Negli ultimi mesi mi sono trovata spesso a riflettere sul rapporto tra The Callisto Protocol e Dead Space Remake. Parliamo di due titoli che sulla carta sono uno la promanazione dell’altra eppure, nella loro assoluta simbiosi, i giochi in questione partono da presupposti diametralmente opposti così come totalmente opposta è la loro genesi. E la questione mi corrode dentro perché per quanto possa amare tutto ciò che Dead Space è stato ed è ancora per il genere horror (vi prego non chiamatelo survival perché è una definizione con cui non riesco proprio ad andare d’accordo), ho serie difficoltà a dare un senso a questa operazione. Chiariamo, un senso che vada oltre la mera adulazione del dio denaro. Ma andiamo con ordine.
The Callisto Protocol VS Dead Space Remake: Twinkle Twinkle little star
Quando ho visto per la prima volta il trailer di lancio di The Callisto Protocol un brivido mi è corso lungo la schiena. Non ero mai stata fai dei lavori che Glen Schofield aveva portato a termine dopo la brusca dipartita dalla ormai defunta Visceral Games. Non che non si trattasse di giochi di fascia alta, semplicemente tutto quello che di innovativo Glen era riuscito a dare al videogioco si era fermato lì, con Dead Space. Cambiando lo spazio di manovra era cambiato anche il tipo di coinvolgimento che da emotivo e viscerale (passatemi il gioco di parole) era diventato “normale”. Potete quindi immaginare la mia gioia quando le immagini di Callisto invasero il web e apparve chiaro fin da subito che Glen era tornato. Un sorta di rig inquadrato di sfuggita, una gigantesca creatura mutaforma, fluidi corporei come se piovesse e un’ambientazione claustrofobica: tutti gli elementi preferiti di Schofield erano proprio davanti ai nostri occhi. Pur di tornare a fare ciò che amava, l’unico uomo più ossessionato da Event Horizon di me, aveva fondato un nuovo studio, Strike Distance, assieme a un manipolo di fidati collaboratori. Nei mesi successivi all’annuncio nessuno ha mai nascosto che The Callisto Protocol fosse in realtà l’unico vero seguito spirituale di Dead Space.
Attenzione, non un emulo di Dead Space ma un suo discendente. Un gioco che deruba dal suo antenato tutte le intuizioni e le soluzioni di ingegneria del terrore e le amplifica in modo esponenziale attraverso delle migliorie che lo trasformano in qualcosa di diverso. Un più variegato studio degli ambienti, un’illuminazione che ora può fare affidamento su tecnologie di ben altra potenza, una trama e dei dialoghi più approfonditi che non sfruttano l’espediente ormai obsoleto degli audio e video log… queste sono solo alcune delle caratteristiche che The Callisto Protocol ci ha mostrato in questi mesi. “Perché non dovrei prendere quello che di buono io stesso ho fatto con un mio gioco?” Ha più volte ribadito lo stesso Schofield che, tra un’intervista e un’altra, ha sempre dichiarato che l’unico vero intento di Callisto è creare l’esperienza horror definitiva, così come era stato già all’epoca per Dead Space. Un mostro (in senso buono) figlio di almeno 3 genitori diversi: la sua esperienza con lo sviluppo di Dead Space (quello originale), la sua profonda conoscenza del genere, e i grandissimi passi in avanti fatti dalla tecnologia.
The Callisto Protocol VS Dead Space Remake: torneremo ad essere Uno
Ma lasciamo un secondo da parte i grandi propositi di Schofield e passiamo a ragionare del nostro secondo contendente, il remake di Dead Space. Annunciato solo 6 mesi dopo, il progetto di Electronic Arts nasce affidato alla Motive di Jade Raymond e vuole tentare di riprodurre l’incredibile successo di un’altro remake, quello di Resident Evil 2. La scelta di fare un remake invece di un semplice lifting da remastered è giustificata dal fatto che molte componenti del gioco sono state ripensate e ri-progettate. Al di là del prevedibile miglioramento grafico, con nemici che si smembrano con più realismo e una gestione dei punti luce che fa affidamento sul ray tracing c’è da dire che Motive ha lavorato alla ricostruzione da zero della USG Ishimura con l’obiettivo di poter ottenere il meglio, in termini di terrore, dal concept originario. All’epoca, infatti, i pochi soldi e le tecnologie dell’epoca avevano posto non poche sfide al team di sviluppo e a Schofield stesso, che non si è mai nascosto dal raccontare le mille soluzioni caserecce che avevano dovuto escogitare per poter ottenere i risultati desiderati. Ecco eliminate tutto questo e otterrete quello che EA si sta proponendo di fare oggi, cioè rifare (meglio) un gioco senza il suo autore.
The Callisto Protocol VS Dead Space Remake: a ognuno il suo
Ora, solitamente non sono una a cui piace semplificare le cose perché la verità è che non è mai tutto bianco o nero; di solito è nelle sfumature che si nasconde la verità. Ma questa volta mi sento abbastanza confident nel dire che fare un confronto tra i due progetti equivale a fare il confronto tra un gioco con un obiettivo ludico, una personalità e soprattutto un autore, e un prodotto commerciale nato dall’esigenza di seguire una moda per cercare di racimolare qualche soldo in più facendo leva sull’amore dei giocatori per un titolo che, diciamola tutta, si gioca magnificamente così com’è. Un gioco che non necessitava assolutamente di un remake perché, come ho detto a più riprese, è invecchiato benissimo (se 10 anni bastano per dire che un gioco invecchi) e che, soprattutto, oggi funziona egregiamente, proprio come il giorno in cui è uscito. Non voglio fare qui una polemica sull’immarcescibile trend del riciclo infinito che i poveri giocatori stanno subendo ormai da svariati anni, né tanto meno voglio discutere della malcelata carenza di idee, o direi piuttosto carenza di coraggio nel voler sostenere economicamente quelle nuove idee, perché questo è materiale per un altro editoriale, ci tengo però a farvi riflettere sul fatto che forse un paragone tra queste due opere è una cosa che semplicemente non andrebbe fatta perché vorrebbe dire che per noi le due operazioni hanno lo stesso valore e allora avrebbero vinto loro, quelli che credono che siamo disposti a giocarci sempre la stessa roba che, per quanto bellissima, per quanto tirata a lucido, rimane comunque, sempre la stessa roba. A voi sta bene? A me, non tanto.