Resonance Of Fate – Recensione PS3/Xbox 360

Tri-Ace ci regala un GdR un po’… ostico.

Per affrontare l’ultimo GdR Made in Tri-Ace occorrono alcuni elementi molto particolari: una passione per i GdR giapponesi che non conosce compromessi, una pazienza infinita per venire a patti con un sistema che ha una ripidissima curva d’apprendimento e, infine, un bel po’ di tempo a disposizione, perché Resonance of Fate è una di quelle esperienze che assorbono di brutto e portano via 60 ore come ridere, sempre che disponiate delle prime due caratteristiche, altrimenti il gioco rischia di fare un rapido salto dalla finestra.

Per dire, la nostra esperienza personale col gioco Tri-Ace è stata una di quelle travagliate. Abbiamo messo la copia PS3 nella console con leggerezza, forti di un’esperienza ultra decennale con GdR di tutti i tipi… solo per spegnere tutto nel giro di una mezz’oretta scarsa a causa di un primo impatto brutale dove la carenza di spiegazioni era aggravata da una palette cromatica tendente al marrone-grigio costante. Non che la grafica sia brutta: certo non è eccezionale! Resta, però, su livelli ispirati e tenta di arricchire un’ambientazione molto particolare, in qualche modo intrigante.

Tutta l’avventura si svolge nella città “meccanica” di Basel, una sorta di torre altissima che buca le nuvole e la cui sommità domina i cieli. La popolazione non vede la terraferma da secoli (a causa di un qualche disastro) e gli uomini più potenti risiedono nei livelli più alti, relegando la gente meno agiata nei quartieri bassi (in tutti i sensi). Questi scenari color ruggine e le vie cittadine che virano al grigio sono frutto di una caratterizzazione anche azzeccata con il background: peccato che generi tristezza e malinconia nel giro di pochi minuti. Non vorremmo essere dinanzi a un maldestro tentativo dello sviluppatore giapponese di ricalcare le cromature dei giochi occidentali, con l’obiettivo alquanto becero d’ingraziarsi le attenzioni di un pubblico allargato.

Ma non divaghiamo…
Insomma, non potevamo arrenderci in questo modo e, dopo qualche giorno, siamo tornati alla carica con un pizzico di ottimismo in più. Le impressioni erano ancora le stesse, ma stavolta siamo andati a fondo con il sistema cercando di capirlo appieno. La sensazione immediata è che qui siano state fatte le scelte opposte a quelle che il team Square Enix fece nello sviluppo di Final Fantasy XIII. Se in FFXIII il giocatore viene preso per mano e seguito un passetto alla volta per un tutorial di 20 e passa ore, in Resonance of Fate disponete del controllo immediato di tutto, ma senza le dovute spiegazioni.

Avete due o tre modi per risolvere la questione. Primo: leggere il tutorial testuale del menu, ma la faccenda è lenta e noiosissima, resa scomoda anche dal fatto che le pagine spiegano poco e male. Secondo: recarsi nell’apposita arena e affrontare il tutorial pratico, diviso in ben 16 punti progressivi. 16 punti!?! Sì, avete capito benissimo: una mazzata tediosissima che porterà via almeno un paio d’ore. Esiste anche una terza ipotetica possibilità, quella cioè di buttarvi nell’azione, cercando di venirne a capo con l’esperienza diretta sul campo. In questo caso, preparatevi a morire spesso e a cadere in una profonda frustrazione, accentuata da un pessimo posizionamento dei punti di salvataggio (oh gente, ma siamo nel 2010!!! Quand’è che avremo un sistema più pratico su console per salvare i progressi? Vabbè).

Meglio sarebbe, affrontare il tutorial pratico e affinare le capacità sul campo: la via di mezzo vince sempre! In ogni caso, è impossibile godersi il gioco finché non si padroneggia il sistema. E prima accade, meglio è. A questo punto, magari vi aspettate che si entri nel dettaglio, spiegando annessi e connessi del sistema strategico alla base dei combattimenti… ma ve lo scordate proprio, perché se occorrono svariate ore per padroneggiarlo giocando, potete immaginarvi quanto sia oltremodo scomodo e complicato da spiegare solo in via teorica.

In breve, comunque, si tratta di un sistema ibrido tra turni e tempo reale dove semplici attacchi si mescolano alle cosiddette Azioni Eroiche che prevedono spettacolari assalti con piroette e giravolte, entrando in combo con gli alleati grazie a spostamenti calcolati. Non è chiaro, eh? Per forza! Ma neanche pad alla mano c’è molta chiarezza. Non subito!

Nemici e alleati possono portare ferite superficiali con mitragliatori o certe abilità, passando poi a demolire i punti ferita reali grazie a pistole e bombe a mano. La tattica base prevede che un eroe ammorbidisca il nemico di turno a colpi di mitra, assestando il colpo di grazia con l’Azione Eroica di un alleato che in combo lo devasta a pistolettate. Le posizioni relative dei personaggi sul campo sono fondamentali, perché per attivare le Azioni Eroiche bisogna spostare un personaggio in modo che passi tra i due compagni. Esiste anche un limite agli eroismi, ma questi aumentano col tempo, guadagnando ricompense in battaglia…

Il buono è che dopo una dozzina di ore infernali il disorientamento finisce e ha inizio il divertimento vero e proprio. Ed è allora che si scopre un mondo di gioco ampio, pieno di possibilità; solo allora si può godere della ricchezza di Resonance of Fate e immergersi nella sua trama complessa e nelle sue spesse atmosfere. Se sia troppo tardi o appena in tempo, però, resta una questione puramente soggettiva e sta al singolo giocatore deciderlo per conto proprio. Una cosa è sicura: Resonance of Fate fa poco per farsi amare e molto per scoraggiare anche la volontà più forte.