Cadillac Records

Leonard Chess, un ebreo polacco emigrato a Chicago, un proletario dall’umile mestiere; Muddy Waters, un lavoratore agricolo del Mississippi, un eufemismo per definire la schiavitù dei neri costretti..

Regia: Darnell Martin
Cast: Adrian Brody, Jeffrey Right, Beyoncé Knowles
Distribuzione: Sony
Voto: 70

Leonard Chess, un ebreo polacco emigrato a Chicago, un proletario dall’umile mestiere; Muddy Waters, un lavoratore agricolo del Mississippi, un eufemismo per definire la schiavitù dei neri costretti a ancora e sempre a lavorare nei campi per sopravvivere. Due personaggi alla ricerca di rivalse su un destino da perdenti, all’inseguimento di sogni difficili da sognare nell’America della fine degli anni ’40. Leonard aveva il coraggio di aprire con pochi soldi un club in un quartiere nero, Muddy quello di abbandonare i campi per seguire la sua musica. Si incontreranno nella Windy Town e sarà un incontro che passerà alla storia. Chess aprirà la Chess Records, la sua casa discografica, e le prime uscite saranno i blues di Muddy, accompagnato all’armonica da Little Walter, mentre Willie Dixon subentrerà a comporre nuovi brani (si tratta di nomi mitici nel campo del blues). Poi arriverà Chuck Berry e il successo di massa, anche fra la clientela bianca. E alla fine (At Last…) lei, Etta James, per compiere il definitivo crossover.

Mentre sullo sfondo nasce la stella di Elvis e dal blues si passa al Rock’ n’ Roll, in un susseguirsi di problemi la bella storia volge al termine e nel 1969 Chess venderà la sua creatura, lasciando gli artisti al destino che sarebbero stati capaci di forgiarsi da soli, al di fuori di quella che tutti loro definivano una “famiglia”. Cadillac Records è il titolo del film che racconta la loro storia e si riferisce all’abitudine di Chess di regalare Cadillac in premio ai suoi artisti, quando conseguivano buoni risultati di vendita. Il film, rispettoso come sono spesso le biografie musicali pur nella necessità di romanzare alcuni fatti, mette in scena una serie di personaggi che i ragazzi di oggi non conosceranno molto, anche se si deve ad una canzone di Muddy Waters il nome scelto dai Rolling Stones, che nel ’67 lo vollero a Londra per un tour, avendolo sempre considerato il loro ispiratore. Nel film compaiono velocemente agli albori della loro carriera (interpretati da alcuni attori), come giovanissimi fan in visita al loro idolo, con i capelli troppo lunghi per la ben più conservatrice America di quegli anni. I personaggi sono descritti con accettabile realismo, nei loro umani vizi e nelle loro umane virtù, nelle debolezze e negli atti di coraggio.

Sia Chess che gli artisti hanno compiuto il loro percorso in mezzo a difficoltà oggi inimmaginabili, per la situazione politica e sociale del tempo (ai concerti di Chuck Berry, poliziotti vigilavano per tenere separate le due platee, bianca e nera, per mantenere la segregazione che imperava in ogni manifestazione di vita quotidiana). Il grande successo li ha spesso fuorviati, portando alcuni verso eccessi e intemperanze, verso alcool e droghe, spesso si sono scontrati per rivalità e gelosie sentimentali e professionali e per comuni incomprensioni, hanno subito le pressioni di essere loro stessi di pelle diversa, dei neri che lavoravano per un bianco. Ma hanno scritto una pagina fondamentale della musica. Adrian Brody interpreta Chess con la consueta sensibilità, soprattutto per quanto concerne la sua vita privata che, almeno così ci mostra il film, fu segnata negli ultimi anni da una passione sofferta per Etta James, donna tormentata oltre che dipendente dall’eroina. Jeffrey Wright è Muddy Waters, confermando le doti già dimostrate in W., Syriana, Broken Flowers, mentre il ribelle Little Walter è interpretato da Columbus Short. Cedric The Entertainer è Willie Dixon, come personaggio e come voce fuori campo, a raccordare il passato col presente (è quello sopravvissuto più a lungo). Eamonn Walker (Oz) si fa notare nel piccolo ruolo del bluesman ribelle Howlin’ Wolf; il famoso artista hip hop Mos Def interpreta Chuck Berry, il geniale musicista quasi rovinato dall’irrefrenabile passione per le donne. E Beyoncé interpreta la mitica Etta James, più bella dell’originale quanto ad immagine ma non nella voce, pur notevole.

Quasi tutte le canzoni, tutti celeberrimi standard, sono ricantate dagli attori. Come Ray, come Dreamgirls, come Walk The Line, anche Cadillac Records, diretto dall’afroamericana Darnell Martin, è un biopic con un valore relativo, in quanto attribuisce ai personaggi parole e sentimenti che non sono ovviamente quelli reali, sfumando e addolcendo i lati più negativi, soprattutto nel personaggio di Chess (il fratello Phil, produttore e tecnico del suono, viene lasciato in disparte dalla narrazione), che certo aveva dovuto ricorrere a metodi disinvolti per sfondare, corrompendo i dj delle radio e truccando i conti della ditta. Ma spesso il mondo musicale è stato percorso da queste figure di geniali padri-padroni, attenti sì all’arricchimento ma capaci di scelte artistiche vincenti, senza i quali gli artisti forse si sarebbero persi. Tutti dormono nella Rock and Roll Hall Of Fame, mentre le loro canzoni ancora vengono cantate e ricantate e ascoltate nel mondo. Prodotti di questo genere sono sempre utili quasi a scopo didattico, per capire quanto fosse diverso nel passato il modo di fare musica, come fosse improvvisato e artigianale un ambiente oggi dominato da poche, glaciali Major: tutti anche allora volevano fama e soldi, ma ad imporsi erano solo talenti veri, mentre oggi è il marketing ad avere potere assoluto.