Se quel che cercate è un classico consiglio per gli acquisti, il che è legittimo, saremo rapidi e perentori: correte a comprare Metroid Dread come se ne andasse della vostra sopravvivenza, come se nulla fosse più importante, come se fosse l’ultimo videogioco sulla Terra, perché quest’opera è un capolavoro senza se e senza ma, che si colloca al fianco di Super Mario Odyssey e The Legend of Zelda: Breath of the Wild a formare la Santissima Trinità (Triforza?) del pantheon di Nintendo Switch. Che ne dite, siamo stati sufficientemente chiari ed espliciti? Bene. Non vi serve di leggere altro, e neppure di andare a guardare il voto: vi serve solo la vostra copia, digitale o fisica che sia, di Metroid Dread, meglio ancora se lanciata su un fiammante Nintendo Switch OLED (andate a leggervi perché è un pezzo di hardware da avere in questo articolo a cura di un collega di chi scrive queste righe), quindi… correte. Se però avete qualche minuto in più da spendere con noi, e magari anche una certa dose di curiosità di leggere le nostre ragioni, restate pure. Con voi tenteremo un esperimento, proprio qui e ora. Creeremo il corretto stato d’animo che prelude al gesto dell’acquisto, vi prepareremo a entrare nell’universo di Metroid Dread.
Metroid Dread: premonizioni mortali
Prima di acquistare un libro, suggeriamo sempre di andare a leggere il nome dell’autore, in copertina. Sempre e comunque, e rigorosamente a prescindere dal titolo del volume stesso. Gli amanti del ciclo fantascientifico della Fondazione di Isaac Asimov ricordano bene quale fu il sapore dopo che si furono gettati in opere di altri autori recanti il titolo della saga cult del compianto Maestro della Sci-Fi. Chiaro, no? Ecco, l’attesa dell’avvento di Metroid Dread, un evento epocale per varie ragioni, è stata caratterizzata da un sentimento di autentico terrore. Del resto, è normale, già di base: più si spera in qualcosa e la si desidera, più si insinua la paura di rimanere delusi, scottati. Stavolta, però, l’inquietudine era anche causata da una ragione molto concreta: il famoso nome sulla copertina del quale parlavamo. Lo sviluppo del titolo, infatti, era stato affidato a Mercury Steam, team iberico che, prima di aver co-sviluppato Metroid: Samus Returns nel 2017 (un remake indubbiamente bene accolto), aveva firmato la (molto) discutibile trilogia Castlevania: Lords of Shadow per Konami. Senza voler rinfacciare a nessuno le “colpe del passato”, avevamo insomma qualche comprensibile mal di pancia, se capite cosa intendiamo.
Va inoltre aggiunto, come si accennava poc’anzi, che Metroid Dread è un appuntamento annunciato con la Storia del Videogioco e di Metroid in particolare. Non solo è l’ultimo capitolo destinato a chiudere un vasto arco temporale di avventure della nostra amata Samus Aran, ma è anche il primo nuovo episodio con meccaniche di gioco bidimensionali (pur essendo tutto in 3D: trattasi del cosiddetto 2,5D) dai tempi del divino Metroid Fusion, che accese di gloria il Game Boy Advance nell’Anno del Signore 2002, grazie al leggendario team Nintendo R&D1.
Capite che cosa intendiamo, ora? Un conto è curare il remake di Metroid II: Return of Samus, un conto è dare alla luce, 19 anni dopo Metroid Fusion, al nuovo e per certi versi “tombale” capitolo (ci riferiamo alla chiusura di un ciclo, non allarmatevi) di una saga eterna e idolatrata come quella in questione. Per fortuna, però, non sempre le premonizioni più fosche si avverano; dopo poco tempo di gioco, era già tutto chiaro: i nostri timori erano infondati. In gran parte, però, per una buona, ottima ragione, sempre legata a quei nomi in copertina.
