Quando, nell’autunno di qualche anno fa, parlando con gli amici, sentenziai la superiorità in termini di puro gameplay di Fifa 08 su Pro Evolution Soccer 2008, qualcuno mi diede del matto. A distanza di 11 anni, è probabile che il giudizio possa ripetersi. E chissà se la storia mi darà ragione ancora una volta. Pur impossibilitati ad un confronto diretto con il rivale di sempre, per quello bisognerà attendere ancora qualche settimana, Pro Evolution Soccer 2019 è, a detta di chi scrive, la migliore simulazione calcistica attualmente disponibile sul mercato, per quanto non la più completa. Un regno che potrebbe durare poco, è vero. Quel che conta, in questa sede, è celebrare il vero ritorno della serie nata dal talento e dalla passione di Shingo “Seabass” Takatsuka nel campionato dei grandi, dopo anni di esagerato oblio. Si tratta, però, di una soddisfazione solo parziale. Se è vero, il come lo scopriremo più avanti, che la saga giapponese è in splendida forma negli aspetti puramente ludici e simulativi, è altrettanto vero che il gap dal rivale canadese si amplia, proprio con questa edizione, sotto gli aspetti contenutistici. Quanto il “contorno” – in termini di licenze, maglie, loghi e competizioni – possa essere importante per l’utente è davvero impossibile dirlo, per tutta una serie di questioni che affronteremo più avanti. Per ora, appuntatevelo: PES 2019 è un gran gioco di calcio. Per qualcuno, il migliore di sempre. Per altri, sicuramente no.
Bianco e Nero
La dicotomia produttiva che caratterizza PES 2019 può essere figurata, curiosamente, nei colori sociali della Juventus. Quella vera, mica quella del gioco. PM Black White, la prima squadra di Torino, è l’emblema dell’incapacità di Konami di essere, oggi, madre di un gioco realmente moderno nei confronti di un mercato spietato, popolato da giocatori coccolati, prima ancora che da raffinate soluzioni ludiche, dalla esasperata ricerca di “realismo”. È importante chiarire come questa ricerca non sia confinata, nel sotto settore delle simulazioni sportive, alla fisica del pallone, al ritmo e alle dinamiche di una partita, ma debba essere inquadrata, piuttosto, in quel contorno creato dal fenomeno calcio. I giocatori sono superstar, i campionati nazionali eventi da prima serata. La Champion’s League un grand gala a cadenza quindicinale da vivere in smoking. E allora, dispiace dirlo, ma l’offerta proposta da Konami è anacronistica. Lo è nei confronti del rivale Fifa, lo è rispetto a qualsiasi produzione moderna e, quindi, rispetto ai gusti del meno esigente dei videogiocatori. Proprio la perdita della Champions rappresenta l’ultima goccia fuoriuscita da un vaso ormai da tempo non più traboccante. Sotto licenza, Pes può vantare la Superliga Danese, la Liga NOS Portoghese, la Pro League Belga, la Super League Svizzera, la Ladbrokes Premiership Scozzese, la Superliga Argentina e la Premier Liga Russa, questa in esclusiva. Tutto il resto, invece, è ancorato ai rapporti di partnership con i singoli club. La Serie A, per Konami l’anonimo Campionato Italiano, è comunque ben rappresentato, per quanto la Juventus, come anticipato, sia nascosta da un nome improponibile e da fantasiose maglie poco ispirate. La situazione peggiora nelle altre leghe. Niente Premier League, niente Bundesliga. Sì, c’è l’Arsenal, ma le due squadre di Manchester, pure loro, vengono sepolte da loghi, maglie e persino nomi di fantasia. È andata peggio, per dire, al Bayern Monaco, completamente scomparso dall’universo calcistico del team giapponese. Insomma, si fa prima a dire quello che c’è, che elencare, piuttosto, le pesanti assenze. Ed è questo, per farla breve, il lato oscuro di Pro Evolution Soccer 2019. Un lato che, semplicemente, per molti appassionati sarà intollerabile, ed il gioco neppure acquistabile. Ed è una cosa che, eventualmente, non ci sentiremmo certo di criticare. Peccato, però.
