati, che sembrano fatti apposta per mettere in difficoltà il giocatore. Durante questi scontri, Lies of P palesa tutti i suoi limiti anche sul piano delle movenze del protagonista, che spesso e volentieri, un po’ per il discorso relativo all’eccessiva difficoltà dei boss un po’ per i problemi in termini di input lag e reazione agli input di P, finisce col creare tanti grattacapi anche ai giocatori più abituati. Sia chiaro, gli sviluppatori hanno fatto un ottimo lavoro nel limare i problemi di legnosità evidenziati durante la demo, ma il risultato finale è ancora poco vincente, a causa soprattutto di una schivata molto ostica da gestire e di un sistema di parate che si basa ancora su finestre di riposta un po’ troppo probanti. Tornando al discorso dell’IA, in chiusura, è impossibile non menzionare i nemici base, che possiedono uno schema di movimento molto limitato e ridondante, soprattutto nelle fasi iniziali e centrali del gioco. Nel complesso, comunque, Lies of P risulta divertente e appagante, ma alcuni degli aspetti che vi ho evidenziato sono veramente troppo pesanti per poterci passare sopra.
Lies of P: esplorazione, potenziamento, level design: tante cose da fare e da vedere
Da buon souls-like, il gameplay di Lies of P non si ferma al solo scambio di colpi all’arma bianca, ma penetra più in profondità, attraverso situazioni e soluzioni strutturali ben precise. Uno degli aspetti più interessanti del gioco, secondo il mio punto di vista, è la crescita e lo sviluppo di P. Un po’ come accade in Sekiro, a cui il gioco si rifà anche per quanto riguarda la gestione del braccio “speciale” che qui prende il nome di Legione, il gioco si base su un sistema di potenziamento che va al di là delle semplici statistiche fisiche del personaggio, che comunque ci sono e sono anche in grado di permettere al giocatore di creare build complessivamente diverse tra loro, e che dona a Lies of P un aspetto ludico veramente molto interessante. Attraverso l’attivazione dell’Organo-P e l’utilizzo di un determinato oggetto (i Quarzi) è possibile personalizzare davvero tanti aspetti del proprio alter-ego, scegliendo in maniera molto libera i bonus da attivare per permettere di progredire nell’albero delle abilità. Sarò sincero: il sistema non sembra esattamente semplice da carpire, e forse non lo è nemmeno così tanto, ma una volta entrati nel meccanismo si possono creare combinazioni veramente interessanti.
Con l’Organo-P è infatti possibile attivare sia un perk permanente sia diverse abilità secondarie, e il giocatore può anche scegliere di puntare quasi tutto sull’attacco o sulle resistenze, sul danno elementale o sull’aumento di specifiche caratteristiche di debuff, in un sistema di potenziamento veramente molto interessante e che ben si sposa con, appunto, la crescita del personaggio. Le statistiche da aumentare non sono poi tantissime, ma danno comunque la possibilità di creare un buon numero di build. Legate a quest’ultime, ovviamente, ci sono le armi, anch’esse molto interessanti a livello di concetto ma che non sono state sfruttate, forse, a dovere. Mi spiego meglio: le armi di Lies of P, come nei titoli di From, scalano con le varie statistiche, ma grazie a un determinato oggetto è possibile modificare anche lo scaling stesso, oltre che al semplice potenziamento delle statistiche base dell’arma stessa, ma non solo. Le armi “base”, quindi non quelle speciali, si possono scomporre, superando il manico con la lama, in modo tale da creare combinazioni sempre diverse e, potenzialmente, infinite. Il problema, però, almeno secondo il mio punto di vista, è che questo aspetto rimane ottimo soltanto nelle intenzioni, poiché le armi speciali, ottenibili in modo che non voglio anticiparvi, sono troppo più forti e più belle anche da usare e sono convinto che molti giocatori preferiranno quelle a quelle base, al netto dei mix possibili.