Il torero e il samurai
Non siate mai superficiali nell’analizzare chi cura lo sviluppo di un videogioco, intendendo con questo termine – latu sensu – la sua complessiva creazione. Ricordate, tanto per rimanere in tema, che senza l’intervento personale di un tale Shigeru Miyamoto (e di tutta la sua struttura), quel monumento alla grandezza delle opere interattive che è Metroid Prime dei texani di Retro Studios, uno dei videogiochi più straordinari mai realizzati, non sarebbe neppure lontanamente quello che è. Andate a vedere che cosa accadeva prima, nei lunghi e turbolenti anni del suo sviluppo, e vedrete che ne leggerete delle belle. Come dire: il cowboy ebbe bisogno dell’aiuto del samurai, che non lo negò, per fortuna di Nintendo e nostra. E il resto, come si suol dire, è storia. Ecco, Mercury Steam, come avvenne per Samus Returns, ha co-sviluppato Metroid Dread con Nintendo Entertainment Planning & Development (EPD), il “super team” della Casa di Kyoto nato nel 2015 dalla fusione di Nintendo EAD e Nintendo SPD.
Pregandovi di scusarci per il mare di sigle, è davvero importante, seppur brevemente, navigarci dentro, come presto comprenderete bene (e ci scusi chi sa già). Da un lato, Nintendo Entertainment Analysis & Development (EAD) è stata, tanto per capirci, il braccio armato di Shigeru Miyamoto, padre di Super Mario e Zelda, in poche parole il game designer indiscutibilmente più bravo, importante e di talento della Storia dei videogiochi, a livello globale. Quanto a Nintendo Software Planning & Development (SPD), il team era già il frutto del consolidamento avvenuto nel 2003 di Nintendo Research & Development 1 e Nintendo Research & Development 2. Nintendo R&D1, tanto per capirci, era il team più antico di Nintendo, quello che, guidato dal mai abbastanza compianto Gunpei Yokoi, creò opere come Donkey Kong, Mario Bros. e lo stesso Metroid. Quanto a Nintendo R&D2, vi basti sapere che si tratta del team – altrettanto storico – dove iniziò a lavorare Eiji Aonuma, attuale Game Director di The Legend of Zelda.
So bene che cosa starete pensando. A che serve, cui prodest? Perché inanellare una sfilza di nomi, di team, di date? Fidatevi, invece. Serve. Anzi: nulla serve di più. Perché, vedete, quando parliamo di Nintendo, non parliamo di una casa di videogiochi qualsiasi, ma della Storia stessa dei videogiochi, ed è fondamentale che voi sappiate bene che, approcciandovi a Metroid Dread, sentirete l’eco dei Grandi Antichi, le sagge voci di chi ha scolpito le più grandi emozioni digitali nei nostri cuori per interi, interminabili decenni. Producer del gioco, non a caso, è Yoshio Sakamoto, classe 1959, già game designer del primo Metroid, game director di Super Metroid e game director e sceneggiatore di Metroid Fusion. Capite, ora? No, non c’è un dettaglio più importante. Non c’è nulla di maggiormente rilevante da raccontarvi, in questa recensione. La cosa che conta è che voi sappiate che chi vi sta scrivendo, avendo giocato a fondo Metroid Dread, possa confermarvi che correrete, salterete e combatterete sentendo nelle vostre orecchie il suono del suo nome. Perché Metroid Dread è il passato, il presente e il futuro, la tradizione che sposa l’innovazione per consegnare nelle nostre mani tremanti una pietra preziosa inestimabile, un fiore rarissimo che testimonia l’impareggiabile grandezza del Videogioco.
