Per oltre 20 anni, il franchise dei Pokémon ci ha mostrato Pikachu come un mostriciattolo amabile e vivace: la sua simpatia lo ha reso il beniamino di grandi e piccini ed era difficile immaginarlo al di fuori del suo contesto originario. Dopodiché, nel bel mezzo dell’importante transizione della serie principale da Nintendo 3DS a Switch, l’inaspettato Detective Pikachu rappresentò una vera e propria boccata d’aria fresca e fece da precursore, nonché base narrativa, per l’omonimo lungometraggio che sarebbe uscito nelle sale qualche anno più tardi, offrendo ai giocatori una curiosa quanto lineare avventura grafica che stravolgeva in parte i presupposti della serie. Il progetto risaliva al 2013 quando, grazie alla rivelazione di un’app per il riconoscimento facciale, venne annunciato che Pikachu avrebbe avuto un videogioco completamente dedicato a lui, peraltro di tipo investigativo. Quello che per molti fu una semplice curiosità tecnologica divenne infine Detective Pikachu, un gioco in cui Pikachu rivestiva davvero un ruolo da protagonista e nel quale si trovava ad esprimersi con un’umanità fino ad allora sconosciuta. La Creatures Inc., nota principalmente per aver sviluppato il gioco di carte collezionabili dei Pokémon, si affidò all’estro di Naoki Miyashita e la produzione di Hiroyuki Jinnai per realizzare il loro progetto software più ambizioso e oggi, sotto la guida di Yasunori Yanagisawa, tenta di espandere quella che all’epoca venne considerata una divertente, per quanto poco approfondita, variazione sul tema. Il titolo, in sostanza, era un racconto investigativo reminiscente dei tradizionali punta e clicca, incentrato su conversazione, ricerca di oggetti e soluzione di enigmi, ed il qui presente sequel inizia due anni dopo la conclusione del predecessore tentando di ampliarne portata e meccaniche.
Detective Pikachu Il Ritorno: si direbbe un taglio netto
Anzitutto, credo sia doveroso spendere qualche parola sul modo in cui il team di sviluppo è riuscito a piegare le regole degli altri due proprietari del brand, ossia Nintendo e Game Freak. La struttura Detective Pikachu è piuttosto semplice, tuttavia lo stile con cui ritrae un mondo in cui umani e Pokémon coesistono naturalmente è addirittura migliore di quello integrato nei capitoli principali. Si tratta di una rappresentazione molto affascinante e variegata, a partire dalle brevi introduzioni che presentano con diligenza e stringatezza i diversi mostriciattoli che incontreremo durante la storia, da un Ludicolo che lavora come cameriere a un Raboot che pratica attività sportiva con i bambini del posto, e via di questo passo. Inoltre, avendo al nostro fianco un Pikachu in grado di comunicare con i suoi simili, scopriremo di continuo interessanti osservazioni su come ogni mostro vede e interagisce con l’ambientazione di cui fa parte, e quando dico ogni mostro intendo proprio tutti quelli con cui possiamo interloquire, il che fornisce spesso dei punti di vista inediti e spassosi. Anche se ci sono Pokémon che hanno un ruolo più importante di altri, Detective Pikachu riesce a darci un assaggio molto organico e coeso del suo mondo, un aspetto che si rivela il punto di forza più cospicuo dell’intera opera poiché quest’ultima è profondamente radicata nella sua narrazione, e ogni minimo dettaglio è in grado di aggiungere qualcosa all’esperienza complessiva. Se siete fan di lunga data dei Pokémon, vi sorprenderete con un sorriso stampato in volto nel contemplare i rapporti che legano Pokémon ed esseri umani, un po’ come il senso di meraviglia che ci sorprendeva quando ammiravamo i primi immersi nei loro habitat naturali in Pokémon Snap.
Per il resto, la componente ludica non è esattamente innovativa, soprattutto se proveniamo dalla generazione DS e 3DS che è stata caratterizzata da innumerevoli produzioni a sfondo investigativo. L’avventura è suddivisa in un certo numero di capitoli, la cui durata in genere non supera mai le 2 ore, durante i quali seguiremo sempre la medesima formula: ci viene presentata una situazione, iniziamo a cercare indizi esplorando lo scenario e parlando con persone e Pokémon presenti, entriamo in una nuova fase in cui dobbiamo unire i puntini dell’indagine attraverso i promemoria annotati sul taccuino e, una volta svelato l’arcano e completata una sequenza grazie alla quale metteremo in fila tutti i pezzi, succede qualcos’altro e tutto si ripete di nuovo. Rispetto al passato, questa volta siamo in grado di sfruttare i poteri specifici di determinate creature che, grazie alla mediazione di Pikachu, ci consentiranno di oltrepassare ostacoli o rinvenire indizi che non avremmo mai potuto cogliere con le sole forze di Tim, già protagonista del predecessore, che torna ad indagare sulla misteriosa scomparsa del padre dopo essersi costruito una discreta reputazione come detective a Ryme City.
