Singularity

Un viaggio nel tempo alla scoperta di quando U.R.S.S. e U.S.A. si volevano meno bene.

Un altro. Un altro gioco che punta sul tempo, sulla sua manipolazione, sugli effetti sconsiderati del paradosso che ne può derivare. Già visto? Già visto, fin dai tempi di The Legend of Zelda: Majora’s Mask (Nintendo, Nintendo 64), se proprio si volesse fare i fastidiosi. Già visto anche più recentemente, figurarsi. Ma Singularity ha qualcosa di diverso: buon per lui e buon per noi che siamo andati a vederlo fino dall’altra parte del mondo, negli Stati Uniti del Wisconsin, in casa di Raven. Singularity è fondamentalmente un FPS, ma di quelli moderni, quelli pieni di elementi avventurosi. Ed è un gioco nuovo, insomma una serie del tutto inedita, a cui Raven sta apportando le ultime modifiche prima del lancio previsto per l’estate (o giù di lì): se state pensando che da tempo Raven non mette mano a un gioco tutto suo, privo di licenze o che non sia il seguito di qualcos’altro creato da qualcuno prima di loro, avete solo ragione. E forse per questo il team di sviluppo è così appassionato e convinto nel presentarcelo.

Allora ecco che il gioco prende vita sullo schermo collegato a un Xbox 360 (ma non temete, il gioco è in uscita anche su PC e PS3): in un’isola misteriosa si scontrano due “antiche” fazioni moderne, quella russa e quella statunitense. Sono gli anni della Guerra Fredda, che nel mondo di Singularity non è ancora finita e difficilmente vedrà la sua conclusione arrivare come è stato nel mondo reale. Perché nell’isola di Singularity c’è qualcosa che non va, un esperimento che, tanto per cambiare, non ha dato i frutti sperati e ha invece disperso il seme della conoscenza. Una conoscenza particolare, quella dell’elemento 99, un nuovo riquadro nella tabella degli elementi, dedicata alla manipolazione del tempo: proprio l’elemento 99, scoperto, isolato e sfruttato a fini scientifico/tecnologici dai sovietici, consente di manipolare a piacimento la posizione temporale di un oggetto, di un essere vivente, di un’intera zona geogragica. Succede quindi che il nostro eroe, un pilota della U.S. Air Force, si ritrova catapultato in zona nemica, potenziato da uno strano aggeggio collegato alla mano sinistra, capace di giocare con l’elemento di cui sopra e quindi capace di permettergli interazioni semplicemente pazzoidi.

Nella porzione di gioco che ci viene proposta assistiamo all’infiltrazione del suddetto eroe improvvisato in un porto dell’isola. Un porto abbandonato, distrutto, vessato da una tempesta che spazza i moli senza tregua. Tanto distrutto appare il porto che addirittura è impossibile oltrepassarne una zona per arrivare a quella successiva, è allora che assistiamo alla prima faccenda davvero strana: una gigantesca onda d’urto investe tutta la zona. Ma non è un’onda d’urto, quanto più un’onda temporale: come uno tsunami cronologico riporta indietro il porto in un altro momento storico, in cui brulica di attività. Compaiono quindi i ponti e i passaggi per proseguire la propria esplorazione, ma compaiono anche i nemici. Il nostro può sparare, è ovvio, ma può anche agire con maggiore crudeltà e intelligenza: ecco che punta la mano verso un nemico e lo spedisce in fast forward verso la morte, con il poveretto che si contorce e si riduce a un ammasso di cenere. E’ una scelta, come un’altra scelta poteva essere quella di rilanciarlo indietro nel tempo, tramutandolo in una sorta di schifezza grondante liquidi amniotici, intenta a divincolarsi e a morire malamente.

Ma le possibilità di gestire il tempo di Singularity sono singolari (ehr) anche e soprattutto perché permettono di interagire in maniera nuova soprattutto con elementi minuti e singoli, oltre che con nemici e intere porzioni di livello. Ecco quindi che un bidone distrutto può essere riportato alla vita, sfruttandone nuovamente il gasolio che conteneva nei giorni migliori: e via di esplosione strategica. Ancora: ponteggi distrutti da rimettere a posto facendogli ricordare i tempi andati o, al contrario, inviandoli in un futuro in cui la ruggine non ha provato pietà. Un modo come un altro per chiudere il passaggio alle proprie spalle. Di situazioni simili ce ne vengono mostrate in gran quantità: cartucce per il fucile ormai svuotate, in un attimo ridiventano utili; lì dove il passaggio è ostruito da dei giganteschi tubi appoggiati, si richiama il periodo precedente alla posatura dei tuboni stessi… e via di questo passo.

C’è un’altra risorsa cui può attingere il Nostro, ovvero una sorta di torcia capace di illuminare il passato. In questo caso l’aggeggio è dedicato all’esplorazione: solo illuminando le porzioni di livello con il suo fascio cronologico si può intuire dove un tempo ci fosse stato un passaggio ora scomparso, una scritta ora persa nel tempo o chissà che altro. E nel mezzo qualche bestione troppo grosso, una buona realizzazione grafica, una grande cura per il sonoro e un ritmo di gioco che pare davvero promettente. L’importante, per Raven, sarà non concentrarsi troppo e unicamente sugli elementi temporali: nella prova del gioco che ci viene offerta abbiamo percepito fin troppe pause dedicate alla manipolazione di oggetti, anche in occasioni piuttosto inutili. Non vorremmo, sinceramente, che l’intuitività del tutto venisse messa a soqquadro dalla necessità di sfruttare sempre, per forza e comunque, l’elemento unico di Singularity. Ma è presto per mettere le mani avanti.