The Medium è ormai in dirittura d’arrivo nelle case di tutti gli amanti dell’horror psicologico. L’ultima fatica di Bloober Team ha riscontrato, nell’arco dell’ultimo anno, alti e bassi per la sua data d’uscita. Prima era stato annunciato con una finestra di lancio prevista per fine 2020, poi è stato prontamente rimandato a inizio 2021 anche a causa della release di Cyberpunk 2077. Ma ormai è giunto il momento della verità e i fan di Xbox non vedono l’ora di giocarci sulla loro console next-gen, mentre gli appassionati di PC stanno adattando la loro periferica per raggiungere le massime prestazioni che questo titolo può offrire. Sono tutti pronti per il gran lancio, proprio come noi che abbiamo avuto la possibilità di recensirlo. Ma cosa si cela dietro questo misterioso videogioco? Ebbene, oggi vi parleremo un po’ più nel dettaglio dell’ambientazione che troverete durante le vostre partite all’insegna dell’orrorifico e del macabro. Siete pronti?
The Medium e la ricerca dell’originalità
La feature principale che discosta The Medium da qualsiasi altro titolo è certamente correlata alla potenza ormai raggiunta dall’engine next-gen. Tramite le nuove caratteristiche di cui è dotata la nona generazione di console è possibile creare un tipo di gameplay innovativo e interessante. L’elemento che salta subito all’occhio quando parliamo delle meccaniche di questo gioco è certamente il Dual-Reality system. Questo fattore permette di guidare Marianne nell’ambiente di gioco non solo tramite un’interazione con l’oggettistica, ma anche con l’environnement stesso. Tramite la Dual-Art, la protagonista è in grado di muoversi contemporaneamente in due realtà parallele. Non parliamo più quindi di schermo condiviso con un altro giocatore, ma di un unico utente che fruisce l’esperienza in un mondo alternativo, condividendo i risultati ottenuti. Sfruttando a proprio vantaggio le ricompense di un universo, queste modificano anche ciò che può accadere nell’altro e viceversa. Insomma, qualcosa che su carta e tramite i gameplay trailer abbiamo potuto osservare e studiare più approfonditamente. Ma da dove proviene questo secondo universo? Che cos’è il mondo degli spiriti?
Il mondo degli spiriti è una riproposizione della nostra realtà altamente distorta e corrosa. Le stanze, i corridoi e gli spazi aperti sono gli stessi del nostro universo, ma hanno un fascino totalmente diverso. Dove un tempo era presente una scalinata, una scrivania o uno studio, adesso c’è un ammasso di corpi scheletrici, una croce e delle falene pronte ad attaccarci. Capirete da voi che è un posto pericoloso, pronto ad infierire su chi non vi appartiene completamente. Marianne stessa, la nostra protagonista, è una medium. Incaricata di salvare le anime dei deceduti e di portarle verso la luce, la giovane donna può decidere di intervenire in quest’altra realtà per aiutare gli spiriti a passare oltre.
Che cosa si trovi aldilà del mondo degli spiriti è un’incognita che grava sulle nostre azioni durante tutta la durata del gioco, ma da cui ne siamo attratti incondizionatamente. Questo dualismo è probabilmente dovuto dalla stessa ricerca che l’uomo compie da sempre per trovare la verità su cosa si cela dopo la morte. Bloober Team non ci dà una risposta, ovviamente, ma alimenta questa sensazione di malessere tramite un comparto artistico ineccepibile. Non solo troviamo Akira Yamaoka (Silenti Hill) e Arkadiusz Reikowski (Blair Witch, Layers of Fear, Observer) come compositori musicali dei due mondi, ma The Medium ricalca i quadri di un artista incompreso e particolare. Un pittore che pochi conoscono ma che, a livello visivo, crea un impatto così forte da renderlo indimenticabile.
Il pittore dell’inferno
C’è chi chiama Zdzisław Beksiński l’artista degli incubi, chi ne parla come se avesse dipinto l’inferno stesso e chi ancora resta perplesso o inquietato dalle sue tele. Ogni sensazione scaturita dai suoi quadri è complicata da spiegare, a volte addirittura contraddittoria, ma mai sbagliata. Si può ammirare, apprezzare o odiare, in base al proprio momento interiore. Come ogni autore che si rispetti, Beksiński non ha mai obbligato nessuno a vedere ciò che lui stesso immaginava nei propri dipinti. A detta sua erano persino rappresentazioni positive, allegre. Queste ambientazioni non hanno un nome o un significato vero e proprio ma, come affermò nelle interviste, sono la riproposizione dei suoi sogni. Per lui, limitare lo spettatore o un’opera attribuendole una denominazione sarebbe controproducente e sbagliato. Proprio per questo motivo potete sentirvi rallegrati o inquietati dai suoi quadri, anche contemporaneamente. Non c’è un significato giusto, solo libera interpretazione.
