Final Fantasy VII Rebirth

Final Fantasy VII Rebirth Provato: l’ignoto oltre il remake

Sembra solamente ieri, ma sono già trascorsi quattro anni da quando Square Enix ha graziato il mercato con l’attesissimo Final Fantasy VII Remake. A distanza di quasi un lustro, ci dividono ormai poche settimane dall’altrettanto desiderato sequel, Final Fantasy VII Rebirth, e possiamo dire con certezza che la frenesia dell’attesa si è vivacizzata più che mai. Spinti da una curiosità travolgente e un desiderio palpabile, ci siamo catapultati a Londra per mettere le mani sull’ultimissima demo pre-lancio del gioco, nella speranza di consolidare le nostre aspettative e impressioni. O almeno così ci saremmo aspettati di poter fare: dopo quattro ore di gioco, ci ritroviamo appoggiati a consapevolezze effimere, sommersi da un turbine di emozioni che non accennano a placarsi. Scossi da entusiasmi e preoccupazioni, non possiamo fare altro che esporvi la nostra esperienza sul campo.

Per chi suona la campana di Final Fantasy VII Rebirth

Una cosa è certa: quattro ore sono risultate decisamente insufficienti per assaporare appieno tutte le potenzialità di Final Fantasy VII Rebirth, soprattutto considerando che il trial messoci a disposizione andava a percorrere l’inizio effettivo del gioco, fase videoludica tradizionalmente connessa a tutorial e lunghe somministrazioni di sequenze espositive. Quasi tutti i filmati potevano essere saltati, tuttavia abbiamo deciso nondimeno di sottoporci con solerzia all’ordalia, così da adeguarci ai climi registici imbastiti dei game director Naoki Hamaguchi e Motomu Toriyama.

A guidarci è stato soprattutto il desiderio di scoprire se il titolo, sequel di un remake, potesse essere comprensibile e apprezzabile anche da chi non ha mai avuto occasione di sperimentare il suo immediato predecessore. Dopotutto, Square Enix ha assunto deliberatamente la decisione di titolare il gioco “Rebirth,” un termine che evoca una sorta di rinascita, un nuovo inizio. Non serve molto per capire che l’azienda giapponese stia insomma cercando con impegno di convincere i principianti che è possibile avvicinarsi alla serie proprio con questo secondo capitolo. Hamaguchi stesso, in un’intervista con GadgetMatch, ha suggerito d’altronde che Final Fantasy VII Rebirth rappresenti un punto di partenza ideale per chi non ha alcuna esperienza pregressa. Tuttavia, ci sentiamo di dissentire.

Nel tentativo di colmare il divario tra i neofiti e i veterani, Square Enix ha distribuito un utilissimo video, un riassunto fulmineo di appena tre minuti che rielabora i punti salienti dell’avventura di Final Fantasy VII Remake. Inoltre, i primi minuti di Final Fantasy VII Rebirth sono inaugurati da un coinvolgente flashback che riesce a reintrodurre i protagonisti e le loro relazioni in maniera pregnante ed efficace. Però, in cuor nostro, preferiamo ritenere che entrambe le precauzioni rappresentino un’alternativa piuttosto limitata rispetto alla possibilità di vivere in prima persona il precedente capitolo della saga. Se così non fosse, si dovrebbe ammettere che la trama è stata rimaneggiata in maniera tanto radicale da rendere del tutto superfluo lo stesso Final Fantasy VII Remake, una prospettiva amareggiante che renderebbe irriterebbe non poco i giocatori di lunga data.

Chiuso un mondo se ne apre un altro

Per evitare di indugiare nell’instabile territorio dello spoiler, non ci addentreremo troppo nei dettagli riguardanti il flashback introduttivo, tuttavia i fan più accaniti della saga non avranno difficoltà a intuire immediatamente di quale segmento di trama stiamo parlando, anche perché questi è al centro di molti dei trailer che stanno promuovendo il prodotto. Concentrandoci quindi sul piano tecnico, l’incipit incarna la funzione di un tutorial dal ritmo serrato, ma che è in grado di spiegare con pazienza ed efficienza i comandi di combattimento, comprese quelle abilità e quegli attacchi sinergici che coinvolgono più personaggi e che vengono introdotti per la prima volta in questo secondo capitolo.