La chimica fra Tim e Pikachu è un altro aspetto positivo del gioco, e le scintille che scoccano tra la personalità ingenuotta ma sagace del primo e il goffo contegno da burbero investigatore navigato del secondo, peraltro sottolineato magistralmente dall’interpretazione dei suoi doppiatori (Koichi Yamadera nella versione giapponese, Will Arnett in quella inglese), costituiscono la parte migliore dei dialoghi. Gli interrogatori funzionano secondo una duplice procedura: Pikachu si occupa di porre domande ai Pokémon e Tim agli umani. Per quanto riguarda gli enigmi, non dovremo mai spremere più di tanto le meningi perché i vari scenari sono composti da pochissime schermate e le piste da seguire sono evidenti, ma se non altro avremo modo di cimentarci con qualche manciata di incarichi secondari, il cui esito viene menzionato man mano che portiamo avanti la storia, la suddetta interazione con le capacità speciali di alcuni Pokémon e l’occasionale quick time event che metterà alla prova i nostri riflessi, obbligandoci a schiacciare il tasto A al momento giusto. Ve l’avevo anticipato, no? Nulla di trascendentale.
Un bravo detective si sveglia di buon’ora
Di tutti gli sviluppatori che si sono cimentati con i Pokémon, Creatures è quello più legato alla celebre serie animata. Parte del suo staff ha avuto contatti diretti con le persone che hanno scritto per anni le avventure di Ash e Pikachu e in qualche modo è riuscito a maturare una certa esperienza nel comporre storie legate a questo universo. Conseguenza di tale perizia è una trama di fondo gradevole anche se estremamente basilare, con un target orientato verso un pubblico molto giovane che, in teoria, come unica avventura di questo tipo dovrebbe aver giocato soltanto al suo antesignano, dato che il filo conduttore principale risulta lampante fin dalle primissime battute ad un occhio un po’ più smaliziato. Ad ogni modo, il ritmo delle vicende è ben costruito e procede con un apprezzabile crescendo fino in fondo, dove com’è ovvio troveremo più interrogativi che risposte ma, a prescindere dalla trama lineare a metà tra una visual novel e un’avventura senza bivi narrativi firmata Telltale Games, il rapporto tra Tim e Pikachu è il reale presupposto che traina gli eventi e dà origine ai momenti più simpatici e memorabili, persino quando la tensione diventa palpabile. La difficoltà complessiva, insomma, è tutt’altro che elevata, e anche quando siamo impegnati a cercare indizi veniamo condotti per mano dalle conversazioni che evidenziano i passaggi più importanti e dalle alternative proposte per la risoluzione dei casi, che spesso presentano la scelta giusta accompagnata da altre talmente fuori luogo che chiunque sarebbe in grado di escludere, pure senza aver assistito al resto della storia. Non ci sono penalità se non riusciamo a risolvere enigmi, deduzioni o eventi brevi, il che rende il gioco accessibile privandolo però di qualsivoglia sentore di sfida. È vero che nei casi vicini alla fine le cose si fanno un po’ più contorte ma, benché di tanto in tanto un rompicapo metta a dura prova la nostra memoria, fareste bene a non aspettarvi nulla di chissà quanto complesso.
Potrei soffermarmi ulteriormente sulla semplicità degli scenari, le cui ridotte dimensioni ci costringono ad estenuanti andirivieni tra le medesime schermate, oppure sull’inspiegabile assenza di supporto del touch screen, che avrebbe reso la fruizione di Detective Pikachu Il Ritorno in modalità portatile di gran lunga più piacevole, ma il vero elefante in mezzo alla stanza è il comparto grafico che, in un annus mirabilis nel corso del quale si sono avvicendati titoli del calibro di Metroid Prime Remastered, Fire Emblem Engage, The Legend of Zelda Tears of the Kingdom e Pikmin 4, non riesce a rendere concreta giustizia al lavoro svolto su musiche, che hanno deliziato le mie orecchie con uno splendido connubio tra jazz e blues degno dei migliori film noir, sceneggiatura e caratterizzazione dei personaggi. Per carità, non siamo ai livelli del mediocre motore grafico di Pokémon Scarlatto e Violetto, che tuttavia deve gestire un intero open world piuttosto che poche scene fisse alla volta, ma texture e modelli poligonali sembrano estrapolati direttamente da un gioco per Wii o 3DS a causa dell’essenzialità e della piattezza che li contraddistinguono. Se non altro, la palette di colori vivaci riesce ad infondere un po’ di necessaria personalità sia agli esseri umani che ai mostriciattoli che popolano Ryme City e i suoi dintorni, mentre le aree esplorabili sono decisamente più spaziose grazie alla maggiore potenza hardware disponibile, anche se tale aspetto di solito si traduce in un backtracking eccessivo e fastidioso.
Piattaforme: Nintendo Switch
Sviluppatore: Creatures
Publisher: Nintendo
Nel preservare buona parte delle caratteristiche peculiari del primo episodio, Detective Pikachu Il Ritorno introduce alcune nuove, interessanti meccaniche senza però approfondirle a dovere, con il risultato che il prodotto finito è quasi più interessante da seguire passivamente che da provare con il pad alla mano. Il profilo tecnico assai poco appagante viene comunque sorretto da un’intelaiatura narrativa di tutto rispetto, che porta avanti la bizzarra amicizia tra Tim e il suo Pikachu parlante con il cappello di tweed e una passione smodata per il caffè, dunque se avete gradito l’esordio di questo eclettico duo ritroverete le stesse dinamiche nel seguito, che vi garantiranno una quindicina d’ore di misfatti, indagini e divertimento.
