I fratelli di sangue di Techland vincono l’ennesimo duello a colpi di Colt.
Qualche anno fa, parliamo del 2006, i polacchi di Techland tirarono fuori uno sparatutto tecnicamente spaventoso, Call of Juarez, che nonostante l’ottima qualità non venne annoverato fra le pietre miliari. È vero che, almeno nell’incarnazione PC, i requisiti minimi erano talmente elevati da tagliare via una buona fetta di giocatori. Ed è altrettanto vero che le sezioni pseudo stealth con il giovane Billy erano divertenti quanto una rettoscopia.
Tolto questo, però, Call of Juarez rimaneva una perla: personaggi tanto caratterizzati da sembrare usciti da un film, paesaggi evocativi che – tecnicamente – lasciavano a bocca aperta, duelli a mezzogiorno a suon di Colt, fughe a cavallo… giocandoci ci si sentiva realmente immersi nel buon vecchio Far West. Chi ai tempi lo ha acquistato per PC ha potuto anche avvantaggiarsi dei ritocchi apportati dai programmatori qualche mese dopo il lancio, come un nuovo motore grafico capace di sfruttare le DirectX 10 e alcune migliorie alle sezioni stealth, rese un filo meno insipide.
Quasi a sorpresa, tre anni dopo Techland ha deciso di rispolverare il marchio e realizzare un prequel dell’avventura, che narrerà la avventure del reverendo Ray (protagonista del primo CoJ) e dei suoi fratelli nel periodo della Guerra di Secessione. Tre anni, nell’informatica e soprattutto nei videogiochi, possono equivalere a un’era geologica, e nel frattempo è uscita una nuova, potentissima, generazione di console (in grado di non far sfigurare troppo la grafica rispetto a quella dei PC). Oltretutto, oggi anche un sistema di fascia media è in grado di fare al massimo del dettaglio quel motore che, nel 2006, solo i più fortunati potevano ammirare al meglio.
L’incredibile impatto visivo non è poi dovuto solamente a meraviglie tecniche. Certo, le texture sono in altissima risoluzione e gli shader che simulano acqua, polvere e riflessi del sole sono fra i più avanzati mai visti, ma ciò che lascia veramente allibiti è lo stile con cui tanti effetti vengono implementati: il team di sviluppo ha preferito rendere ogni angolo della mappa credibile più che stupire i giocatori con trovate inverosimili e pacchiane. Di conseguenza, le armi si ricopriranno di polvere man mano che le utilizzate, la vista vi si sfocherà quando sarete troppo vicini all’esplosione di qualche candelotto di dinamite, la vegetazione oscillerà in relazione al vento.
Anche la struttura dei livelli sembra fatta apposta per avvolgere il giocatore, per farlo sentire sperduto fra i deserti e le rocce della coste occidentale dell’America e fargli vivere le emozioni di un Tex Willer, accompagnato dal suo fidato pard (in questo caso rappresentato dal fratello). I più curiosi non si lasceranno sfuggire l’occasione di analizzare ogni angolo dello splendido paesaggio, realizzando così con quale maestria i programmatori sono riusciti a creare un Oblivion su binari. L’illusione è quella di muoversi liberamente per i livelli, e solo i più attenti si renderanno conto che, alla fine, si tratta solo di un tunnel più largo del solito. Questo però non si rivela un problema: la narrazione a livelli cinematografici, l’eccellente uso della fisica e l’esaltazione derivante dagli scontri a fuoco fanno dimenticare tutto quello che accade attorno. Anzi, proprio l’IA ben sviluppata degli avversari rende il lavoro di esplorazione a volte fondamentale: vi permetterà di scoprire quali siano i luoghi più sicuri dove nascondersi, così come di aggirare gli avversari per colpirli silenziosamente alle spalle.
Per quanto riguarda la giocabilità, ci troviamo di fronte a uno dei migliori FPS disponibili: il bilanciamento delle armi non è perfetto quanto quello di Halo, ma le “stanze” nelle quali si combatte sono decisamente più ampie, e offrono particolari emozioni. La possibilità di scegliere, prima di ogni capitolo, quale dei due protagonisti comandare consente di volta in volta se propendere per un approccio più “maschio” (tutto dinamite e proiettili) o uno più cerebrale (tipo arrampicandosi con la corda su un albero per poi cecchinare non visti gli avversari), aumentando di conseguenza la longevità, purtroppo non elevatissima, visto che è possibile completare l’avventura in meno di sei ore.
Meritano un’ultima menzione gli affascinanti duelli uno contro uno, in piena tradizione western. Un modo divertente di inserire dei boss di fine livello: due contendenti che si guardano in cagnesco tenendo le mani vicino alla fondina: appena si sente il rintocco, il più veloce a estrarre e sparare è quello che sopravvive. Sempre che il colpo vada a segno, naturalmente.
Bound in Blood ci è riuscito ad accalappiare: è una magnifica avventura western (e include TUTTI i cliché del genere) caratterizzata da uno spettacolare motore grafico, delle musiche evocative, una giocabilità da grido e tanto, tantissimo stile. Se non fosse per una localizzazione italiana ben poco intrigante, sfiorerebbe la perfezione. Se avete la possibilità di scegliere quale versione acquistare, infine, non possiamo che consigliarvi l’incarnazione PC: è di gran lunga quella più spettacolare da vedersi, nonché l’edizione più economica, considerato che ve lo potete portare a casa per soli 30 euro.