Di per noi, abbiamo già avuto l’opportunità di sperimentare in passato il gameplay nudo e puro, ma questa volta, a differenza di allora, siamo riusciti a dedicare il tempo necessario a esplorarlo gradualmente assaporandone ogni aspetto attraverso una progressione graduale che ci ha permesso di padroneggiare i comandi con una consapevolezza più profonda e capillare. All’epoca, spaesati dal salvataggio in media res e arrugginiti dagli anni passati a giocare altri titoli, ci eravamo trascinati nelle boss fight facendo il possibile per stare dietro a un’azione frenetica che si circondava di menù e variabili che non avevamo tempo di assorbire. Fu faticoso: nel momento in cui si vuole valorizzare ogni fattore e ogni possibilità messa in campo dalle meccaniche di combattimento si scopre che c’è tanta carne al fuoco. L’approccio più didattico di questa nuova demo ci è stato più utile che mai e ci ha dimostrato che, nonostante la sua intrinseca frenesia, il sistema si presenta sorprendentemente equilibrato e coinvolgente, ancor più perché la sua stessa natura incita i giocatori ad alternare con regolarità i personaggi attivi sul campo di battaglia, una tattica essenziale per sfruttare al meglio le loro abilità e le loro sinergie, ma che è anche utile a mantenere alta l’attenzione del pubblico. L’impostazione di base è la medesima di quella vissuta con Final Fantasy VII Remake, ma il tutto è stato affinato per coinvolgere più dinamicamente i gamer.

Terminata l’overture, la trama torna al tempo narrativo presente, con il gruppo di protagonisti che riprende la vicenda dal punto in cui si era interrotta nel capitolo precedente: a riposarsi nella pigra città di Kalm dopo essere fuggiti dalle grinfie del perfido colosso industriale noto con il nome di Shinra Inc. Questo ritorno alla quiete nasconde però l’introduzione di un secondo tutorial, il quale risulta forse meno vistoso, ma altrettanto importante. Sfruttando l’ambientazione urbana in cui il combattimento è impossibile, il titolo presenta le possibili interazioni con i personaggi non giocanti, nonché la gestione dei menu. Vengono evidenziati i negozi, spiegata la gestione di armi e accessori, introdotto il crafting e dettagliato il concetto inedito di “folio“, il meccanismo che riguarda la personalizzazione dei sistemi di affinità sinergica menzionati in precedenza. E non da ultimo, c’è anche il Queen’s Blood, un mini-gioco di carte estremamente immediato che però sospettiamo possa diventare più articolato man mano che si avanza nell’avventura.

Final Fantasy VII Rebirth come open-world?

Risolta la fase introduttiva, Cloud e i suoi compagni si intrufolano in un cunicolo buio e apparentemente interminabile il cui capo estremo è sigillato da una pesante porta. Con una spinta, un fascio di luce abbacinante si fa strada attraverso l’uscio, abbagliando il giocatore. Cambio scena. I personaggi, ormai adattatisi alla luce, si trovano davanti a un panorama mozzafiato fatto di fiori, campi erbosi e mulini a vento. Le possibilità davanti a loro sembrano infinite. Lo stupore e la fascinazione vissuta dalla compagnia di avventurieri riflette puntualmente le sensazioni da noi provate, valorizzando ai massimi livelli la carica emotiva della scena. Forti dell’esperienza maturata con Final Fantasy VII Remake e con Final Fantasy XVI, avevamo ipotizzato che anche Final Fantasy VII Rebirth avesse optato per limitare la gestione delle mappe a un’alternanza di zone più o meno ampie, ma tutto sommato contenute e lineari. L’area nota come “grasslands” ha mandato gambe all’aria le nostre aspettative, lanciandoci all’interno di un campo di gioco che, per quanto non veramente aperto, ci è sembrato praticamente sconfinato.

La presenza di queste verdeggianti colline suggerisce chiaramente che i programmatori abbiamo deciso di tradurre alcuni segmenti del titolo in veri e propri sandbox in cui i giocatori possono pascolare a proprio piacimento verso i vari punti di interesse e gli obiettivi capaci di catturare la loro curiosità. I vincoli di tempo impostici da Square Enix ci hanno impedito di scandagliare nel dettaglio la mappa, quindi non sappiamo se questa sia effettivamente densa di attività o se a conti fatti risulti solamente ampia e desolata, tuttavia possiamo confermare che il terreno sia disseminato di tesori nascosti e che le dimensioni siano così estese da spingere gli sviluppatori a predisporre delle torrette che, una volta operative, forniscono una sorta di “world intel” che svela i segreti presenti nelle immediate vicinanze. Sì, avete letto bene, le “torri Ubisoft” hanno fatto infine la loro comparsa anche nella saga di Final Fantasy. Scherzi a parte, se confrontate con le tetre atmosfere della città di Midgar, la metropoli al centro del capitolo precedente, le scenografie scomodate da Final Fantasy VII Rebirth promettono in ogni caso di imbastire atmosfere decisamente più ricche, coinvolgenti e interattive, le quali si basano su un’attenzione cinematografica e su un di un level design che hanno subito catturato la nostra attenzione.

