La prima parte di uno Speciale dedicato al survival horror più celebre.
Correva l’anno 1996 quando Capcom rivoluzionò il genere dei videogiochi d’avventura scatenando una tempesta nota come Resident Evil sull’ignara utenza PlayStation. E, dal quel preciso momento, nulla fu più come prima. Mai prima di allora, infatti, il tema dell’orrore videoludico era stato affrontato con tanta competenza e, soprattutto, con valori di produzione così elevati. Certo, c’erano stati altri giochi basati su storie e ambientazioni raccapriccianti (Resident Evil, nello specifico, doveva molto all’oscuro Sweet Home, uscito solo in Giappone sul NES ad opera della stessa Capcom), ma l’opera di Shinji Mikami elevava all’ennesima potenza tutti gli aspetti utilizzati precedentemente nei videogiochi dell’orrore e ne introduceva di nuovi, dando luce ad un’esperienza videoludica senza paragoni. Il seme del nuovo genere era stato piantato dalla serie Alone in the Dark, questo è vero, ma Resident Evil era tutto un altro paio di maniche, su questo non c’era dubbio. Ma cos’era a rendere così superiore il capolavoro di casa Capcom?
RESIDENT… EVIL!
Il modo stesso in cui Resident Evil era stato concepito, ovvero come un omaggio al cinema horror (sebbene in un primo momento gli avversari fossero stati descritti come creature soprannaturali, e non come gli zombie adottati nella versione definitiva), lo rendeva decisamente unico per l’epoca. La sequenza iniziale, le scene finali ed altri intermezzi erano infatti realizzati con vere riprese ed attori in carne ed ossa, con tanto di dialoghi in lingua inglese e battute (spesso involontarie…) da film di serie B. Ciò contribuiva enormemente a creare un’atmosfera a dir poco unica, aiutata nella sempre ardua opera di coinvolgere il giocatore dall’estrema crudezza delle scene rappresentate e dal cast dei protagonisti del gioco, caratterizzati in pieno stile anni 90 e tuttora riutilizzati in numerosi casi da Capcom. La storia alla base dell’avventura, inoltre, era tanto accattivante quanto rispettosa dei canoni delle pellicole horror dell’epoca, il che non mancò di attrarre numerosi fan di tale genere cinematografico.
I maggiori meriti di Resident Evil, ad ogni modo, non erano nell’eccellente presentazione, ma nella sostanza – sia dal punto di vista tecnico che da quello del gameplay. Graficamente, ad esempio, l’avventura di casa Capcom colpiva sin dal primo istante tramite lo sfruttamento di spettacolari fondali prerenderizzati sui quali, grazie a suggestive inquadrature fisse di notevole caratura registica, si muovevano i protagonisti del gioco e i loro avversari, tutti realizzati tramite l’ovvio ausilio di poligoni e texture. La sensazione di immersione era ovviamente incredibile, così come lo era la sezione audio, pienamente autosufficiente nel compito di far letteralmente saltare delle sedie i giocatori nei momenti di maggior suspense. L’inventario limitato, la possibilità di salvare solo in determinati punti, la disponibilità circoscritta di munizioni (unita all’inefficacia del coltello, ovvero l’unico dispositivo d’attacco utilizzabile in caso di prematuro esaurimento dei proiettili) e l’aggressività degli avversari, infine, facevano il resto, catapultando l’utente in un mondo di autentico ed ansiogeno orrore…
LA CHIAVE? QUALE CHIAVE?
Resident Evil, però, non era tutto paura e sparatorie, ma poteva vantare un substrato avventuroso decisamente coinvolgente. I puzzle, ad esempio, erano piuttosto numerosi e, nonostante potessero risultare spesso banali (Capcom non ha mai brillato in questo campo…), aiutavano comunque a spezzare il ritmo e ad infittire ulteriormente l’alone di mistero magistralmente creato dalla trama e dai dialoghi. La presenza di due personaggi giocabili, da parte sua, esercitava ovviamente grandi benefici sulla varietà del gioco, visto e considerato che consentiva di affrontare l’avventura in due maniere sostanzialmente differenti, e sempre a vantaggio della varietà andavano la buona disponibilità di armi totalmente diverse tra loro e l’imprevedibile caratterizzazione dei tremendi avversari di grosse dimensioni, in certi casi davvero terrorizzanti. Di motivi per cui è giusto che Resident Evil rimanga nella storia dei videogiochi, insomma, ce ne sono a bizzeffe, non ultimo il fatto che il titolo Capcom sia tuttora piacevolissimo da giocare. E scusate se è poco…