Il mondo delle fiabe si sporca di sangue.
“Mandare a letto i bambini”. Avete mai riflettuto su questa frase? Perché se da una parte richiama una semplice e tenera consuetudine, dall’altra viene usata per segnalare un attentato all’integrità psicologica umana. Ora, non ci risulta che nell’organico della software house Playlogic ci siano insigni pediatri, per cui il fatto che abbiano trovato il comune denominatore tra le due interpretazioni ci spinge a pensare una cosa: hanno in realtà cercato il massimo dello stridore. E qual è questo anello di congiunzione che scatena tutta questa frizione? Le favole per bambini. Provate a pensarci: le fiabe sono nate per “mandare a letto i bambini”, ma se i loro rassicuranti protagonisti positivi diventassero all’improvviso negativi e spaventosi, non sarebbero roba da “mandare a letto i bambini”?
E allora eccoli lì: Cappuccetto Rosso, Biancaneve, Jack Pianta-di-Fagioli, Il Re Nudo (aaagghh!!! Mandate a letto i bambini! Ehm, scusate per un attimo ci siamo ricascati…), che impugnano uno via l’altro lupare, motoseghe, forconi, spiedini e tutto ciò che, in maniera scontata o impensabile, può esser usato per squarciare, affettare e bucherellare. Il tutto espresso non solo con un’evidente teatralità “chirurgica” che genera copiose perdite di globuli rossi, ma con un serialkilleresco compiacimento nel surfare addirittura sui laghi di sangue che pian piano ridefiniscono la fisionomia dei livelli di gioco. Anzi, alcuni degli Obiettivi/Trofei da sbloccare riguardano proprio la distanza e il tempo massimo di pattinamento sulle distese di emoglobina! “Beh, almeno i nemici avranno il background e l’aspetto di quelli che se lo meritano”, direte voi. Mica tanto: non so quanti omini di marzapane, coniglietti e gente assolutamente inerme abbiamo vivisezionato nel corso di una partita. Certo, erano anche in compagnia di insopportabili boscaioli con le solite paranoie contro i forestieri (e con le solite asce e lupare pronte all’uso), ma la sola presenza di qualche essere inerme trucidabile bastava a mantenere l’incredibile effetto di contrasto. Che – quasi dimenticavamo! – è tenuto vivo anche dal candore di un paesaggio sgargiante e cartoonesco, perfettamente in sintonia col candore e la vivacità di una mente bambinesca. Roba da tenere quasi testa all’intenzionale, infantile minimalismo dei LEGO-giochi.
Ma allora cosa c’è che non va in Fairytale Fights, a parte l’attentato all’integrità mentale da affrontare? Nulla… è solo che è ripetitivo. La provocatoria (e per questo acchiappante) atmosfera fuori di melone non riesce a far dimenticare che l’azione si tramuta presto in un noioso tran tran: è vero che si può parare, caricare i colpi, infilare combo lunghissime, usare decine e decine di armi improbabili e per questo esilaranti). Ma è anche vero che si attacca con la levetta analogica destra senza direzionare i colpi (quando sembrerebbe ovvio il contrario) e c’è sempre un discreto caos che non ti fa sentire molto padrone dell’azione e bene o male ti induce a essere più frenetico che altro. È innegabile che ci siano dei boss di fine livello ben studiati se non addirittura geniali (Hansel e Gretel siamesi attaccati per metà corpo sono un’aberrazione a dir poco esilarante), ma purtroppo pure questi si perdono in quella alienante routine che in realtà risulta ben presto il gioco. A proposito, ve l’avevamo detto che Fairytale Fights è sconsigliato ai minori di 16 anni?