C’è un altro lato, però, di Pro Evolution Soccer 2019 capace, al contrario, di innalzare l’intera produzione verso vette inesplorate di ludogodimento applicato alla simulazione. Come già sviscerato nella prima parte di questa lunga recensione, l’altra faccia del titolo è tutta in quello che si registra sul campo di gioco, quando le squadre, vere o camuffate che siano, escono dagli spogliatoi e, dopo il fischio dell’arbitro, danno inizio alle danze. PES 2019, chiariamo, è un gioco lento, per certi versi lentissimo. Si tratta, però, di una “lentezza” relativa. E non perché modificabile dal menu opzioni, anzi. Piuttosto, perché evidentemente studiata e applicata con la mission di avvicinare, per quanto possibile, il ritmo del videogioco a quello di una partita reale. Le tempistiche e le dinamiche, il numero di passaggi necessari per arrivare in porta, il modo in cui arrivarci. Non sembra azzardato postulare che per apprezzare fino in fondo il gameplay Konami sia necessario conoscere davvero il calcio, le sue regole scritte e non scritte, le sue particolari strategie e i tempi dilatati. Si tratta di aspetti che, negli ultimi anni Pro Evolution Soccer, la serie, sembrava aver trascurato, preferendo un approccio più arcade e, quindi, rinunciando alla sfida frontale con il rivale made in EA. Lo scorso anno, le basi gettate hanno costituito le fondamenta su cui si basa il gameplay di questa stagione, sorretto pure, non ci stancheremo di ribadirlo, dalle splendide animazioni. Non è esagerato ritenere che il gameplay e, pure, la risposta ai comandi impartiti siano soggetti ai tempi di ogni singolo movimento, di qualsiasi evoluzione degli atleti. Se ad una prima impressione il risultato può apparire persino goffo, la realtà è che, nella struttura ludica di Pes 2019 non c’è nulla di grossolano. Nessuna animazione viene mai “tagliata”, né “spezzata” per sposare, magari, un comando troppo ozioso. Invece di piegare la struttura al modo di giocare dell’utente, in Pes 2019 è il giocatore a doversi piegare al gameplay. Meglio, alle regole, piuttosto ferree, che regolano la fisica dell’universo virtuale. Quella dei giocatori, più o meno pesanti a seconda della stazza e delle loro caratteristiche, ma anche quella del pallone. Il modo in cui la sfera rotola o rimbalza sull’erba, e dipenderà comunque dalle condizioni climatiche, figura l’evoluzione delle simulazioni calcistiche e degli engine creati allo scopo. Per altro, occorre tenere bene a mente come Pes 2019 sia, in tutto questo, un gioco difficile, poco propenso ad accompagnare per mano l’utente anche settando i comandi automatici. Eppure, è in “manuale” che il gioco offre il meglio di sé, richiedendo massicce dosi di pazienza per padroneggiare le possibilità offerte. Nessun dubbio, inoltre, che l’abilità “pad in mano” debba essere alternata, ai livelli più competitivi, alle capacità tattiche e strategiche. In Pes, qualsiasi modifiche all’atteggiamento del team si ripercuote, in maniera tangibile, sul gioco della squadra stessa, chiamata, quando incapace di imporre il proprio gioco, ad adattarsi a quello dell’avversario di turno.
