Il primo respiro

La rotondità delle sfere celesti che si allineano provocando un’eclissi fa da contraltare a quella delle pance delle mamme prossime al parto, scelte fra diverse etnie, per raccontare come…

Regia: Gilles de Maistre
Documentario
Distribuzione: Lucky Red
Voto: 65

La rotondità delle sfere celesti che si allineano provocando un’eclissi fa da contraltare a quella delle pance delle mamme prossime al parto, scelte fra diverse etnie, per raccontare come diversamente ci si possa appropinquare a quel passaggio inevitabile per la propagazione della specie ed uguale per tutte le razze, che è il parto.

Assisteremo a vari allestimenti di quel momento così ricco di significato ma anche di rischi, seguendo alcune donne in diversi paesi: in Tanzania, nei territori Masai, in una capanna assistita da altre donne; in Vietnam nell’ospedale di Le Tu Du, uno degli ospedali con il più alto numero di parti al mondo; negli Stati Uniti, nel Maine, in una comune, con la sola assistenza di partner e amici; nel deserto del Niger, in una tenda sulla sabbia; in Messico, in un delfinario, in compagnia oltre che di medici e amici, di alcuni curiosi delfini, o in una spiaggia immacolata; in India, a Benares, sul tavolaccio di una levatrice dello slum; in Francia, in un ospedale, con marito e dottori; in Brasile, nel cuore della giungla amazzonica, assistita dalle altre donne della tribù; nell’estremo nord della Siberia Occidentale (Russia), in mezzo alle nevi e al gelo, un’appartenente alla tribù dei Dolgans, per legge in una struttura ospedaliera; in Giappone nella città di Nagoya, con l’accudimento di un anziano medico che predica il ritorno alle origini.

Solo il parto francese, di una ballerina che danzerà fino al giorno prima di sgravare, e quello nell’Alaska russa per obbligo di stato, avvengono in una struttura ospedaliera, gli altri sono dettati da usanze o necessità diverse, in contesti ben differenti per grado di progresso e civiltà oltre che per le disponibilità finanziarie (quando si è molto poveri la scelta non è mai vasta). Solo uno dei parti non andrà a buon fine, tutti gli altri produrranno urlanti e robusti neonati. L’atmosfera complessiva è molto new age, con la voce fuori campo di Isabella Ferrari che legge solenne il testo che accompagna le immagini. Pur apprezzando il tentativo encomiabile del documentarista Gilles de Maistre, non siamo pienamente d’accordo.

Il film può servire a ricordare che il mondo non si ferma all’Occidente e che nel resto del pianeta milioni di persone vivono e prolificano molto più di noi in condizioni infinitamente più disagiate. Quelle condizioni che qualche occidentale (come la ragazza della comune americana) si diverte a ricreare, fortunatamente sempre con qualche ospedale di riserva raggiungibile con una corsa in auto, perché non dimentichiamo che l’ospedalizzazione ha ridotto enormemente il numero dei decessi di madri e figli. Molte donne probabilmente amerebbero partorire in compagnia dei delfini o in una appartata spiaggetta dei Caraibi, nessuna crediamo vorrebbe farlo attaccata ad un ramo in una capanna o in un lurido slum indiano.

Ognuno dovrebbe essere messo nella condizione di poter partorire al meglio, secondo la sua propensione, gli usi e i costumi locali, ma sempre nella più grande sicurezza per se stessa e per il figlio. Il resto è folklore spruzzato di misticismo.