Che gli dèi mi perdonino per quello che ho fatto. A tratti è stato terribile, a tratti magari anche onorevole, ma in fin dei conti ho solo gestito la crisi cercando di sopravvivere. Spesso non c’è gloria nell’essere eroici, soprattutto quando si tratta di scegliere il male minore. Le storie ci raccontano sempre il lato migliore degli eventi, celebrano i vincitori e le conseguenze positive di azioni epocali e memorabili. Ma anche gli atti eroici hanno un costo, e c’è sempre qualcuno che lo paga, sulla pelle, o portandone il peso sulla coscienza. E solo gli dèi, o chi per loro, sono testimoni di questo oscuro regolamento di conti. Gods Will Be Watching ci parla di questo, e lo fa in maniera gelida, algida e austera, catapultandoci in un futuro dai problemi molto attuali, mettendoci nei panni del sergente Burden, un controverso “eroe” interstellare alle prese con una tremenda lotta tra i terroristi Xenolifer e il gargantuesco Impero galattico. In ogni caso, non ci saranno vincitori, ma l’entità della sconfitta è tutta tra le nostre mani.
VECCHIE FORME, NUOVO SGUARDO
Deconstructeam, il team indipendente spagnolo alle spalle di Gods Will Be Watching, ha scelto, quasi per far fede al proprio nome, di smantellare alcune forme consuete del videoludo e piegarle a una logica inquietante e schiacciante: se da un lato l’ambizioso titolo, nato in forma di browser game minimale durante il Ludum Dare 26, è a tutti gli effetti un’avventura grafica vecchio stampo con elementi di puzzle game, il concetto principale del gioco è in realtà la microgestione di risorse materiali e umane durante momenti di crisi. Il micromanagament si regge su un sistema che non lascia spazio agli errori: qualsiasi situazione, dal resistere alle torture alla gestione di ostaggi, passando per la sopravvivenza di un gruppo di persone su un pianeta ostile, può essere influenzata in maniera drastica da ogni minima variabile.
A fare da collante c’è il concetto di empatia: il fattore umano, per quanto il titolo non scada mai nell’emotività becera e resti sempre molto castigato, è quello determinante per venire a capo dell’intricata rete di cause ed effetti che in ogni momento può cambiare le carte in tavola. A corollario di questo gelido macchinario travestito da avventura grafica in pixel art, ci sono gli dèi che ci osservano: ogni azione viene tracciata e alla fine di ogni livello, in una desolante quanto efficace schermata, le nostre gesta si intrecciano con quelle di tutti gli altri Burden del mondo, in una sorta di giudizio universale statistico e sociologico. Il meccanismo mentale che ne scaturisce è estremamente efficace, anche data l’elevatissima difficoltà del gioco, che ben presto fa desiderare la schermata del giudizio in maniera quasi salvifica. Già, perché Gods Will Be Watching non è un gioco per tutti: la macchina del giudizio e delle scelte ideata da Jordi de Paco è un meccanismo infernale, che si regge necessariamente sul “trial and error” e che trascina il giocatore in una spirale di frustrazione e dipendenza sempre al limite del “ragequit”. Eppure, nonostante sia facile etichettare come eccessivamente sbilanciata la sfida offerta dal titolo spagnolo, arrivando alla conclusione dell’avventura tutto assume senso, e anche le scelte formali diventano giustificabilissime e perfettamente integrate all’interno dell’universo di gioco, anche quando sembrano abbastanza discordanti. Non chiedetevi perché un personaggio morto in un capitolo sia vivo in un altro, o non chiedetevi il perché delle linee di dialogo estremamente metareferenziali: resistete e arrivate alla fine dei sei capitoli, e il puzzle prenderà forma.

NO, NON È UN PASSATEMPO
Gods Will Be Watching non è un gioco divertente: è esteticamente affascinante grazie all’espressività magniloquente della sua peculiare pixel art, ha la capacità di rapire grazie a una colonna sonora estremamente adatta, ma non diverte e non vuole farlo. Come esprime candidamente il titolo, ci mette alla prova: pazienza, costanza, capacità di giudizio, resistenza, moralità e lucidità sono tutti aspetti che vengono chiamati in causa e a cui dobbiamo necessariamente dar fondo per sopravvivere all’avventura di Deconstructeam. Ritornando al discorso del prezzo da pagare, fondamentalmente siamo davanti a un delicatissimo sistema di microeconomia, dove la scelta ottima è la risultante di curve estremamente rigide di domanda e offerta. L’efficace cinismo con cui ogni situazione viene presentata collide clamorosamente con gli argomenti di cui si parla costantemente nei lunghi dialoghi del gioco, quali concetto di umanità, terrorismo, politica e sentimenti, e siamo sistematicamente chiamati a bilanciare gli aspetti meccanicistici e organistici dell’esistenza.
Gli dèi che ci guardano ci passano lo scettro, ci rendono, per qualche ora, il loro eletto, scaraventandoci addosso un peso in ogni caso eccessivo. Una sessione di gioco di Gods Will Be Watching è faticosa: imparare a leggere le situazioni richiede tentativi su tentativi (a meno di non decidere di giocare il titolo in modalità semplice, che pure resta una valida idea), oltre che capacità di osservazione e decisionali estremamente alte. All’inizio gli eventi possono sembrare quasi randomici e possono gettare nello scoramento totale, ma aguzzando l’ingegno (e, spesso, la vista) è possibile iniziare a capire il quadro della matrice e anticipare gli eventi, sentendosi finalmente degni messaggeri dei mille occhi oltre le stelle. Tentativo dopo tentativo, infatti, politica, umanità e giustizia diventano concetti sempre più labili e malleabili, e lasciano il posto a utilità, necessità e immediatezza, quasi a suggerirci che, in tempi di crisi, i massimi sistemi scompaiano in favore del minimo comune multiplo dell’esistenza: la sopravvivenza. Una sopravvivenza che richiede necessariamente organizzazione, iterazione, efficacia e tolleranza alla perdita e al sacrifico. Questa trasformazione avviene tutta attraverso il gameplay e, forse, pur rappresentando uno dei meriti più grandi del gioco, ne costituisce anche il punto debole maggiore: se la scrittura “cosmetica” fosse stata un pelo migliore e più coinvolgente staremmo parlando di un capolavoro, mentre adesso resta solo un ambiziosissimo e riuscitissimo “simulatore di umanità in crisi”.