Lies of P mi ha colpito positivamente sotto il profilo del level design. Le mappe del gioco, per quanto non siano mai eccessivamente grandi, sono tutte ben disegnate, con un sistema di collegamenti e scorciatoie, ereditato ancora una volta dai lavori di From, molto funzionale e ben organizzato. L’hub centrale che da sfondo all’avventura è discretamente connesso con il restante del mondo, ma è doveroso sottolineare che Lies of P segue uno schema più in stile Bloodborne e Demon’s Souls, dunque a “livelli” e non veramente open world. Quest’ultimo è dunque anche luogo di ritrovo per quei personaggi trovati lungo la strada, che possono offrire servigi importanti e potenziamenti extra, con il passare del tempo e del ritrovamento di determinati oggetti che servono proprio a espandere i vari negozi e la loro mercanzia. Al netto di ciò, è doveroso sottolineare che l’esplorazione è molto piacevole e anche importante. Sia per il farming sia e soprattutto per raccogliere le tante cose sparse per le aree di gioco, il giocatore è spinto a lasciarsi trasportare per le strade di Krat con grande interesse, anche grazie alla possibilità di sbloccare alcune attività extra che offrono, oltre a diverse ricompense, anche uno spaccato più chiaro sul mondo di gioco. Ecco, forse questo aspetto l’ho trovato un po’ limitato, soprattutto in termini “numerici”. Le quest secondarie, proprio perché veramente ben disegnate e molto interessanti, mi sono sembrate un po’ poche ed è veramente un peccato, perché il potenziale c’era veramente tutto per fare un lavoro più esponenziale, anche grazie a un cast di comprimari veramente intrigante. Sul piano della scrittura, come vi dicevo in apertura, Lies of P si prende molte libertà, ma il lavoro complessivo è molto buono ed è un peccato che il focus sugli elementi di contorno si sia un po’ troppo chiuso al servizio della storia principale. Ciononostante, Lies of P si difende molto bene anche sul piano della longevità. Il gioco potrebbe portarvi via ben oltre le 50-60 ore di gioco per il completamento, anche di più nel caso in cui vogliate dedicarvi a tutte le attività disponibili, senza contare una rigiocabilità importante, legate alle scelte compiute durante l’avventura. Non voglio entrare nello specifico, ma un certo punto, e potreste facilmente immaginare a cosa mi riferisco, è avvenuto qualcosa che mi è ha fatto letteralmente saltare dalla sedia, un qualcosa che si è generato proprio a causa delle mie scelte. Non vi dico cosa, tranquilli, ma fidatevi: ne vedrete delle belle.
Tecnica e grafica: luci e ombre direttamente da Krat
Sotto l’aspetto tecnico e artistico Lies of P si presenta in un buona forma. Su Xbox Series X, versione da noi testata in fase di recensione, il titolo di Neowiz si è comportato molto bene sul piano delle performance e della stabilità, senza dare quasi mai problemi durante le tante ore di gioco passate in compagnia di Pinocchio. Come ormai accade un po’ in diverse produzioni, Lies of P offre un doppio preset grafico, uno pensato per massimizzare la grafica e la qualità poligonale dell’opera e l’altro, quello un po’ più ambito e apprezzato considerando il genere del gioco, che si preoccupa di spingere sull’acceleratore per quel che riguarda il frame rate. Quest’ultima modalità è, chiaramente, quella che ho preferito principalmente, e devo ammettere che il risultato finale è stato molto convincente, grazie soprattutto ai 60fps costanti. Anche nelle fasi più concitate e con più nemici su schermo (e capita spesso, fidatevi) Lies of P rende, nel complesso, molto bene e rimane solidissimo dal punto di vista della fruibilità generale, a testimonianza di un ottimo lavoro svolto in tempi di ottimizzazione. Questo aspetto si evidenzia anche nei tempi di caricamento, che sono risultati quasi sempre istantanei o comunque molto veloci ed è un bene, anche perché bisogna mettere in conto di doversi muovere spesso da un checkpoint a un altro. Ovviamente, non tutti gli zecchini son d’oro. Alcuni aspetti sono sicuramente meno convincenti, seppur comunque nel complesso la resa finale risulti convincente. Mi viene da pensare, ad esempio, alla modellazione poligonale di alcuni elementi di contorno che risultano molto meno curati rispetto ad altri aspetti della produzione o all’interazione ambientale molto limitata. In alcuni frangenti, il passaggio di P sull’acqua o sulla neve risulta quasi impercettibile e superficiale. In generale, il colpo d’occhio offerto dal gioco è comunque molto positivo, ma la natura cross-generazione del gioco si avverte comunque parecchio, soprattutto se si presta lo sguardo con più attenzione ai piccoli dettagli e non ci lascia avvolgere dall’ottimo colpo d’occhio.
