Un viaggio lungo quattro puntate, alla riscoperta del mondo dei giochi di corse… quelli veri! (parte due)
Avevamo terminato la precedente puntata di questo speciale sulle simulazioni con il lancio del mai dimenticato F1 GP di Crammond, che ha tenuto svegli a lungo gli appassionati possessori di Amiga e PC. Ormai gli sviluppatori sapevano che c’era un mercato di persone interessate a questa tipologia di giochi, e il successo spinse i ragazzi di Papyrus a migliorarsi ulteriormente, oltre che a concentrarsi su una sola piattaforma, il PC.
Era il 1993 quando venne lanciato Indycar Racing, la risposta a F1 GP di Crammond. Indycar Racing poteva contare su un modello di guida ancora più evoluto, e sebbene la formula Indy sia una realtà apprezzata principalmente negli Stati Uniti, la presenza del mitico tracciato di Laguna Sega rendeva questo titolo adeguato anche per il pubblico europeo. La grafica rappresentava un notevole passo avanti rispetto al passato, fatto che rendeva i replay veramente spettacolari per i tempi. Ma ciò che appassionava principalmente il pubblico erano gli algoritmi che si occupavano di gestire la fisica delle vetture, molto più evoluto di quanto visto fino a quel momento, tanto che ora anche i piccoli ritocchi all’assetto potevano fare differenze importanti sulla guidabilità delle auto e sui tempi di percorrenza. E mentre Crammond e concorrenti vari sembravano addormentati, Papyrus non riposò sugli allori, e anzi iniziò a martellare continuando a offrire evoluzioni, piccole e grosse, al suo motore, pur strizzando sempre l’occhio a un pubblico oltreoceano.
Nel 1994 uscì infatti NASCAR Racing, che nella sua edizione su CD-ROM poteva addirittura vantare una grafica in alta risoluzione, una spettacolare 640×480, il doppio dello standard del periodo. Si abbandonavano le monoposto in favore delle stock car, pur rimanendo sempre sugli ovali: il successo di pubblico fu immediato. I motivi? Negli Stati Uniti il seguito della Indycar pian piano si spegneva mentre si accendeva quello per il campionato NASCAR, e inoltre il gioco era sempre più rifinito sotto ogni profilo. NASCAR Racing stupiva sia dal punto di vista grafico (i cruscotti e i replay erano qualcosa di spettacolare per i tempi), sia da quello tecnico, con l’introduzione di vari parametri fra cui il drafting, fondamentale durante questo tipo di gare. L’aspetto più interessante, comunque, era l’introduzione del multiplayer, sia all’interno di una LAN, sia via modem tramite il servizio Hawaii di Papyrus.
Il passo successivo arrivò nel 1996 con NASCAR Racing 2, basato su un nuovo motore grafico che poteva vantare l’accelerazione hardware delle neonate schede acceleratrici 3dfx, seguito a ruota da Indycar Racing II. Iniziavano intanto a diffondersi i primi volanti, costosi e privi di Force Feedback, cosa che non impediva agli appassionati di desiderarli ardentemente. Volanti che diventeranno presto indispensabili. Nel 1995, difatti, venne il turno di Grand Prix 2 di Crammond, che vantava un motore grafico incredibilmente spettacolare e un ottimo supporto alle periferiche dedicate.
Sebbene col senno di poi si può dire che le modifiche al motore di gioco sono state principalmente cosmetiche, F1 GP2 fu un successo notevole: cosa contava se era poi tanto simile al precedente in termini di guidabilità quando le innovazioni tecniche erano tanto spettacolari? Peccato per la mancanza di nuove caratteristiche, come un multiplayer degno di questo nome o qualche ritocco alla fisica delle vetture, ma tutto sommato non ci si poteva lamentare, a patto di avere un PC sufficientemente potente a far girare il tutto in modo fluido.
Il successo di Crammond non è comunque destinato a durare troppo a lungo: nel 1998 è il momento di quello che probabilmente è il miglior titolo lanciato da Papyrus e che alcuni arrivano a considerare la miglior simulazione di guida mai vista. Parliamo di Grand Prix Legends, che si poneva l’ambiziosissimo traguardo di riprodurre al meglio la stagione del 1967 di Formula 1. Non solo Papyrus abbandonava per una volta gli ovali, concentrandosi su un campionati più apprezzato in Europa che in USA, ma addirittura usciva dagli schemi simulando non vetture attuali, bensì bolidi del passato. Bolidi che senza un buon volante risultavano assolutamente ingestibili, e che anche disponendo della miglior periferica di guida esistente richiedevano ore e ore di tentativi, pratica e abnegazione alla causa. E non per vincere una gara, ma solo per azzeccare un paio di giri senza schiantarsi. Il modello di guida era decisamente realistico e le macchine del 1967 erano un incubo da tenere in strada: non esisteva l’aereodinamica, e di conseguenza tutto il grip era esclusivamente meccanico, cosa che obbligava i piloti virtuali ad entrare in curva praticamente in controsterzo, imparando a gestire il sovrasterzo con precisi e veloci input tramite i pedali.
GP Legends divenne ben presto la simulazione più giocata, sia per l’ottimo supporto al multiplayer sia per la presenza del vecchio tracciato del Nurburgring, la mitica Nordschleife, caraterizzata da ben 24 chilometri di paurosi tornanti fra gli alberi della Foresta Nera. Un tracciato che oggi diamo per scontato in tutti i giochi di guida (arcade compresi) ma che per il 1998 rappresentava un passo avanti enorme rispetto ai soliti tracciati da quattro, cinque km al massimo. GP Legends è rimasto uno dei migliori simulatori di guida anche negli anni a venire, e solo recentemente ha perso parte del suo smalto: nel tempo sono stati pubblicati Mod di ogni tipo, che hanno completato il titolo con nuove piste, nuove skin per le vetture, nuovi suoni dei motori e addirittura nuovi renderer che hanno permesso di farlo funzionare anche sulle DirectX e le OpenGL (inizialmente funzionava solo su 3dfx o Rendition Verité). Non trascurabile infine il supporto anche per i volanti Force Feedback, che finalmente hanno permesso ai piloti virtuali di pennellare al meglio le curve. Per far capire il successo, possiamo dirvi che sino allo scorso anno sono usciti aggiornamenti non ufficiali, fra i quali citiamo il circuito Piccolo Madone della mitica Targa Florio: un progetto decisamente ambizioso se consideriamo che i modder in questione hanno dovuto riprodurre ben 75 km di pista!