Nemico pubblico N. 1 – L'istinto della morte

Jacques Mesrine è stato uno dei più famosi banditi francesi, ha rapinato banche e sequestrato ed ammazzato diverse persone, ha avuto tre figli, una moglie e molti amori, formando coppie affiatate anch

Regia: Jean-François Richet
Cast; Vincent Cassel, Gerard Depardieu, Cécile de France
Distribuzione: Eagle
Voto: 75

Jacques Mesrine è stato uno dei più famosi banditi francesi, ha rapinato banche e sequestrato ed ammazzato diverse persone, ha avuto tre figli, una moglie e molti amori, formando coppie affiatate anche “professionalmente”, stile Bonnie e Clyde. E’ stato un uomo spietato e violento, ad un certo punto della sua “carriera” idolatrato dalla stampa, che però, a differenza del nostro Lutring, si è macchiato le mani con molto sangue.

Ma anche i personaggi interamente negativi hanno una loro grandezza drammaturgica, per la capacità di lasciarsi alle spalle ogni regola civile, per la mancanza di scrupoli, la coerenza anche in negativo, l’assunzione delle proprie colpe, senza cercare alibi o perdoni. Per circa vent’anni, fra il 1959 ed il ’79, Mesrine ha riempito le cronache d’oltralpe con le sue avventure, le catture, le evasioni spettacolari, le interviste, l’esibizione della sua clandestinità. Per raccontare una vita simile un solo film non era sufficiente. Così il regista Jean-François Richet ha suddiviso il racconto su due film, il primo si intitola L’istinto di morte, come il romanzo autobiografico scritto da Mesrine in carcere prima della sua evasione (quello seguente è Colpevole di essere innocente), mentre il secondo si chiamerà L’ora della fuga ed uscirà a metà aprile.

Gli auguriamo con buoni esiti al nostro botteghino perché Richet non è famoso come Tarantino e la storia non è quella di Kill Bill. Ma il film è un interessante noir classico, duro e secco, con buone sequenze di violenza non estetizzata, ispirato all’opera del grande Jean-Pierre Melville (“padre” anche di tanti poliziotteschi all’italiana anni ’70), senza glamour e finezze, senza romanticismi inutili. Già adolescente dalle amicizie rischiose, dopo un traumatico periodo di leva durante la guerra in Algeria, Mesrine torna cambiato, impossibile il reinserimento da borghese nella famiglia e nel mondo del lavoro. E’ un’altra la vita quella che ambisce, libero da impegni e doveri, tutte le notti da spendere liberamente, gioco e donne, avventure sempre sul filo del rasoio, amicizie pericolose. E ogni tanto qualche rapina per riempirsi le tasche.

Durante una trasferta in Spagna si innamora di una ragazza, la seduce, la sposa, ne fa la madre dei suoi tre figli. Ma il richiamo della sua vita precedente è troppo forte. Con una nuova compagna compie azioni sempre più estreme, mettendosi contro il suo stesso ambiente. Fugge allora nel Canada, a Montreal, dove nuovamente si macchia di tali crimini da finire in un carcere durissimo, dal quale comunque evaderà.

Un personaggio negativo, che nessuno cerca di riabilitare o idealizzare, mostrato in tutta la sua megalomania e crudeltà, ottimamente interpretato da un durissimo Vincent Cassel per niente fascinoso, come spesso siamo abituati a vederlo, qui con le lenti a contatto a scurirgli gli occhi, ingrassato anche di 20 chili per esigenze di sceneggiatura. Con lui anche Gerard Depardieu, un potente gangster suo mentore ed ex agente OAS, la potente organizzazione di estrema destra che operava clandestinamente in Algeria (e qui il film purtroppo sorvola, perché un maggiore approfondimento sarebbe stato interessante, essendo stata questa organizzazione di estrema destra ben presente nella vita pubblica francese fino almeno al 1962, con strascichi e vendette anche negli anni seguenti).

La sua amante e complice è interpretata da Cécile De France, il socio e amico di giovinezza è Gilles Lellouche, mentre la giovane sposa ha il volto semplice di Elena Anaya. Bella scelta di brani d’epoca come accompagnamento. L’istinto di morte è un film ad alto budget, nove mesi di riprese, ottimi incassi in patria e tre Cèsar, gli Oscar francesi, diretto con grande attenzione alla ricostruzione scenografica ed anche estetica (con l’uso dello split screen, tipico di quegli anni), decisamente migliore del precedente film di Richet, Assalto Distretto 13, il remake del film di Carpenter Distretto 13 le brigate della morte. Come spesso accade, la sua uccisione ha fatto di Mesrine un’ icona, rischiando di farlo assurgere a quell’eroe di ribellione e non conformismo che non era.

Il secondo film ce lo mostrerà al suo ritorno in Francia, sempre dedito a delinquere ma anche impegnato a costruirsi un’immagine pubblica, sempre intento a rapine e rapimenti ma anche a battaglie legali e provocazioni politiche. Come dirà un poliziotto “Mesrine era un gangster con un ottimo senso del marketing”.