Sotto il profilo artistico, invece, il discorso è decisamente più complesso. L’ispirazione generale è decisamente intrigante e accattivante, e i riferimenti anche abbastanza importanti all’immaginario creato da Collodi rendono il tutto ancor più piacevole, ma non tutto è stato gestito allo stesso modo. Mi viene da pensare, in primis, alle mappe di gioco. La città di Krat, il teatro principale della vicenda, è uno misto tra lo steampunk e una Londra vittoriana, e il risultato è nel complesso accattivante, ma non tutte le aree hanno potuto fare affidamento su simili traguardi creativi. Lies of P vive di profondi alti e bassi, in tal senso, e questa sensazione si evidenzia ancor di più col passare del tempo in cui, per forza di cose, viene fuori anche un altro problema: il riciclo di asset. Molto spesso, infatti, mi è capitato di avvertire un certo senso di ripetitività nelle mappe, sia quelle “interne” sia quelle più all’aperto, cosa che, inevitabilmente, ha smorzato non poco l’effetto “wow” di cui sembrava essere ricoperto il gioco in fase di presentazione. Sia chiaro, il risultato finale va anche abbastanza oltre le mie aspettative e non sto parlando di un po’ brutto gioco, anzi, ma credo che, in tal senso, si poteva fare qualcosina di più ed è veramente un peccato. Alcuni scorci, infatti, sono veramente meravigliosi, così come il design generale dei personaggi “umani” che compongono il mondo di gioco, ma è veramente troppo evidente che l’ispirazione si sia in qualche modo arenata sotto diversi, troppi aspetti che precludono una valutazione oggettiva più generosa. Di pari passo, anche il design delle creature nemiche e dei boss secondari ha subito un po’ lo stesso decorso, evidenziando, probabilmente più inesperienza che scarsa voglia di fare da parte del team di sviluppo. Molto buono, infine, è il comparto sonoro. Le tracce che accompagnano le boss fight sono molto ben fatte e raggiungono livelli di epicità decisamente importanti, soprattutto nelle fasi finali dell’avventura e quando il gioco comincia a entrare nelle fasi finali.
Piattaforme: PlayStation 5, PlayStation 4, Xbox One, Xbox Series X/S, Microsoft Windows, macOS
Sviluppatore: Neowiz Games, Round 8 Studio
Publisher: Neowiz Games
Lies of P è una piacevole sorpresa. Il souls-like di Neowiz si dimostra ben più originale e meno derivativo di quanto si poteva immaginare in partenza e si leva di dosso molto rapidamente la nomea di copia carbone di Bloodborne. Il titolo si presenta molto bene, con una carica autoriale bella presente, tanto sul piano artistico quanto su quello del gameplay, ma proprio sul più bello sembra si blocchi inciampando su alcune incertezze che ne precludono in qualche modo l’accesso alla schiera dei migliori esponenti del genere. Sia chiaro, stiamo parlando comunque di uno dei souls-like più interessanti e meglio realizzati degli ultimi anni, ma alcuni aspetti mi hanno fatto storcere un po’ troppo il naso per rimanere impassibile. In ogni caso, comunque, se siete appassionati del genere non dovreste assolutamente lasciarvelo scappare: potreste ritrovarvi tra le mani uno centinaio di ore di godimento, dolore e tanto, tanto sangue. Di burattino, ovvio.
