Ammetto che il primo impatto con Grow Home non è stato dei migliori. Anzi… durante la prima mezz’ora mi è preso un rimorso abbondante, che mi ha fatto pensare che Ubisoft stesse trollando il mondo intero, pubblicando commercialmente un esercizio di programmazione mezzo incompleto. Il problema è che il gioco di Reflections va approcciato in un determinato modo e occorre “farselo piacere”, chiudendo mezzo occhio su alcune cose e vivendolo alla spicciolata. Abbandonata la prima (mestissima) partita, ho ricominciato dopo aver resettato il cervello e ho imparato in fretta a godere delle buone cose che Grow Home mette sul piatto.
VERSO L’INFINITO E OLTRE
In Grow Home controlliamo un piccolo robot chiamato B.U.D.: lo scopo è di far crescere una enorme pianta fino a una determinata altezza, aiutandola a piantare radici a vista su isole galleggianti in modo che possa nutrirsi e puntare verso il cielo. Il sistema di controllo via joypad è assai peculiare: premendo i trigger posteriori le due mani del robot si aggrappano in modo indipendente a qualsiasi superficie, consentendo a B.U.D. di scalare pareti verticali o di raccogliere oggetti di vario tipo. Ad esempio, sparsi in giro per il mondo di gioco ci sono dei fiori che possono essere messi nello zaino e usati all’occorrenza per fluttuare nell’aria, almeno fino a quando restano petali attaccati alla corolla. Allo stesso modo, B.U.D. può attaccarsi alle gemme che “poppano” sulle radici e controllare la direzione di crescita di un nuovo butto.
[quotedx]in una sera di gioco intenso si vede tutto ciò che Grow Home ha da offrire[/quotedx]Come detto, lo scopo finale è quello di nutrire la pianta aliena, chiamata Star Plant, fino a quando non ha raggiunto l’altezza di 2000 metri. Questo significa che Grow Home è un titolo che si sviluppa verticalmente, laddove chi soffre di vertigini potrebbe trovare qualche giramento di testa di troppo. Il sistema di controllo funzionicchia abbastanza bene, anche se ogni tanto si fatica un po’ a stare dietro all’inerzia della corsa o alla necessità di rimanere aggrappati a sporgenze di fortuna, anche perché la telecamera talvolta litiga eccessivamente con le nostre esigenze. Se non si presta la massima attenzione, il rischio di cadere rovinosamente è altissimo: nel caso si perda un appiglio, quindi, l’unica è cercare di sfruttare gli strumenti a nostra disposizione (come il già citato fiore-paracadute, un piccolo jetpack o una foglia deltaplano) per recuperare la situazione e non dover rifare pezzi interi di scalata. Fortunatamente, in giro per il mondo di gioco esistono sporadiche stazioni che consentono di praticare la nobile arte del teletrasporto, a patto di essere state precedentemente attivate, aprendo tre piccole piattaforme sulla base.
UN DIAMANTE GREZZO
Va detto che, nonostante lo stile estremamente minimalista e composto solo da poligoni colorati (“no texture allowed” nel lavoro di Refelctions), Grow Home riesce incredibilmente a risultare elegante all’occhio, soprattutto quando si comincia a prendere quota e la vista si ferma prima sotto i piedi a osservare la strada già percorsa, poi verso l’alto a indugiare su quella che ancora manca alla meta. Purtroppo, dal punto di vista tecnico non mancano difetti che minano l’esperienza di gioco, a tratti in modo importante. Per fare un esempio, manovrare le nuove radici in fase di crescita (cavalcandole, letteralmente) non è facile e capita spesso di condurle senza essere precisi come vorremmo; in un caso mi è successo di coprire con una di esse una delle piattaforme di attivazione di una stazione di teletrasporto, impedendomi così di accenderla; in un altro caso, una manovra sbagliata mi ha portato a “bucare” il poligono della cima della Star Plant, con B.U.D. che è rimasto imprigionato all’interno del mega-bulbo senza che potessi fare nulla per uscire fuori. Forse proprio perché consapevoli di questi problemi, i ragazzi di Reflections hanno incluso tra i comandi la possibilità di indurre al suicidio il robot e farlo respawnare all’ultima stazione di teletrasporto visitata; una comodità, certo, quando si resta incastrati in qualche poligono, ma che lascia addosso la sensazione che Grow Home sia rimasto troppo ancorato al concetto di “esperimento di programmazione”, senza aver subito quel lavoro di raffinamento del codice necessario perché possa essere considerato un prodotto completo vero e proprio.
Per quanto uno possa prendersela comoda, poi, non ci vogliono più di quattro ore per terminare il lavoro. Certo, nulla impedisce di dedicarsi a una piccola missione aggiuntiva di raccolta (invero un po’ noiosetta) e al collezionismo sfrenato, tentando di raccogliere tutti i cristalli sparsi nei livelli, la cui collezione, poco alla volta, sblocca migliorie per i perk. Per un po’ è persino divertente fare i cretini con la fauna che popola la mappa, magari durante un secondo giro più propedeutico a soddisfare la voglia di farsi una gita che altro. Detto questo, in una sera di gioco intenso si fruisce di tutto ciò che Grow Home ha da offrire di spassoso. Che 8 euro siano o meno un prezzo congruo, beh… lo lascio decidere a voi.