Ho capito alla seconda gara che la mia stagione in Moto3 sarebbe potuta essere più di un semplice campionato di apprendimento. La prima, in Qatar, fra le luci accecanti dei fari, una moto ancora da sistemare e l’emozione di avere un team che mi supportasse pienamente, mi ha tolto troppa lucidità. Andare a punti – la richiesta del mio ingegnere, dopo un buon 22esimo posto in qualifica – era davvero fattibile, e tagliare il traguardo in volata al 16esimo posto è stato orribile. In Texas, però, qualcosa è cambiato: dopo Doha leggere le notizie su di me in giro per il web, i commenti positivi sui social e l’incoraggiamento del team sono stati galvanizzanti, per cui riprendere la concentrazione perduta è stato più semplice. Poi la nuova livrea, il nuovo pacchetto di aggiornamenti al motore e la confidenza sempre crescente con il mezzo mi ha portato oltreoceano con un una nuova consapevolezza. La polvere di Austin non mi ha spaventato e buttarsi dentro a gas spalancato nella serie di curve veloci del primo settore è stata pura adrenalina. Ho chiesto al mio ingegnere di darmi una moto reattiva e che uscisse rapidamente dalle S e così è stato: miglior intertempo nel primo settore, sofferenza nel secondo e tenuta nel primo. Tanto è bastato per stare nei top 20 e puntare tutto sulla partenza. La prima staccatona Texana è da antologia, gli americani sovradimensionano anche le piste e c’è spazio per tutti alla prima curva: io ho scelto di andare stretto e puntare tutto sull’accelerazione per prepararmi al meglio per i cinque, rapidissimi, cambi di direzione. Le gomme sono fredde e mi intraverso un attimo, ma recupero e via, giù, senza pensare. Sono veloce, velocissimo e mi trovo nel salottino buono della Moto3, fra le moto ufficiali e appena dietro la Honda di Locatelli. Decido di giocarmela prima di arrivare nel settore lento. Dopo la gara mi han detto che al curvone 6 ero quinto, sinceramente non me ne sono neanche accorto. Lì davanti tirano come i pazzi e no, non ne avevo per lottare con quelli lì. Ci ho provato eh, ma giro dopo giro le gomme hanno cominciato a deteriorarsi e ho dovuto cedere un po’ di posizioni. Le tornate finali mi sono sembrate lunghe, lente e difficili, e vedermi sfilare Ono all’ultima curva è stato orribile. Poi però sono entrato ai box… ed è stata festa grande. I ragazzi mi hanno applaudito e mi han detto che ho fatto una gara folle: dodicesimo posto, primi punti nel mondiale per il team. Il nostro. L’anno scorso ho corso due gran premi grazie a un paio di wildcard, ma quest’anno il posto è mio. Ed è solo l’inizio di una lunga carriera targata MotoGP 15.
SCALATA AL SUCCESSO
Le novità di MotoGP 15 di Milestone si possono riassumere con il raccontino di cui sopra, frutto diretto dell’inizio della mia carriera. La classica modalità che ci accompagna per le tre categorie del Motomondiale si arricchisce infatti della possibilità di gareggiare con il proprio team privato, con tanto di sponsor, personalizzazione della livrea e ricerca di pacchetti di sviluppo per trasformare la nostra due ruote da motorino a pedali in qualcosa di più che decente. Se in termini di sostanza ludica cambia relativamente poco rispetto al passato, visto che, al netto delle piacevoli possibilità cosmetiche, le uniche varianti tangibili sono quelle di poter accumulare crediti da spendere per cambiare moto e decidere “from scratch” in che direzione sviluppare il team, dal punto di vista motivazionale il passo in avanti è decisamente netto. Combattere per il quindicesimo posto per un team cliente qualsiasi non è la stessa cosa rispetto al portare il proprio team a punti.
Forse sono io che amo troppo gli aspetti “ruolistici” all’interno dei giochi sportivi e mi lascio coinvolgere più del dovuto, ma mi ha gasato molto la possibilità di arrivare in pista con una moto giallo lime che farebbe invidia al keiser e combattere per il proprio posto nel motomondiale. Tanto più che rispondere alle esigenze degli sponsor, oltre che del team, inserisce una leggera variabile di libertà nel modo in cui si affronta il campionato. Certo, analizzando la modalità con meno passione narrativa e mettendo su il monocolo si potrebbe dire che in termini di personalizzazione si sarebbe potuto fare di più, così come si potrebbe definire ripetitivo e fine a se stesso l’intero baraccone fatto da motorhome con tanto di touchscreen per monitorare il nostro sito personale; nel complesso, tuttavia, l’intera impalcatura costruita da Milestone per portarci dentro il Motomondiale regge bene e l’ho apprezzata più del solito.
