Come un gioco indipendente, ma nato da LucasArts. Roba fasulla? Tutt’altro! Ecco a voi uno dei più piccoli e interessanti giochini degli ultimi tempi.
Negli ultimi anni abbiamo assistito a un fenomeno particolare, che in pochi avevano previsto, e che a tutti gli effetti sta dando un nuovo volto al mercato dei videogiochi. Con il perenne sviluppo tecnologico dei PC, unito all’uscita di console sempre più potenti come Xbox 360 e PS3, era lecito aspettarsi che i giochi sarebbero diventati sempre più grandi, sempre più costosi, sempre più avanzati. In un certo senso, come testimoniano i tanti blockbuster di questa generazione, è andata proprio così, ma in parallelo è cresciuta un’altra tendenza, legata a titoli piccoli, spesso nati da sviluppatori indipendenti, che invece di stupire con texture in alta risoluzione regalano emozioni con dei gameplay semplici, immediati, che riecheggiano dei possenti ruggiti dei “bei giochi di una volta”. Se un tempo il successo di giochi come Geometry Wars era guardato con curiosità, adesso uscire su Live Arcade, Steam e PlayStation Network con dei giochini è diventata una consuetudine anche per i grandi publisher, e non solo per i tanti e talentuosi studi indie che si sono affermati di recente.
Lucidity è un perfetto esempio per questo discorso. Ha un look disegnato, quasi infantile, un sistema di gioco minimale e uno stile che ricorda chicche come Braid e Paper Moon, ma invece di nascere dalla passione di moderni “bedroom coder” porta la prestigiosa firma di LucasArts, e nello specifico dello studio che si è occupato della nuova edizione di The Secret of Monkey Island. Il concetto alla base di tutto è il mondo onirico, che vivremo attraverso i sogni lucidi di una piccola bimba, che si troverà ad affrontare le sue speranze, le sue paure, i suoi affetti. Sofi, questo il nome della nostra giovane eroina, si muoverà da sola negli scenari creati dalla sua mente, indipendentemente dai comandi del giocatore. L’idea è quella di un platform bidimensionale, parente alla lontana dei vari Mario, ma nel quale il protagonista procede inesorabilmente verso destra, andando come un Lemming incontro a nemici, rovi e abissi.
Noi prenderemo il ruolo del subconscio di Sofi, e piazzeremo sul suo cammino vari oggetti che influenzeranno il suo percorso. Una scarpa con le molle la farà saltare, un ventilatore la farà volare verso l’alto, e una bomba farà saltare per aria gli ostacoli più pericolosi. Il bello, però, è che l’oggetto da piazzare viene scelto casualmente, come un pezzo di Tetris, e che di conseguenza è necessario agire con rapidità. È possibile tenere da parte un oggetto, uno solo, e non si hanno limiti né penalità se se ne usano troppi. All’inizio la difficoltà è minima, ma nel secondo e nel terzo mondo lo scrolling dello schermo minaccia la sopravvivenza di Sofi, creando situazioni decisamente spinose e impegnative. Verso la fine ci sono un paio di livelli un po’ troppo difficili, ma per fortuna Lucidity non è mai frustrante, anche perché la durata complessiva si attesta sulle tre ore abbondanti, che raddoppiano se si cerca di completare tutto al 100%, raccogliendo tutte le luci in ogni singolo schema.
Se fosse stato più lungo, forse, Lucidity avrebbe stufato, ma così com’è è davvero una caramella. Soddisfa e non impegna, e nel frattempo riesce a raccontare una storia toccante, intensa, che dà la birra alla narrazione di titoli a tripla A. È come un libro per bambini che diverte anche gli adulti, che meraviglia con il suo stile grafico e fa riflettere con il suo approccio delicato e innocente a tematiche profonde e interessanti. Alcuni potrebbero liquidarlo come un giochino sciocco con un sistema troppo semplice e una grafica infantile… lo facciano pure, ma sappiano che per il pregiudizio si stanno perdendo uno dei titoli più interessanti degli ultimi tempi. Dura poco, costa poco e impegna poco, ma diverte e stupisce come pochi giochi sanno fare. Ci servono più giochi come questo, brava Lucas!