Certo, c’è gente che ha provato a studiarlo ma non può esistere un altro Beksiński perché il suo vissuto e il suo dolore inconsciamente hanno portato alla nascita di queste opere iconiche. Nato in un periodo storico catastrofico, soprattutto per la Polonia, Zdzisław era un fotografo prima di dedicarsi alla pittura. Sfortunatamente a quei tempi, la fotografia costringeva gli autori a rappresentare solo la realtà e quindi, il povero artista non veniva neanche considerato tale proprio a causa dei suoi scatti. Questi erano distorti, difficili da comprendere e prettamente astratti, qualcosa che non poteva funzionare con gli standard dell’epoca. La frustrazione causata da una società ancora troppo bigotta e “cieca”, portò il giovane Beksiński ad allontanarsi dalla fotografia e a studiare l’architettura. Qui scoprì un nuovo modo per mostrare la realtà come appariva ai suoi occhi. Iniziò a dipingere cattedrali distrutte dal tempo, montagne di sabbia ed esseri che rimandavano a qualcosa di umano, ma al contempo disturbante e malato.
La rappresentazione di un mondo così degenerato e lontano da qualsiasi percezione positiva, lo stava portando verso la scoperta di uno stile che, ancora oggi, è difficile da catalogare. Uno stile che può ricordare H. R. Giger, il padre di Alien, ma a differenza dei suoi Xenomorfi, simili a mostri extraterrestri fusi con apparecchi tecnologici, le figure di Beksiński sembrano essere forgiate da qualcos’altro. Nascono da una mente singolare, che si manifesta tramite un “dialogo”: tra organico e disorganico, immaginazione e distruzione, vita e morte.
Le posizioni innaturali con cui vengono mostrati i suoi soggetti sono forzate e al limite dell’inverosimile. Un obbligo, questo, probabilmente dovuto dai limiti imposti dalle credenze, dalla società e da chi abbiamo attorno. Proprio per questo motivo i volti che l’artista raffigura non posseggono occhi o tratti definiti, ma sono coperti solo da tele e filamenti. Si dice che gli occhi siano lo specchio dell’anima; se non sono presenti ci destabilizzano creando una sensazione ansiogena di smarrimento.
L’arte videoludica e il tributo di The Medium
The Medium, come abbiamo potuto apprendere, segue spiritualmente e istintivamente le flebili linee pittoriche di Beksiński. Non si tratta solo di apprendere lo stile dell’artista, ma anche di creare un tributo. Ad esempio, è presente un’auto d’epoca che gli stessi sviluppatori hanno citato in un video ufficiale sul canale YouTube. Questo veicolo è molto simile ad uno riportato in un quadro dell’artista polacco ed è persino possibile interagirci per proseguire nella storia. Nonostante il modello non abbia la stessa nomenclatura è impossibile non notare un rimando. Alcuni mostri, invece, prendono spunto da alcune figure alate abbastanza ridondanti nelle tele di Beksiński. Appaiono come “avvoltoi” e planano su città inghiottite dal fuoco e dalle macerie, proprio come stessero presagendo sventura. Le croci che possiamo ritrovare in alcuni puzzle ambientali di The Medium sono le stesse che l’autore mostrava in alcuni dei suoi quadri. Corpi amputati, braccia o degli ammassi di filamenti e tendini vengono raffigurati crocifissi molto spesso.
In ogni stanza che andremo a perlustrare con Marianne ci saranno ossa, lapidi, mani scheletriche e volti ridotti a mere maschere. Questo paragone, sebbene Beksiński non le utilizzi, non è del tutto campato per aria. L’idea della maschera pirandelliana in sé, della perdita di identità e del legame indissolubile con l’anima viene raccontato in The Medium tramite il mondo degli spiriti. Qui le anime di passaggio sono intrappolate a causa della perdita di memoria. Non sanno il proprio nome e grazie a Marianne riescono a ricordare la loro vita passata. Ciò non si discosta troppo dai quadri dell’artista, dove i volti sono fossilizzati, distrutti dal trauma o fusi con veli e sabbia. Proprio per questo motivo l’azione della ragazza che recupera la maschera dell’anima parlandoci e chiamandola può essere interpretato come una liberazione, ma anche come un nuovo obbligo. Da una parte serve per far trovare la pace ai condannati, ricollegandoli a ciò che un tempo erano stati. Dall’altra sembra come se questo “nome” li riporti alla realtà, al dolore e al loro passato. Non è solo un modo per salvarli dalla perdita di memoria, ma anche per riesumare una tragedia e far ripartire il circolo vizioso della vita.
Oggi abbiamo potuto comprendere meglio la fonte da cui The Medium ha tratto ispirazione per mostrare un nuovo mondo. Un mondo distrutto e compromesso che poco si discosta dall’immaginario comune riguardante il paranormale e lo spirituale. Abbiamo sempre immaginato “l’inferno sceso in terra” non solo grazie a grandi opere letterarie, ma anche tramite l’arte cinematografica. Creare quindi un legame tra pittura e videogioco è il giusto passo da compiere per avvicinare il medium più giovane all’idea che abbiamo di cultura e a come questa dovrebbe essere fruita. Limitare un universo, come quello del videogioco, ad un mero escamotage per contribuire all’economia non è un errore, ma non deve diventare l’unico stratagemma per risaltare nell’immenso oceano di titoli. Se questo riesce ad uscire dal guscio dei pregiudizi che lo disegnano come pure e semplice oggetto di svago può elevarsi a qualcosa di più interessante, senza tradire l’elemento ludico che lo ha partorito. Ci troviamo in un periodo dove è sempre più difficile trovare un compromesso tra prodotto commerciale e opera interattiva, ma l’esperimento di Bloober Team genera speranza nei cuori degli appassionati che, sempre di più, sperano in una metamorfosi.