IL SOLITO, MA CON PIÙ BOLLICINE
Le nuove possibilità della modalità carriera sono fondamentalmente le uniche novità di rilievo di MotoGP 15, che per sommi capi non è altro che un aggiornamento abbastanza ben fatto del gioco dello scorso anno, con la solita quantità enorme di modalità e contenuti, che spaziano dall’usuale rosa di gare singole e campionati fino ad arrivare alla riconferma graditissima della splendida modalità scenario, per poi finire alle nuove sfide sul giro che ci permettono di conquistare la classe regina, record dopo record. Insomma, ce n’è davvero per tutti, e la disponibilità (tramite DLC) anche delle moto storiche a 4 tempi arricchisce una già ottima offerta.
[box_articoli]
PER CHI CORRE SU CONSOLE
La versione recensita è quella PC, piattaforma su cui MotoGP 15 gira al meglio, grazie all’assenza del lock ai 30fps e a un aspetto grafico generalmente più pulito. Al netto del frame rate, in ogni caso, la versione PS4 non è troppo inferiore, mentre quella Xbox One, come segnala Milestone, è affetta da qualche bug inatteso. La software house milanese è già all’opera per una patch correttiva che dovrebbe arrivare in questi giorni.
[/box_articoli]Se, nel complesso, Milestone non si è sprecata molto nell’evoluzione di un gioco che comunque l’anno scorso si è comportato più che bene, è anche vero che sarebbe ingiusto non concedere alla software house milanese il merito di aver portato nella serie MotgoGP gli aspetti migliori di Ride, sia dal punto di vista estetico, sia fisico. La modellazione delle moto e la resa dei materiali, infatti, è davvero eccellente e nelle inquadrature strette è impressionante il livello di dettaglio raggiunto dal team italiano. Dal punto di vista della manovrabilità, invece, le moto han guadagnato quel poco di pesantezza che mancava in passato e la differenza di categoria si fa sentire molto di più. Peccato che, come al solito, questi momenti di eccellenza siano installati in un quadro generale che, almeno tecnicamente, non faccia per nulla gridare al miracolo. Se guardiamo oltre moto, piloti e asfalto, purtroppo non c’è molto altro di bello da vedere, con circuiti che restano per lo più vuoti e poveri di dettagli, una gestione della luce che privilegia troppo l’intensità dell’illuminazione (e che finisce per creare delle macchie di luminosità decisamente poco credibili) e un sistema di collisioni e cadute che purtroppo è sempre insufficiente. Come a dire che i passi avanti ci sono, ma non bastano ancora a rendere MotoGP il gioco di moto perfetto. I limiti restano quelli di sempre, dovuti anche alla scelta commerciale di supportare ancora la vecchia generazione di console, fardello che forse tende a condizionare un po’ troppo lo sviluppo delle novità.
BAGARRE
L’altro aspetto su cui sono stati fatti alcuni passi avanti, ma su cui ancora c’è ampio margine di miglioramento, è quello dell’intelligenza artificiale, sufficientemente performante e aggressiva ai livelli di difficoltà più impegnativi, anche se speso continua a cedere alla tentazione di creare dei piccoli trenini poco propensi a improvvisare in termini di traiettorie e staccate. Ogni tanto sbagliano, ma basta studiarli un tantino e avere un po’ di confidenza con moto e circuito per averne ragione. Per fortuna è scomparso il gap enorme che c’era prima tra qualifica e gara e i livelli delle prestazioni sono stati decisamente normalizzati, benché è davvero snervante anche durante le prove la tendenza a rispettare la traiettoria ideale da parte dei piloti della CPU a prescindere dal ritmo e dalla velocità.
A bilanciare le cose, però, la fisica migliorata aumenta discretamente la curva di profondità e il senso di progressione; pur muovendosi all’interno del solito tollerabilissimo intervallo tra arcade e simulazione, MotoGP 15 sa offrire un’esperienza soddisfacente anche a chi cerca qualcosa di più di un semplice passatempo motoristico. Quello che conta, in ogni caso, è che le gare anche quest’anno riescano a divertire, impegnare e strappare qualche momento di esaltazione, soprattutto durante le fasi di bagarre sotto la pioggia, quando dominare le MotoGP è davvero un’impresa ardua anche per i centauri più incalliti. Rispetto all’anno scorso i passi in avanti sono pochi (ma buoni) e la serie motociclistica di Milestone si assesta dunque sugli stessi livelli della passata stagione, che in ogni caso non erano affatto bassi. Alla software house milanese manca al solito quella piccola sgasata per tagliare il traguardo in maniera trionfante, ma è indubbio che il prodotto in sé sia di fattura più che buona.