Difficile dire quanto la mancata uscita al cinema possa influenzare o meno l’approccio di critica e pubblico, anche perché parliamo di una produzione Pixar, la terza dopo Soul (2020) e il “nostro” Luca (2021) ad approdare direttamente in streaming, e come ogni altro titolo proveniente da tali menti creative è destinata a lasciare un peso più o meno indelebile nel mondo dell’animazione moderna. Certo è che Red, nuova esclusiva del catalogo Disney+, possiede diverse peculiarità che lo rendono un’opera atipica, in grado di dividere e spaccare il giudizio degli spettatori. Definita un po’ grossolanamente come l’incrocio tra lo stile occidentale e influenze anime, con gli stilemi dell’estremo Oriente che fanno capolino qua e là non solo per l’etnia della protagonista – di origini cinesi – ma anche per smaccati riferimenti a classici della scena del Far East, la pellicola in ogni caso non lascia indifferenti, proponendo l’ennesimo coming-of-age in salsa fantastica che ci insegna, ancora una volta, il valore dell’amicizia.
Red: com’è difficile crescere
Il racconto è ambientato nell’anno 2002, come ulteriormente sottolineato dalla presenza non dei soliti e moderni smartphone ma di cellulari ben più vetusti, che chi ha qualche anno in più ricorderà con una certa nostalgia. Paradossalmente il periodo storico è per il resto alquanto indifferente ai fini di una trama senza età, che scava nella tradizione e nel folklore cinese per mettere la giovane Mei di fronte ad una sfida sovrannaturale che si ammanta di molteplici spunti. La tredicenne infatti si dedica anima e corpo a realizzare i desideri della madre Ming e oltre a ottenere voti altissimi a scuola si occupa nel suo tempo libero del tempio di proprietà della sua famiglia, che attira ogni giorni visitatori da diversi angoli della città.
Mei ha tre amiche con le quali è inseparabile – Miriam, Priya e Abby – e con cui condivide una spasmodica passione per una boy-band famosissima in tutto il mondo, i 4*Town. La protagonista è costantemente vittima dell’invadente presenza materna, che la segue anche nei luoghi più impensabili per tenerla d’occhio: un comportamento apparentemente morboso e inspiegabile, che però ben presto troverà spiegazione. Un giorno infatti, in seguito ad un eccesso di rabbia la notte precedente, Mei si risveglia con le sembianze di un gigantesco panda rosso. Scoprirà così che tutte le donne della sua discendenza sono affette da una maledizione, risalente ad una loro antenata scesa a patti con gli dei per proteggere i propri cari, per la quale ad una certa età e nei momenti maggiormente emotivi avviene la trasformazione. In attesa di un rito che possa annullare questa bizzarra condizione, Mei dovrà convivere con il suo “lato animale”, con tutte le conseguenze del caso.
Un colore dalle mille sfumature
Il titolo originale completo è Turning Red e il fatto che la creatura scelta come alter-ego quadrupede della protagonista sia proprio di color rosso non è certo un caso: si diventa rossi per la vergogna, rossi di rabbia e per l’imbarazzo e ancora per tutte quelle sensazioni che, soprattutto in una pre-adolescente, sono forse ancora più esasperate. Ecco perciò che la trasformazione, reversibile in uno stato di calma, diventa una sorta di metafora sulle difficoltà tipiche di quell’età, dai primi amori alla ricerca di una libertà e di un’indipendenza dalle gabbie genitoriali che tutti, prima o dopo, ci siamo ritrovati a vivere.
Ecco perciò che Red assume una profondità maggiore rispetto al mero intrattenimento di genere e anche nelle sue derive apparentemente più “trash” si tinge di sfumature inedite: se il cringe a tratti fa capolino, soprattutto nella caratterizzazione macchiettistica e stereotipata della boy-band – determinante ad ogni modo nelle fasi finali – tutto è necessario al percorso di formazione e di crescita. La stessa, lunga, resa dei conti finale che cita in maniera piacevolmente grossolana l’universo dei kaiju eiga – Godzilla docet – ha un perché per nulla superfluo e i marcati, continui, rimandi al folklore del Paese più popoloso del mondo ci permettono di approfondire, anche se solo superficialmente, gli stilemi di una cultura millenaria.
Stili e influenze
La regista e sceneggiatrice Domee Shi, prima donna al timone in solitario di un lungometraggio Pixar, aveva già curiosato nei meandri delle proprie origini con l’apprezzatissimo corto a sfondo culinario Bao (2018) e ha riversato all’interno della storia alcune esperienze vissute: anche lei come Mei è infatti di origini cinesi e cresciuta in Canada. L’autrice ha dichiarato che tra le sue fonti di ispirazione – elemento che ha portato, come detto sopra, a paragonare il tutto al palcoscenico anime – vi sono cult giapponesi del calibro di Sailor Moon, Ranma, Inuyasha e capolavori Ghibli come Il mio vicino Totoro (1988). Spunti presi qua e là che si riversano in una narrazione ricca di sorprese e colpi di scena, che paga soltanto un paio di ingenuità comunque perdonabili in un’opera prima.
Lo stile grafico di Red, con i personaggi le cui peculiarità vengono esaltate in maniera anche grottesca dal character design, si affida ad una serie di colori sgargianti e a una messa in scena vispa e scattante, sempre pronta a regalare notevoli dose di ritmo non solo nelle sequenze più frenetiche e ad alto tasso d’azione ma anche negli spunti comici, come quando la Nostra si trova a nascondersi in bagno – l’arrivo della pubertà e delle prime mestruazioni è un altro elemento secondario di non poco conto – dalla madre dopo essere mutata per la prima volta nel simpatico e peloso urside. Urside che genera ovviamente tenerezza a più non posso, diventando mascotte ideale per il pubblico dei bambini e adorabile anche per lo spettatore più adulto. Per un nuovo personaggio destinato, dato il grande riscontro e il probabile sequel, a lasciare ancora una volta il segno.
Tredici anni appena, una madre apprensiva e tre amiche inseparabili. Un’età difficile per chiunque, ma ancor più per la protagonista che, suo malgrado, scopre di essere vittima di una maledizione che coinvolge tutte le donne della sua famiglia e che la porta a trasformarsi in un enorme, puccioso, panda rosso. Red è l’ennesima follia animata made in Pixar, ennesimo coming-of-age che dietro una messa in scena dai toni fantastici e a tratti simpaticamente grotteschi si tinge di sfumature più intense e profonde sul crescere e sui legami tra genitori e figli, con la cultura cinese sfruttata in maniera intelligente e rispettosa nell’anima ludica del racconto.