Drakensang: The River of Time – Recensione PC

Secondo giro di boa per il GdR di Radon Labs.

Non più di una ventina di giorni fa vi abbiamo reso edotti su come il secondo capitolo di Drakensang sembrasse più di un misero passetto avanti rispetto al pur onesto predecessore. Adesso che abbiamo messo le mani sul gioco possiamo rassicurarvi senza troppi indugi: The River of Time è sicuramente migliore del titolo padre. Certo… nonostante i notevoli passi avanti, il titolo di Radon Labs non riesce a raggiungere i fasti di un Dragon Age a caso, e crediamo comunque che non sia stato nemmeno questo l’obiettivo di chi il gioco l’ha prodotto e sviluppato. Quello che invece ha fatto Radon Labs è stato di ascoltare le critiche della corposa comunità giocante che ha animato il primo Drakensang, limando qua e là molti degli aspetti controversi e introducendo qualche novità, pur mantenendo saldo un canovaccio tarato sul set di regole di “Uno Sguardo Nel Buio”, come è giusto che sia.

The River of Time è ambientato 23 anni prima del suo predecessore, palesandosi quindi come un vero e proprio prequel dove incontrare alcuni dei protagonisti resi celebri dal primo Drakensang, oltre ad altri nuovi di zecca. All’inizio del gioco è necessario creare da zero il nostro alter ego, che può essere plasmato attraverso la scelta di una classe e di una razza, oltre che distribuendo un congruo numero di punti tra le sue abilità. Una volta iniziata la storia vera e propria ci si accorge di come il motore grafico di The River of Time sia pressoché lo stesso del primo Drakensang, anche se ottimizzato in molti aspetti e impreziosito da un nuovo sistema di illuminazione dinamica particolarmente ben riuscito. Sebbene sia possibile zoomare con la telecamera fino a dietro le spalle del protagonista, risulta fin da subito più comodo mantenerla in posizione elevata, utilizzando le frecce direzionali sulla tastiera per spostare il nostro personaggio e relegando al mouse la sola direzione dello sguardo. A prescindere dalla posizione della visuale, comunque, anche in questo seguito sono presenti alcune incertezze della telecamera negli spazi stretti. Fortunatamente, la presenza della “pausa tattica” à la Baldur’s Gate consente di rimettere le cose a posto senza eccessivi patemi, oltre che permettere al giocatore di pianificare le mosse offensive e difensive dei personaggi presenti nel party.

Dopo qualche ora di gioco ci si accorge di come la struttura esplorativa di The River of Time differisca notevolmente da quella vista nel primo Drakensang. Se il primo capitolo faceva della linearità senza compromessi il suo motivo principale, in questo secondo giro di boa il nostro party è in grado di muoversi liberamente lungo il Grande Fiume su una nave di comodo, così da poter ritornare sui propri passi in qualsiasi momento. Il vantaggio è evidente: il mondo di gioco è sostanzialmente aperto e permette di andare alla ricerca di quest secondarie quando più ci aggrada. Ci siamo accorti di un dungeon che, al momento, è impossibile da affrontare senza lasciarci le penne? Poco male… appuntiamoci sulla mappa la sua esistenza e torniamo a ripulire la zona una volta che avremo accumulato sufficiente esperienza ed esserci equipaggiati a dovere.

Una delle grandi novità sbandierate dagli sviluppatori è la forte caratterizzazione morale dei personaggi del party e la profondità nei rapporti interpersonali. Purtroppo, questo sembra essere l’aspetto meno riuscito di Drakensang 2, vuoi perché le razze sono caratterizzate da cliché ormai abusatissimi (il nano scorbutico o l’elfa leggiadra sono solo due degli esempi che possiamo fare), vuoi perché i dialoghi multipli fanno una gran fatica a scrollarsi di dosso l’impressione che la loro tensione emotiva sia annacquata dalla necessità di andare a parare sempre e comunque nella stessa direzione. Lo stesso discorso deve essere fatto per quanto riguarda le possibilità di dialogo nei confronti dei numerosi NPC, visto che le abilità relative come “Seduzione”, “Natura Umana” o “Etichetta” vengono chiamate in causa solo in momenti marginali e lasciano comunque la sensazione di non risultare determinanti nella maggior parte dei casi.

Un ultimo commento sulla localizzazione. Come è prassi per i prodotti di FX Interactive, anche Drakensang: The River of Time è stato tradotto nella nostra italica lingua. Se da un lato abbiamo una localizzazione scritta che in qualche passaggio lascia un po’ il tempo che trova, dall’altro i numerosi dialoghi parlati sono ispirati e aiutano non poco l’immedesimazione nel mondo spiccatamente fantasy tratteggiato con maestria da Radon Labs. Considerando l’enorme quantità di testo a schermo si può anche perdonare qualche difetto evidente, soprattutto se teniamo conto del prezzo più che amichevole (19,95 euro) al quale il gioco viene venduto.