I pro e i “contro” (per il momento)

L’esperienza che abbiamo vissuto durante il nostro hands-on ha dato vita a un riscontro estremamente positivo, tuttavia non possiamo trascurare alcune annotazioni rilevanti, né le potenziali criticità che si profilano sul prodotto. Cominciamo con i punti positivi: sembra che Naoki Hamaguchi e Motomu Toriyama abbiano ascoltato attentamente le lamentele e le osservazioni dei giocatori di Final Fantasy VII Remake. Molti degli elementi di pregio del capitolo precedente sono stati ulteriormente migliorati, mentre quelli che avevano suscitato perplessità hanno subito significative revisioni. Se il gioco riuscirà a mantenere gli standard che abbiamo riscontrato, la progressione narrativa e la varietà scenografica si preannunciano molto più intriganti e approfondite rispetto a quanto visto in precedenza, rendendo l’esperienza di gioco notevolmente appagante e longeva.

Non tutto ciò che abbiamo osservato può però essere lodato senza riserve. Durante molteplici fasi della demo, ci siamo imbattuti in alcuni piccoli inciampi nelle animazioni dei personaggi non giocanti. Nulla che abbia causato danni reali, tuttavia queste sviste hanno intaccato a fasi alterne la profondità del nostro senso di immersione, strappandoci la possibilità di godere appieno del coinvolgimento videoludico. È importante considerare, però, che la versione da noi testata non rappresenti la copia finale del titolo, pertanto siamo fiduciosi che i programmatori abbiano ancora il tempo per apportare gli ultimi, necessari, ritocchi. D’altro canto, non possiamo evitare di rimarcare che, com’è successo in altri recenti titoli della scuderia Square Enix, i personaggi non giocanti risultino in qualche modo carenti, grezzi nella loro tratteggiatura estetica e caratteriale al punto da causare alienazione.

Ci riferiamo, ad esempio, a episodi in cui un personaggio, fuggito da una casa in fiamme, si arresta in modo inspiegabile a pochi metri dall’uscio, assumendo un’atteggiamento di attesa in cui la sua espressione è priva di ogni forma di paura o agonia. Oppure situazioni in cui un gruppo di popolani armati di fucili si lascia sopraffare da un nemico senza neppure tentare di reagire. Questo insieme di scelte autoriali non compromettono l’esperienza complessiva del gioco, tuttavia evidenziano chiaramente il divario che separa la profonda caratterizzazione dei protagonisti e la rappresentazione più superficiale dei personaggi secondari. Semplicemente, in un contesto fatto di grafiche tendenti al realismo, questi sembrano fuori luogo se comparati al cast principale o alla ricercatezza del mondo che li circonda. Appaiono come creature artificiali in un universo che cerca invece di mostrarsi organico.

Esiste inoltre un elemento che la demo si è accuratamente assicurata di non affrontare, ossia il ruolo che l’epilogo di Final Fantasy VII Remake avrà sullo svolgimento di questo nuovo episodio. Senza addentrarci troppo nei dettagli, il titolo precedente si era concluso con ciò che potremmo definire un evento di portata multidimensionale, il quale sicuramente manifesterà ripercussioni significative sugli elementi fondamentali della mitologia della saga. Ciò che abbiamo testato non ci ha però presentato cambiamenti narrativi riconducibili a un evento tanto sconvolgente. Almeno, a prima vista. Al massimo abbiamo notato alcune discrepanze nel modo in cui protagonisti e antagonisti sono stati tratteggiati rispetto alle loro controparti originali, quelle del gioco per PlayStation pubblicato nel lontanissimo 1997. Tuttavia, non siamo stati in grado di determinare se tali differenze siano dovute a una scelta artistica o al tentativo di introdurre indizi che si svilupperanno nel corso del tempo, culminando in un'”imprevista” svolta narrativa.

Piattaforme: PlayStation 5

Sviluppatore: Square Enix

Publisher: Square Enix

Data di uscita: 29 febbraio 2024

Pur tenendo conto di tutti i suoi alti e bassi, la saga di Final Fantasy resta sempre e comunque la saga di Final Fantasy. Da bravo esponente del brand, anche Final Fantasy VII Rebirth si distingue per la sua caratura produttiva di alta qualità, per aver intavolato un sistema di gioco robusto, per gli scenari epici e per una colonna sonora eccezionale. Piuttosto che quietare la nostra curiosità, la demo ha finito con l’accrescere le nostre aspettative al punto che ci siamo ritrovati subito a rigiocare il capitolo precedente nel tentativo di rivedere il prima possibile Cloud e la sua squadra. Nonostante il marcato ottimismo, una parte di noi non riesce a sedare la preoccupazione che l’ultima fatica di Square Enix possa a un certo punto emulare le scelte autoriali polarizzanti del suo predecessore, preoccupazione che ci intima di mantenere alta la guardia, così da evitare delusioni e eventuali mal di testa.