David Cage presenta a Milano la sua nuova “esperienza” ludica.
È molto difficile descrivere in modo standard Heavy Rain, il titolo di Sony previsto per il 24 febbraio rigorosamente solo per PS3: qualche decennio fa avremmo probabilmente usato il termine “film interattivo”, ma questa definizione ha ora una – ben meritata – connotazione decisamente negativa. Il nuovo progetto di David Cage è una “storia” incentrata su un serial killer che rapisce persone e le uccide affogandole nell’acqua piovana dopo qualche giorno di prigionia, lasciando come tratto caratteristico un origami. Attorno a questo delinquente della peggior specie ruotano quattro persone attraverso cui vivrete in prima persona Heavy Rain: un investigatore privato con la pancetta e il soprabito sgualcito che sembra uscito dai film “hard boiled”, una fotografa che non riesce a dormire, un agente dell’FBI con problemi di droga e un padre a cui è morto un figlio mentre l’altro è stato rapito dal suddetto killer.
Non è certo un’avventura spensierata e goliardica: è oscura, triste, malinconica. Viaggiando per i livelli mostrati da Cage i film che ci sono venuti in mente sono “Seven”, ma anche “Blade Runner”, e non solo per gli origami. Gli autori hanno giocato deliberatamente in una zona oscura e che molto raramente viene toccata dai videogiochi: la disperazione e il senso di colpa per la perdita di un figlio, la paura di subire violenza sessuale, gli effetti dell’astinenza dalla droga. Non ci ricordiamo, da quando abbiamo iniziato ad appassionarci ai videogiochi, altri titoli che affrontassero in mezz’ora tutti questi temi.
Il tutorial, ideato per far comprendere al giocatore come funziona l’interfaccia del gioco, è totalmente l’opposto: nei panni del genitore felice, giriamo per una villa stupenda, disegniamo un progetto da architetto, aiutiamo ad apparecchiare il tavolo con tanto di ramanzina dalla moglie, giochiamo con i figli. L’interfaccia ricorda quella dei laser game: quando spostiamo il personaggio nel mondo tridimensionale (molto ben realizzato) appaiono delle icone bianche che ci indicano cosa fare: sposando il joypad violentemente da un lato in un dato momento, tracciamo una riga, mentre in un altro caso facciamo si che il protagonista apra un armadietto ribelle. Premendo un tasto al momento giusto ci carichiamo un figlio sulle spalle, mentre lo stesso tasto – magari – tre minuti dopo ci consente di battagliare con l’altro erede usando una spada di legno.
La differenza tra Heavy Rain e Dragon’s Lair è che spesso possiamo scegliere cosa fare: vogliamo apparecchiare la tavola o andare a vedere la tv? Vogliamo lasciar vincere il figlio o batterlo senza pietà? Non possiamo, al momento, sapere che grado di libertà ci sia in questo gioco – lo scopriremo provando la versione finita, che arriverà in redazione a breve – ma la quantità di azioni disponibili sembra davvero impressionante.
Senza svelarvi troppo, possiamo raccontarvi che, una finito il tutorial solare da spot del “Mulino Bianco”, piomberemo in un mondo molto più tetro e malinconico, in cui un mostruoso serial killer si diverte a uccidere vittime innocenti: per fermarlo dovremo muoverci nei panni dei quattro personaggi di cui sopra. Le nostre scelte, secondo Cage, influenzeranno l’evolversi della trama in modo molto sensibile: possiamo perderci degli indizi, finire malmenati invece di picchiare il cattivo di turno, ritrovarci in un vicolo cieco e persino uccisi. Sebbene sia ovviamente possibile ricaricare da una posizione salvata in precedenza e rifare una porzione di gioco “provando un’altra strada”, l’idea di Heavy Rain è di vivere la propria avventura senza pensare al “modo giusto” o a quello “sbagliato”, ma solo di effettuare le scelte che ci sembrano più corrette.
Per dovere di cronaca, dopo centinaia di giochi di ruolo che promettevano lo stesso livello di immersione (e di tanti nasi di legno cresciuti ben oltre il mezzo metro) prendiamo le parole di Cage con le pinze. Sappiamo che ha un’idea ben precisa di “gioco”, e lo ha dimostrato con il primo livello di Farhenheit; tuttavia, la sua visione è stata in passata tradita – secondo chi vi scrive – da una realizzazione ben al di sotto delle aspettative, come dimostrano i livelli più avanzati dello stesso Farhenheit.
D’altra parte, Heavy Rain è sicuramente un gioco atipico e in grado di coinvolgere il giocatore molto di più rispetto a uno sparatutto, quindi non ci lasceremo sfuggire l’opportunità di provare la versione definitiva (un codice anteprima lo abbiamo già testato qualche giorno fa) per vedere se questa volta David Cage ha mantenuto tutte le promesse.
Secondo Cage, un giocatore “normale” concluderà Heavy Rain in 9-10 ore; tuttavia, il contenuto del gioco nel totale è almeno il doppio e sarà veramente difficile vedere “tutto”. A questo proposito, abbiamo chiesto a Cage come funzionerà l’assegnazione dei Trofei: non c’è un metodo “giusto” per finire il gioco e arrivare al Platino, sarà necessario provare diverse strade – il che vuol dire giocarsi Heavy Rain almeno un paio di volte.
Il gioco uscirà il 24 febbraio, e sarà completamente tradotto in italiano: tra le voci “celebri” troveremo Claudia Gerini e Pino Insegno. Un demo sarà invece scaricabile dall’11 febbraio, e permetterà di giocare una porzione del gioco – non sappiamo quale, ma Cage – giura! – non sarà il tutorial.