Sono passati quasi sette anni da quel marzo 2017, mese in cui un primo progetto ideato dal team di sviluppo canadese Parabole, usciva finalmente dall’early access. Fu dunque reso disponibile Kona, un’avventura con visuale in prima persona particolare e suggestiva, che poneva le fondamenta di una narrazione che si sarebbe snodata per quattro capitoli in totale. Il progetto “Kona”, infatti, nasce come una quadrilogia, arrivata ora alla sua seconda iterazione. Oggi, 18 ottobre, infatti diventa disponibile Kona II Brume, sequel diretto del survival realizzato dal team di sviluppo indie Parabole e pubblicato da Ravenscourt, che noi abbiamo attentamente testato su PlayStation 5.
Il Kona del 2017 uscì in sordina, senza farsi notare troppo. Forse perché non riusciva ad eccellere in nessun campo: non sbalordiva di certo dal punto di vista tecnico e grafico; il gameplay risultava il più delle volte “traballante” e tedioso; mentre la trama, sebbene le sue premesse potevano incuriosire, culminava in un crescendo di colpi di scena che sembravano campati per aria, a causa della loro componente sovrannaturale che cercava di farsi spazio in un mondo che poteva esistere benissimo senza di essa. Tutto ciò, si è infine tradotto in una tiepida accoglienza da parte di stampa e pubblico.
Kona II Brume: un tuffo nel passato
Ho recuperato il primo capitolo a tempo debito e, nonostante i suoi numerosi difetti, in parte mi sento in dovere di difenderne la sua identità. Può non piacere ai più e, anzi, a tratti potrebbe addirittura stufare a causa del suo continuo backtracking e della necessità di esplorare tutto nei minimi dettagli (e intendo tutto, fino a raggiungere anche il più remoto antro della mappa). La cura nella resa delle ambientazioni, tuttavia, riesce a colmare quasi la totalità dei difetti elencati. Viaggiare in macchina per chilometri tra le distese innevate del Québec degli anni Settanta, a bordo del nostro iconico pick-up Chevrolet, è una sensazione impagabile. Accendete anche la radio se volete, e vi godrete una discreta avventura “on the road”, in cui la sopravvivenza dalla rigidità del clima canadese e l’elemento investigativo la fanno da padrona.
Per poter iniziare a parlare di questo sequel, uscito in punta di piedi quasi quanto l’episodio del 2017, è necessario fare una doverosa premessa e dare un consiglio ai nostri lettori. Provate a mettere le mani sul primo gioco della serie. Sarà cosa buona e giusta da fare se vorrete avere un’infarinatura generale nei riguardi della storia, così da mantenere una continuità narrativa. Giocare Kona vi porrà nelle condizioni di abituarvi anche alle meccaniche di gameplay, di cui una buona parte verrà mantenuta anche in Kona II Brume. Questo primo episodio si apriva con Carl Faubert, ex veterano, ora detective privato per coniugi sospettosi del proprio partner, che riceve una chiamata fuori dall’ordinario. Il magnate William Hamilton richiede le abilità di Faubert per poter trovare dei vandali che hanno rovinato le sue proprietà e gli dà appuntamento nella regione di Manastan, nel Québec settentrionale. Superato un incidente in auto e attraversata un’insolita bufera di neve, il detective riesce a giungere al luogo dell’incontro, ma solo per scoprire che il suo committente è stato brutalmente assassinato.
Questo macabro avvenimento, unitamente a diversi misteri e creature spaventose che si celano in quest’area, sono solo alcuni dei punti che andranno ad essere sviluppati dalla narrativa. Chi è stato ad uccidere Hamilton? Qual è il movente dell’assassino? E in quale parte di questa tundra abbandonata si nasconde? Una moltitudine di dubbi che vi lascerò scoprire da voi. Sappiate solo che niente è come sembra. Kona II Brume comincia dall’esatto momento in cui si è interrotto il capitolo precedente. Con la testa ancora piena di domande e perplessità sul luogo, il detective Carl Faubert deve investigare su una strana nebbia che si staglia su tutta la regione di Manastan e che pare dia degli effetti particolari a coloro che vi si trovano all’interno. Attraverso circa sei o sette ore di esplorazione, il protagonista dovrà cercare di far venire tutti i nodi al pettine e di sventare questa minaccia climatica, che pare sia direttamente correlata al caso di assassinio di William Hamilton del primo gioco.
