Backbreaker – Recensione PS3/Xbox 360

Il football americano targato NationalMotion si piega e… si spezza.

Non è Madden e questo, forse, può essere solo un bene. Non è nemmeno NFL 2K5, l’unica simulazione che ha saputo finora miscelare alla perfezione “running game e gioco aereo”, tanto da costringere i vertici di EA a firmare un contratto pluriennale esclusivo con la NFL per stroncare le velleità dei possibili concorrenti. Backbreaker è – soprattutto – un’occasione sprecata o, se preferite, un primo tentativo con poche yard: la strada per segnare un touchdown è ancora lunga.

Le modalità di gioco non presentano particolari sorprese. È consigliabile affrontare il tutorial implementato (suddiviso in 25 utili “drill”) per prendere confidenza con le meccaniche di gioco e, soprattutto, con il sistema di controllo, vera croce e delizia di Backbreaker. Si potrà disputare la classica partita di esibizione, una stagione regolare (è possibile scegliere il numero delle squadre e la durata del campionato) o provare le più interessanti modalità “Road to Backbreaker” (si gioca con una franchigia personalizzata) e “Tackle Alley”, dove nei panni di un running back dovrete percorrere 100 yard per segnare un touchdown nel minor tempo possibile, affrontando una schiera di affamati linebacker pronti a farvi la pelle. Se quest’ultima modalità è davvero esaltante all’inizio, dopo aver segnato un po’ di touchdown diventa ripetitiva e la lascerete lì a marcire nel giro di poco.

Sulla linea di scrimmage ci si accorge dell’occasione sprecata dai ragazzi NaturalMotion e di quanto Backbreaker non sia una simulazione, neanche attivando tutte le opzioni di gioco previste. Tutto funziona a corrente alternata, dalla pessima scelta dell’angolazione dell’inquadratura, al sistema di controllo implementato (che necessiterebbe di ritocchi, soprattutto per quanto riguarda la fase di lancio con l‘analogico destro), passando dall’Intelligenza Artificiale (prevedibile e ripetitiva) fino ai modelli poligonali di questi atleti sconosciuti, giacché non ci sono sostanziali differenze fisiche tra un quarterback e un linebacker, anche se le animazioni non sono male.

È facile esaltarsi per qualche corsa ben riuscita o per un placcaggio devastante, visto che il motore Euphoria fa comunque un discreto lavoro. Bastano poche partite, comunque, per cambiare idea, anche perché in molti frangenti l‘azione di gioco è troppo caotica. E nella fase difensiva il caos raggiunge livelli “straordinari”, laddove placcare un running back o intercettare un lancio sono operazioni che richiedono una prontezza di riflessi unica (complice la solita telecamera) e un pizzico di fortuna. Un quarterback potrà sfruttare una specie di “bullet time” per lanciare con più precisione, mentre un running back potrà sfruttare la stessa abilità per correre più veloce sul campo e per schivare i placcaggi dei linebacker avversari. La durezza e la violenza degli scontri è sicuramente l’aspetto più convincente di Backbreaker (le legnate sono in tempo reale), mentre l’inquadratura (da dietro le spalle) scelta dal team di sviluppo è troppo penalizzante e riduce eccessivamente il campo visivo del giocatore stesso.

La scelta degli schemi ricorda la serie Madden, pur non mostrando la stessa profondità e accuratezza. Da un punto di vista squisitamente tecnico, a parte qualche animazione pregevole e qualche effetto visivo ben riuscito, il comparto grafico non riesce a competere con un qualsiasi episodio della serie Madden della cosiddetta “next-gen”, mentre il sonoro non presenta nulla da segnalare. Il multiplayer permette sfide a due giocatori (online, ma anche in split screen), ma non è stata preparata nessuna modalità specifica.

Infine, la mancanza della licenza ufficiale NFL si sente, soprattutto se – come il sottoscritto – si segue la lega capitanata Roger Godell e persino il college football. I ragazzi di NaturalMotion hanno implementato un discreto editor per ovviare a questo problema (molti parametri comunque non saranno modificabili, soprattutto quelli che riguardano ruoli), ma mettersi a ricostruire la propria squadra dei sogni o semplicemente replicare una franchigia NFL è davvero un’opera certosina…