π-retro #2 – L'edicola ai tempi del 64

Dove due ragazzini NON giocano con la loro prima cassettina pirata.

10 febbraio 1985, ore 9:50. Parcheggio del comprensorio sciistico del Pocol, Cortina d’Ampezzo (BL). Due ragazzini di 10 anni sono asserragliati nell’auto dei genitori. Dovrebbero mettersi quei dannati scarponi e cominciare a sciare, ma non ci riescono, paralizzati da un evento epocale. Poco prima, all’edicola, i genitori hanno acquistato loro una cassetta per il Commodore 64 con ben 5 giochi. Si chiama “Game 2000 n. 2 – Tutto C64”. A sole 7000 lire! C’è un librettino, nella custodia della cassetta, e i due ragazzini lo sfogliano avidamente, sfidando i colori saturi molto anni Ottanta degli impaginati.

“Leggi, leggi!” dice il più cecato dei due. È già passato un mese dal primo numero ed eccoci qui già pronti a rifornire la vostra biblioteca con altri gustosissimi programmi. Siamo certi che se il vostro computer potesse sorridere si sarebbe già esibito in un sorrisone a trentadue denti per la gioia di poter macinare ancora del buon software, e senza mandarvi in rovina! La nostra politica dei prezzi continua: solo quello che serve ad un prezzo più che ragionevole”.

Bella forza, viene da dire oggi. È il segreto di Pulcinella: le cassette dell’edicola pigliavano i giochi originali, li sproteggevano, a volte li localizzavano e li vendevano sotto forma di compilation senza pagare nemmeno una lira ai detentori originali del copyright, detentori peraltro ignari, visto che se ne stavano in Inghilterra o in America. Ancor più stupefacente è che tutto ciò avvenisse in maniera più o meno legale, perché all’epoca vigeva un vuoto legislativo per quanto riguardava il diritto d’autore informatico, per lo meno in Italia. La cosa sarebbe cambiata nel giro di un annetto circa, ma nel 1985 l’Italia videoludica era più selvaggia del Far West (dove si stavano già spupazzando il Nintendo Entertainment System, peraltro).

Però, guardiamoci in faccia: a quei due ragazzini in un parcheggio fuori Cortina d’Ampezzo non glie ne poteva frega’ de meno di tutte queste questioni dell’industria videoludica. Un po’ per l’età. Un po’ perché il termine “industria videoludica” nasce probabilmente durante una serata a birra e salsicce tra Bittanti, Albini e Rossetti di qualche anno più tardi. Un po’ perché quei due ragazzini si trovavano tra le mani un libretto che proponeva loro cinque giochi dal titolo italianissimo, e per quale ragione avrebbero dovuto supporre che qualcuno li stesse buggerando in cambio di 7000 lire? Se avevano qualche dubbio, i due ragazzini, era proprio derivante dal fatto di aver comprato dei giochi che sembravano proprio fatti in Italia. Andiamo, si sa che i videogiochi sono stranieri, questi qua italiani, e a sole 7000 lire, dovevano essere un pacco.

– Leggi, leggi ancora i titoli dei giochi – invita il più cecato dei due.

– Ma li ho già letti cinque volte!

– Non importa, leggili ancora”. (Questo è il potere magico dell’ingenuità e dello stupore infantile).

Non c’era nemmeno uno straccio di foto, su quel libretto. Niente di niente. Bisognava attaccarsi all’immaginazione, suggere immagini e ipotesi d’azione da ogni striminzita parola di quel libercolo. – “Sala Giochi”. Che senso ha che un gioco si chiami “Sala Giochi”? È come chiamare un’automobile “Concessionaria”. Leggi, leggi anche la descrizione.

– Ok. “Nella sala giochi ci sono 18 stanze, la maggior parte delle quali hanno un proprio video-gioco (sic). Scopo del gioco è visitare tutte le stanze evitando i nemici che possono essere saltati (Joystick in avanti)”.

– Non sembra molto divertente, sembra Donkey Kong senza Donkey Kong”

– Già. Ti leggo la descrizione di “Monorotaia”: “Con questo gioco hai la possibilità di essere un macchinista. Ma questa non è una normale ferrovia, infatti devi manovrare la tua locomotiva lungo i binari evitando vagoni vaganti e respingendo un attacco aereo…” (bella l’allitterazione “vagoni vaganti”, viene da dire ora, ma i bambini non si eccitano per le allitterazioni, fortunatamente)

Leggi “Bruce Lee”, va’…

– Boh… dice “Il gioco consiste nel trasformarsi nell’imbattibile Bruce Lee e visitare una vasta zona consistente in un dedalo di stanze”.

– Dedalo quello di Icaro? Bruce Lee contro Dedalo?

– No, non so cosa significa, ma non credo, Dedalo è greco, Bruce Lee è cinese. “L’obiettivo del gioco è visitare tutte le stanze e raccogliere gli oggetti che in esse s trovano. A volte tali oggetti aprono dei varchi che permettono di accedere a nuove stanze. Nel fare questo si dovrà badare a non andare a sbattere contro uno dei tanti pericoli che infestano le stanze e soprattutto a non farsi colpire dai nemici che si potranno mettere fuori combattimento com delle mosse di karatè”.

– Boh, Mi sa che era meglio comperare Ghostbusters a 25000 lire quando tornavamo in città… Che dici, ci mettiamo gli scarponi e andiamo a sciare?

– Perché piuttosto non proviamo a mettere la cassetta nell’autoradio? Magari si proiettano i giochi sul lunotto…

– Ok, dammi… FIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII-CRRRRRRRRR-FI-CRRRRRRRRRRRRR-FIIIIIIIIIIIIIIIIII-CRRRRRRRRRRRR-FI-CRRRRRRRRRRRRR-FEEEEEEEEEEEE-CRFCRFCRFCRFCRFCRFCRFRCRFCRFCRFCRR

– AAH! andiamo a sciare. Almeno le cassette originali hanno i manuali d’istruzione in inglese, così ci puoi sognare sopra quello che ti pare che tanto non si capisce cosa c’è scritto. Invece quello che ha scritto questa roba non scrive bene.

10 febbraio 1985, ore 10:50. I due ragazzini escono infine dalla macchina. Non sanno ancora che quella cassetta cambierà il loro destino.