L’ennesimo RPG di quest’anno? Sì, ed è pure bello…
Il 2009 verrà ricordato da molti come uno dei migliori anni per quanto riguarda gli RPG single player per PC e Xbox 360, non per solo la presenza di titoli di altissimo livello come il recente Dragon Age: Origins, ma anche per altri prodotti di buona fattura qual’è stato il recente Risen e questo Divinity 2: Ego Dragonis. Si tratta del seguito di un gioco pubblicato qualche anno fa che aveva suscitato la curiosità di molti appassionati, pur mettendo in mostra qualche difetto che ne penalizzava notevolmente il fascino nei confronti della concorrenza maggiormente elaborata. Stavolta la musica è leggermente diversa in quanto i Larian Studios hanno imparato dagli errori commessi in passato e ci hanno proposto la seconda versione del loro titolo di punta con risultati sicuramente lusinghieri. D2ED non si discosta dalle sue radici di RPG vecchio stile, conferma la scelta dell’ambientazione fantasy ispirata ai draghi di tolkeniana memoria e mette nel calderone tutta una serie di novità che ne fanno un prodotto di primo piano.
CAMBIA MUSICA
La natura di questo gioco è duplice. Nella fase iniziale si comporta come un normale gioco di ruolo single player: il giocatore deve far crescere il proprio personaggio personalizzandone le capacità in termini di combattimento corpo a corpo o abilità magiche. Ampia libertà ci viene concessa nell’evolvere le sue potenzialità come vero proprio guerriero da scontro ravvicinato, come un arciere in grado di colpire duro dalla distanza o come un mago capace di accedere a un’ampia selezione di incantesimi d’attacco o difesa. L’obiettivo iniziale è quello di ripulire le lande del gioco pervase da creature malefiche e membri di un’organizzazione (l’Anello Nero) impegnata a vessarne la popolazione che le abita. Dopo una decina di ore trascorse evocando creature che ci verranno in aiuto durante le risse più furibonde, la musica cambia completamente: al giocatore viene data la possibilità di gestire un’immensa torre presente su un isolotto che diventerà la sua base di partenza per arrivare alla fine della campagna. Qui, oltre ad avere a sua disposizione una serie di seguaci che potrà istruire per svolgere attività di raccolta (erbe e minerali per la realizzazione di pozioni e incantesimi), acquisiremo la possibilità di tramutarci in un vero e proprio dragone sputafuoco in grado di seminare morte e distruzione nei confronti dei nemici che abbiamo affrontato nella prima parte della storia.
NOCCIOLO DURO
Nonostante questa divertente divagazione, il nocciolo duro del gameplay di Ego Draconis è rappresentato dal giocatore nelle sue fattezze umane. Se il combattimento nei panni di un drago è molto simile a uno sparatutto arcade, è dal menar le mani con piedi ben piantati per terra che si ricavano le maggiori dosi di divertimento. L’esplorazione delle locazioni, gli incontri con gruppi di nemici piuttosto impegnativi e la scelta degli incantesimi da utilizzare per contrastarli fanno trascorrere piuttosto piacevolmente le ore necessarie per portare a termine la quest principale. Non serve particolare abilità nell’uso di mouse e tastiera (si tratta essenzialmente di un hack’n slash), bensì una certa accortezza nella scelta del equipaggiamenti e degli incantesimi con cui è possibile personalizzare le capacità offensive del nostro personaggio. A questo, si aggiungono altri tocchi di classe: alla possibilità di rivolgersi a un negromante per assemblare – letteralmente! – un seguace dai pezzi di creature uccise si affianca l’elevato numero di magie con cui è possibile tirarsi spesso fuori dai guai. Accecare i nemici, tramutarli in un insetto, diventare invisibili o potenziare incantesimi via via più spettacolari e potenti permettono al proprio personaggio di affrontare situazioni che nella fase iniziale del gioco ci erano precluse. Proprio la varietà del gameplay da questo punto di vista è probabilmente il pregio migliore di un RPG che concede molto anche all’esplorazione: aree all’aperto, dungeon sotterranei e strutture complesse sono un vero piacere da saccheggiare, anche pensando all’elevato numero di oggetti che è possibile raccogliere per portare a termine le quest che decideremo di intraprendere.
VENTI ORE POSSON BASTARE
Proprio il gran numero di quest a disposizione è uno degli elementi che contraddistingue la notevole longevità di D2ED: per arrivare alla schermata finale occorre applicarsi per una ventina di ore abbondanti tra combattimenti, dialoghi, ed esplorazione delle quattro macro aree in cui è composta l’intera mappa. Dal punto di vista tecnico, siamo sicuramente di fronte a un gioco di discreto livello, pur senza raggiungere le vette di titoli prodotti da altri sviluppatori più blasonati come, ad esempio, Bioware. Se graficamente è piacevole ma niente di più, è la costruzione del contesto che fa sorgere qualche dubbio. Si ha infatti l’impressione che alcune mappe siano un po’ troppo compresse (con, ad esempio, NPC che trotterellano senza timori nelle immediate vicinanze di un accampamento Goblin) per essere considerate coerenti. In ogni caso, l’evolversi della storia si lascia seguire molto piacevolmente e permette di passar sopra a questo genere di difetti con una certa benevolenza. La quantità di parlato, ad esempio, è molto elevata e va a comporre una trama di sicuro interesse.