Il Québec indossa una nuova veste
Sebbene sussistano diverse analogie tra il primo capitolo e Kona II Brume, affermiamo con soddisfazione che questo sequel presenta quasi tutte le caratteristiche del suo predecessore e le eleva ad un livello qualitativo decisamente superiore. La mappa, innanzitutto, è sicuramente ciò che è stata ripensata maggiormente. Il sistema di esplorazione è stato completamente stravolto rispetto al primo (e meno male, aggiungo). Nel titolo del 2017 la mappa era una e una sola e il mondo di gioco veniva trattato come un open-world, anche se di fatto non lo era. Si tratta di un espediente simile a quello della mappa aperta. Capitava, però, che attraversando i diversi confini che delimitavano luoghi ben distinti, il software si congelava letteralmente a causa di caricamenti di 10-15 secondi tra un’area della mappa e un’altra. Un evento che se all’inizio faceva preoccupare il giocatore perché poteva pensare ad una corruzione del sistema, diventava presto solamente una grande perdita di tempo e l’ennesima scusa per abbandonare il titolo prima del tempo. A causa della presenza di un’unica mappa piuttosto estesa, inoltre, al giocatore veniva richiesto di esplorare casa dopo casa, grotta dopo grotta in cerca di chiavi, attrezzature, armi, documenti e qualsiasi altro strumento utile che potesse aprire le porte all’avanzamento della trama o a luoghi già conosciuti, precedentemente inaccessibili. Si tratta di un fattore che costringeva il giocatore a tornare sui suoi passi a più riprese, per poter recuperare un oggetto sfuggito a quelli che dovevano essere degli occhi d’aquila, che potessero localizzare anche il più piccolo spillo. Ah, e niente viaggio veloce: si saliva sulla Chevrolet e si rifaceva tutta la strada, ancora e ancora.
Nel suo sequel, invece, l’opera di Parabole riesce a trasformare il mondo di gioco in un insieme di più open-map, affrontabili una alla volta e che, una volta esplorate nella loro completezza, non andranno mai più riaffrontate. Questo elimina la componente tediosa e confusionaria del backtracking e invoglia il giocatore ad esplorare con minuzia e precisione le grandi distese innevate che caratterizzano la stragrande maggioranza delle ambientazioni, soprattutto grazie ad un miglioramento dell’evidenziazione degli oggetti d’interesse, tramite apposita vibrazione del DualSense di PlayStation 5. Mappe aperte costituite perlopiù dalla tundra ghiacciata e qualche baita qua e là si alternano a mappe al chiuso, che si rifanno ad edifici labirintici, pieni di enigmi da risolvere ed indagini da porre in atto.
Il titolo, in termini di design e di stile grafico, riesce ad essere apprezzabile in più occasioni. L’attenzione riposta nel dettaglio degli interni è maniacale ed è il risultato di anni di sviluppo dedicati a conferire un’unicità dei luoghi che molti titoli possono solo invidiargli, primo fra tutti un più che anonimo Redfall. La villa degli Hamilton, ad esempio, è un vero e proprio labirinto che si staglia su quattro piani circa, includendo anche scantinato e soffitta, oltre agli esterni. Il giocatore dovrà esplorare ogni stanza (tutte le stanze sono differenti, ben caratterizzate e altamente suggestive) per poter avere accesso a chiavi ed informazioni che possano aprirgli la strada verso nuove aree del maniero, impenetrabili ad una prima esplorazione. Ogni informazione ottenuta verrà catalogata dal Carl nel suo amatissimo diario e nella mappa in dotazione (anche se continuo a chiedermi il motivo per cui non tutte le porte chiuse a chiave vengono segnalate sulla mappa) e, oltre a ciò, ai suoi pensieri verrà dato colore da un narratore esterno che, con un pizzico di ironia, potrà rendere le idee più chiare sulla trama a chi tiene fra le mani il pad.
Kona II Brume: non tutto fila liscio per il nostro detective
La vera criticità che Kona II Brume dimostra, purtroppo, lungo tutta la durata dell’esperienza, è di natura meramente tecnica. Il gioco è tempestato di bug che talvolta eliminano intere sezioni del diario, impossibilitando il giocatore a capire come risolvere uno specifico enigma. Per citarne uno particolarmente eclatante, mi è capitato di dover essere nelle condizioni di trovare la soluzione di un anagramma, le cui lettere, purtroppo, erano visibili solamente in una pagina del diario che, ahimè, non possedevo più a causa di un errore del software! Provando a ricaricare i salvataggi più e più volte, infine, sono riuscito a venire a capo della situazione e a ritrovare la pagina smarrita. E questo è solo uno dei dieci esempi che potrei portarvi. Tralasciamo anche i muri invisibili che impediscono il prosieguo dell’avventura invalidando i salvataggi, così come risorse fondamentali che non possono essere raccolte a causa della mancanza degli appositi prompt. Sebbene si tratti di bug ed errori piuttosto gravi, che fanno davvero venire voglia di abbandonare l’avventura a metà dell’opera, esiste sempre la speranza che gli sviluppatori se ne accorgano e che possano sistemare tutte queste criticità in men che non si dica, magari con una patch al day-one possibilmente.