A Superstar Hero
A meno di inspiegabili catastrofi nelle settimane successive al lancio, Pes 2019 è sorretto da una solida infrastruttura online. L’apertura dei server, avvenuta con il gioco già da qualche ora sugli scaffali, ci ha permesso, finalmente, di analizzare a fondo le modalità legate al multiplayer, ma anche di apprezzare un net code privo di lag o reali problematiche: nessuna, neppure una, disconnessione. Nessun risultato viziato da ritardi o rallentamenti. Tutto scorre fluido e, pure, sostenuto da un matchmaking non sempre rapidissimo, ma comunque accettabile nei tempi. Se nel precedente articolo avevamo parzialmente apprezzato le modalità legate alla componente offline, forse fin troppo conservative, questa volta possiamo lanciarci nella critica delle competizioni legate al multiplayer online. Se il giudizio sulla stabilità dei server è, quindi, più che positivo, anche questa volta dobbiamo rilevare come, rispetto all’edizione 2018, il team abbia preferito limare le modalità classiche. Sfide, Divisioni, Co-Op, Paritta Veloce, Sala D’Attesa e Lobby sono le stesse dello scorso anno, con qualche piccola svecchiata ai menu. Inutile dire, però, che il piatto forte dell’offerta è, ancora una volta, il MyClub, la risposta giapponese al Fifa Ultimate Team. Anche in questo caso, la modalità mescola la mai sopita passione per le “figurine” ad una struttura simile a quella del Fantacalcio per la costruzione della squadra dei sogni. Rispetto a Fut, però, MyClub amplifica gli aspetti gestionali, rivestendo di particolare importanza la figura dell’allenatore e, pure, quella della società. In MyClub, infatti, esistono due tipi di valute, tra le omonime monete ei GP accumulabili un po’ ovunque, da utilizzare nell’acquisto di Osservatori e Agenti. Attraverso queste figure, poi, potremmo “trattare” l’acquisto dei calciatori seguiti. Rispetto alla scorsa edizione, la “crescita” della squadra è scuramente stata accelerata, grazie a trattative più snelle e, in linea generale, a maggiori possibilità di mettere le mani, anche in tempi relativamente brevi, sui top player più ambiti. Anche l’acquisto di nuovi giocatori può essere ottimizzato, sotto l’aspetto dello sviluppo, grazie agli allenamenti o alle sfide giornaliere. Da questo punto di vista, al netto delle solite possibilità di personalizzazione, MyClub si presenta come una sezione quasi a sé stante, dalla longevità praticamente infinita.
Top of the Top
Quel che resta, in sede di giudizio finale, è legato agli aspetti tecnici, ciliegina sulla torta del pacchetto offerto da Konami. Restano davvero pochi dubbi sulla bontà dell’ultima incarnazione del Fox Engine che, superata la vecchia generazione di console, Pes 2019 è una “esclusiva” PC, Xbox One e PS4, ha liberato tutta la sua potenza. Al netto di qualche dubbio emerso sull’effettistica di particolari effetti atmosferici e sulal resa del campo di gioco, tutto il resto a ai vertici della categoria. La modellazione degli atleti, ma anche il “disegno” di stadi e pubblico, contribuiscono, in alcuni momenti, a regalare un’esperienza fotorealistica. Ancora una volta, ripetiamo la bontà del set di animazioni, splendidamente implementate, in termini di puro gameplay, dal First Touch Control e, pure, dal feeling nella risposta dei comandi. Rimangono pure, in sede di critica, alcune perplessità suscitate dall’IA avversaria. Ad una certa ripetitività di fondo delle azioni offensive, già riscontrata nella passata edizione, si aggiunge una fastidiosa tendenza della CPU nell’aggirare le difese attraverso i cross bassi a ridosso dell’area. Si tratta di un difetto sicuramente risolvibile via patch o, per i più impazienti, tramite il menu di tattiche: ai livelli di difficoltà più alti, infatti, è consigliabile abbassare la linea difensiva. Si tratta, ad ogni modo, di difetti che vengono nuclearizzati dalle sfide in multiplayer, locale o, ancor di più, online dove PES 2019, chi l’avrebbe detto, offre una solidità in parte sorprendente.
Non è stato semplice recensire Pro Evolution Soccer, con il voto in fondo che, inevitabilmente, a qualcuno potrebbe apparire esagerato. Eppure, se, da un lato, la simulazione made in Konami si presenta davvero come il miglior gioco di calcio presente sul mercato forte di un gameplay davvero solido, dall’altro è innegabile come il confronto con il rivale di EA sia impietoso nel “contorno”. Detto delle licenze, per quanto il problema sia facilmente aggirabile su PS4 e PC grazie al lavoro di un’attivissima comunity, Pes 2019 è carente, pure, nella presentazione dello “spettacolo” proprio di uno sport diventato, grazie ai contratti milionari delle TV, un vero e proprio “show”. Sotto questi aspetti, le deficienze della produzione sono talmente evidenti che, pur non intaccando le qualità ludiche, possono rappresentare uno scoglio insormontabile per tanti, troppi giocatori che, da una produzione tripla AAA moderna pretendono, pure giustamente, qualcosa di più. Non si tratterebbe, certo, di un reato, anzi. Che peccato, però. Che peccato davvero.