Dark Souls 2 – The Lost Crowns: Crown of the Sunken King – Recensione

Strano a volte il nostro amato e chiassoso universo videoludico… Ogni giorno vi è almeno un evento degno di nota e, fra una marea di immagini nuove di zecca, annunci epocali e conferme minori, vi è sempre spazio per tutta una serie di dichiarazioni più o meno importanti. Tra le tante, mentre attendevo il completamento dell’installazione di Crown of the Sunken King, una in particolare ha iniziato a rimbombare prepotentemente nella mia scatola cranica:“Dark Souls 2 non avrà DLC”. Queste secche parole, pronunciate dal buon Hidetaka Miyazaki, fecero il giro del mondo in un battito di ciglia e accompagnarono quel capolavoro di Dark Souls 2 (qui trovate la nostra esaustiva recensione) sugli scaffali di tutto il globo.

Oggi si può solo sorridere ripensando a quanto accaduto; il titolo griffato From Software, infatti, non solo ha abbracciato con il suo carico di violenza i chiacchieratissimi “contenuti aggiuntivi a pagamento”, ma ne proporrà addirittura tre. Da fine luglio a fine settembre, gli impavidi giocatori che accetteranno queste nuove sfide potranno dunque vestire di nuovo le scintillanti vesti del loro prescelto e, in cambio di 30 € (che divengono 25€ se si opta per un comodo season pass su PS3) avranno l’occasione di avventurarsi di nuovo fra lande ostili, morti atroci, passaggi al limite della frustrazione e momenti scanditi da urla liberatorie e lacrime di gioia. Sì, il mondo dei “giochini elettronici” è davvero strano…

Anche se vi siete consumati i polpastrelli sul gioco principale, questo DLC vi darà filo da torcere.
Anche se vi siete consumati i polpastrelli sul gioco principale, questo DLC vi darà filo da torcere.

“Per me si va ne la città dolente, per me si va ne l’eterno dolore”

Crown of the Sunken King, il primo frammento della trilogia The Lost Crowns, espande in minima parte la fascinosa figura di Vendrick, il vecchio Re di Drangleic divenuto folle per via della soffocante oscurità che ha avvolto l’intero regno. Rispetto al precedente contenuto aggiuntivo, destinato al primo Dark Souls, qui la strada da seguire è indubbiamente più semplice. Dimenticatevi i folli passaggi per accedere ad Artorias of the Abyss. Questa volta nessun Smough e Ornstein va affrontato in modalità New Game +, non si devono muovere astrusi passi prestabiliti e neppure interpellare, nel giusto ordine, una serie di fugaci personaggi. È sufficiente recarsi nella caverna del boss primordiale, il Putrido (sconfiggerlo nel caso fosse ancora in piedi), varcare uno strano portone e lasciarsi semplicemente trasportare in questa nuova epopea all’insegna della gioia e, ovviamente, del dolore.

Continuando a muovere i passi sul soffice e sicuro terreno delle rassicurazioni non posso esimermi dal comunicare sin da ora un’ovvia verità: questa prima espansione, proprio come l’intero titolo, è caratterizzata sì da una maggiore accessibilità, ma la difficoltà generale non è andata incontro ad alcun ridimensionamento. Basta una minima disattenzione e la tanto cara schermata “sei morto” farà capolino nei costosi schermi di chiunque e fra cavalieri corrotti dal veleno, insetti “spacca equipaggiamento”, spettri vari e trappole a dir poco subdole, innumerevoli saranno le anime perse. La sfida in questo primo DLC non manca mai, ma gli sviluppatori nipponici hanno ben pensato di inserire anche tutta una serie di nuove situazioni, utilissime per mettere in crisi anche i giocatori più esperti.

Per cominciare, i primi momenti sono scanditi dalla continua attivazione di particolari interruttori, capaci di far emergere dall’oscurità intere parti di scenario. Queste ultime non solo aprono la strada per la seconda macro area presente in questo Crown of the Sunken King, ma danno accesso anche a una miriade di indispensabili oggetti scintillanti. L’animo esplorativo del titolo acquisisce così un nuovo spessore e, mentre si cerca di evitare l’ennesima freccia avvelenata, scagliata da quel maledetto cavaliere apparentemente irraggiungibile, ci si ritrova a esplorare ogni minimo e angusto anfratto. Il level design si attesta davvero su ottimi livelli: collegamenti “segreti” ai falò attendono solo di esser attivati e anche quando sembrerà di aver smarrito la retta via (e l’osso del ritorno parrà l’unica opzione valida), basterà una freccia e un occhio vigile per aggirare il problema.

Non ci vuole moltissimo ad arrivare in questo luogo... purtroppo la longevità non è il punto forte di Crown of the Sunken King.
Non ci vuole moltissimo ad arrivare in questo luogo… purtroppo la longevità non è il punto forte di Crown of the Sunken King.

Un’ora abbondante di gioco è sufficiente per far propri tali inediti meccanismi ludici ma, proprio sul più bello, la prima espansione di Dark Souls II cambia di nuovo le carte in tavola. Certo, trappole e interruttori vari non svaniscono nel nulla, ma nuovi nemici, dannatamente più coriacei dei precedenti e situazioni al limite, costringono il giocatore a un ulteriore sforzo. La lancetta piccola dell’orologio è giunta al termine del secondo giro e il primo vero grande boss si mostra in tutta la sua sgraziata bellezza. I pugni si stringono quasi a voler distruggere il pad, un rivolo di sudore gelido solca il viso, mentre l’enorme barra dell’energia avversaria giunge finalmente agli sgoccioli. Superato l’immane ostacolo una strana convinzione inizia però a insinuarsi nell’animo: sono passate solo due ore e mezza e la fine sembra molto vicina.

Purtroppo, tale sensazione trova presto conferma e nonostante ci sia un’intera area opzionale da esplorare (dotata tra l’altro di un boss davvero ostico), i più abili non impiegheranno più di quattro ore per sviscerare il tutto. Un vero peccato, anche perché l’ambientazione, con le sue enormi strutture sotterranee, a metà strada fra le opere azteche e quelle tipiche delle “Porte di Pharros”, è in grado di lasciare un segno indelebile sulle pupille di chiunque. Ci sono anche le immancabili nuove armi e armature, tutte da sperimentare, così come gli inediti oggetti consumabili, in grado di modificare lo status del nostro “non morto”, ma il poco tempo necessario per completare questo primo capitolo potrebbe esser per qualcuno un valido (ma anche stupido) motivo per soffocare, sul nascere, la fiamma che brucia nel cuore di ogni avventuriero.