I dettagli, infine
Come ormai tutti saprete fin troppo bene, non si sfugge alle ferree regole che i publisher impongono a noi scribacchini. Questo si può dire, questo non si può dire. Questo si può mostrare, quest’altro assolutamente no. Sebbene io consideri questi meccanismi inutili e controproducenti, non me ne dispiaccio affatto, tanto non ritengo affatto interessante ammorbarvi con la trama di un’opera come Metroid Dread. Vi basti sapere che c’è quel che deve esserci, nel modo più corretto, ispirato e giusto. Il titolo è molto vasto, ma senza eccedere (non vi parlerò di quanto una zuppa allungata con acqua sia meno saporita), e trasuda un carisma e un carattere impareggiabili. Tecnicamente impeccabile (su Switch OLED vi farà godere così tanto che non vorrete passarlo sulla vostra gigantesca TV), Dread esplode in un tripudio di meraviglia a livello artistico, con una cura per i dettagli e un’armonia che mozzano il fiato. L’immagine più o meno ravvicinata a dare il ritmo agli eventi, i rumori di fondo, le musiche semplicemente divine… ogni minuto passato in compagnia di questo titolo, è una benedizione che vorremmo durasse in eterno. E sapete cosa ci ha colpito? Che funziona tutto. Tutto. E alla perfezione. E che quando vi viene in mente che, però, questa certa cosa forse è fatta male, be’, molto presto capite che, no, eravate voi (eravamo noi!) in errore. Ogni cosa fa ciò che deve eccedendo le aspettative, e mostrando come il concetto stesso del backtracking sia, da queste parti, ancora una scienza esatta; fossimo polemici, aggiungeremmo che occorrerebbe smettere di usare il termine metroidvania, ma fortunatamente non lo siamo, quindi non lo diremo.
Lo ripetiamo: entrare nei dettagli vi ruberebbe parte del mistero, quindi ci limiteremo a un solo punto, più che altro perché lo avete ampiamente visto sottolineare nei filmati mostrati di Metroid Dread: gli EMMI. Ebbene, questi diabolici robot guardiani, pronti a darvi la caccia, inseguirvi e freddarvi in un sol colpo, con tutte le meccaniche stealth che si portano dietro per voi (avrete un potere di limitata mimetizzazione), sono il perfetto esempio di meccanica capolavoro applicata come novità a una serie storica. Funzionano talmente bene da dissipare ogni dubbio, aggiungendo brividi e atmosfera a un’avventura semplicemente unica. Davvero, ve lo ripetiamo: tutto il resto è dettaglio, inutile dettaglio. Siamo al cospetto di un frammento di mitologia. E non possiamo che ringraziare dal profondo di noi stessi tutti quei nomi, giovani e anziani, noti e ignoti, che ce lo hanno portato. Da oggi, la Switch brilla più intensa nel firmamento delle console.
Piattaforme: Nintendo Switch
Sviluppatore: Mercury Steam e Nintendo EPD
Publisher: Nintendo
Opere del calibro di Metroid Dread non sono affatto comuni. Dal momento in cui iniziamo a vivere questa nuova mozzafiato avventura di Samus Aran, siamo completamente proiettati nel suo mondo, nella sua dimensione narrativa, allo stesso tempo così antica e così moderna, ma soprattutto sempre legata a doppio filo al gameplay, granitico, esaltante e meravigliosamente vario. L’esplorazione sempre stimolante, le bossfight adrenaliniche, le nuove meccaniche stealth, gli inseguimenti mortali con un EMMI inferocito che non ci dà tregua, la cura maniacale nei dettagli, il game design commovente per la sua perfezione… tutto è talmente bello ed esaltante, in Metroid Dread, che non vorremmo mai spegnere la console. Fortuna che possiamo portarla con noi, almeno! Del resto, l’opera di Nintendo è un autentico capolavoro, un action game intelligente che mostra una marcata venatura thriller, un titolo che sa condurvi avanti e indietro tra ritmo frenetico, inquietudine, esaltazione e paura, in un backtracking emozionale che vi lascerà stremati e appagati. Se avete una Nintendo Switch, non potete non avere Metroid Dread: sarebbe un crimine, esattamente quanto non aver vissuto Super Mario Odyssey o The Legend of Zelda: Breath of the Wild, i due unici titoli che stanno nello stesso Empireo di questo ultimo incredibile trionfo della nostra amatissima Samus, un’eroina che ha avuto l’ardire di arrivare dove osano le aquile.