Parlando sempre delle sezioni al chiuso, queste sono condite con una moltitudine di puzzle ed enigmi da risolvere. Questi possono vertere, come già accennato, sulla risoluzione di anagrammi, sulla riconnessione di circuiti per far ripartire il sistema elettrico di un edificio o, ancora, disattivare particolari meccanismi tramite delle soluzioni creative, che in un certo senso, mi hanno riportato con la mente alle prime iterazioni della leggendaria saga di Resident Evil. Gli enigmi sono piuttosto semplici da risolvere, anche se risultano sempre un po’ troppo lunghi, soprattutto a causa del fatto che richiedono di fare avanti e indietro una miriade di volte, instaurando nel giocatore la fastidiosa sensazione che gli sviluppatori vogliano arrivare ad un monte ore “accettabile” dalla community di videogiocatori. Detto questo, il gioco poteva tranquillamente durare un paio di ore in meno, così da snellire procedimenti seccanti e far concentrare maggiormente il giocatore sulla trama vera e propria.
Trekking amatoriale nella tundra canadese
La musica cambia, fortunatamente, quando ci si approccia alle mappe ambientate all’aria aperta. Le distese di ghiaccio all’inizio potranno annoiare a causa delle grandi distanze da percorrere. Anche perché il giocatore dovrà costantemente tenere sott’occhio l’indicatore di assideramento. Carl, infatti, non potrà stare per troppo tempo al freddo e al gelo senza ripercussioni sulla sua salute. Noteremo, infatti, una diminuzione della stamina e una visuale meno chiara, già limitata sul lungo raggio dall’incessante bufera. La vera svolta arriva quando Faubert otterrà un nuovissimo mezzo di trasporto (ossequi, cara e vecchia Chevrolet), con una manovrabilità discutibile ma che garantirà il tanto bramato viaggio rapido.
Nella maggioranza dei casi, le mappe aperte porteranno il giocatore a raccogliere vari strumenti da impiegare nel risolvere i misteri ma, soprattutto, questi si potrà imbattere in diverse tipologie di armi. Dai revolver alle carabine, fino ad arrivare ai fucili da caccia. Queste verranno utilizzate da Carl per difendersi dalla fauna selvaggia del Québec settentrionale, abitata da alci, lupi e orsi bruni pronti a scagliarsi sul primo essere vivente in movimento. Onestamente, ho trovato il sistema di mira un po’ precario e, nonostante contro le alci e gli orsi utilizzare il fucile rappresentava la possibilità migliore per la mia sopravvivenza, tendevo ad optare per l’ascia o l’accetta quando mi scontravo con i branchi di lupi. Nell’affrontare questi nemici, il giocatore non percepirà mai la sensazione di pericolo: vuoi per il quantitativo minimo di vita che viene portata via a Carl a ciascun morso o graffio, vuoi per l’abnorme mole di kit di primo soccorso che si trovano in giro per il mondo di gioco. Quest’ultimo fattore si rivela assolutamente di vitale importanza, dal momento in cui è stata eliminata la capacità limitata dell’inventario. Nel titolo del 2017, bisognava stare profondamente attenti alla quantità di armi e attrezzature che si desiderava portarsi dietro. Con Kona II Brume, questo problema è soltanto un lontano ricordo.
L’atmosfera è resa in modo magistrale e non solo grazie alla cura delle ambientazioni di cui ho parlato poc’anzi. La musica è stata una componente di vitale importanza, senza la quale l’immersività nel mondo cruento e crudele di Manastan non sarebbe stata la stessa. Il dinamismo della soundtrack rende molti momenti di gioco memorabili, alternano una musica ambientale ad un più marcato ed inquietante motivo che è stato utilizzato nei momenti ad alto carico tensivo. Il doppiaggio è stato ben reso, con la voce inglese ed ironica del narratore che segue con attenzione le vicende di Carl Faubert. Tutti gli NPC incontrati, invece, sono stati doppiati esclusivamente in francese. Una scelta che, sebbene potrebbe far storcere il naso ai più, risulta propriamente contestualizzata, dato che il francese risulta essere l’unica lingua ufficialmente riconosciuta della regione canadese.
Piattaforme: PlayStation 5, PlayStation 4, Xbox Series X/S, Xbox One, PC, Switch
Sviluppatore: Parabole
Publisher: Ravenscourt
Kona II Brume è stata un’avventura che, al netto di bug e qualche rigidità di gameplay, si è rivelata al di sopra delle aspettative, soprattutto se raffrontata all’opera prima di Parabole. Lo studio canadese, infatti, è riuscito a miscelare un’ambientazione suggestiva ad una trama che, nonostante la componente sovrannaturale, è fortunatamente riuscita a superare ciò che è stato fatto nel 2017 con il primo capitolo. C’è tanto lavoro ancora da fare , in particolare riferibile alla gestione delle mappe al chiuso, come la villa e la miniera. Tuttavia, dato il grande balzo qualitativo che c’è stato, sia a livello narrativo che tecnico, non vediamo l’ora di vedere cosa riusciranno a creare i ragazzi di Parabole con un terzo probabile episodio.
