Con l’uscita di Scribblenauts su Nintendo DS il mondo dei videogiocatori è destinato a dividersi in due parti: chi ci ha giocato e chi no. Perché il titolo di 5th Cell è originale, innovativo…
Il succo del gioco è estremamente semplice, come vi abbiamo già raccontato qualche mese fa quando abbiamo avuto modo di provarlo in anteprima: per superare i vari livelli (e sono più di duecento), egualmente suddivisi tra Puzzle e Azione, occorrerà portare a termine obiettivi ben precisi ed estremamente diversi di volta in volta, così da raccogliere la stellina (Starite) che ci attende come premio finale. Come fare, dal momento che il protagonista, il simpatico Maxwell, parte ogni volta a mani vuote? Digitando o scrivendo il nome di ciò di cui avete bisogno, facendolo comparire immediatamente sullo schermo. Vi serve una calamita per allontanare un blocco di metallo? Una fetta di torta da dare a un bimbo affamato? Un UFO per risucchiare i nemici? Un lanciafiamme per sciogliere un iceberg? Uno pterodattilo per volare? Non ci sono limiti a quel che è possibile evocare, a patto che non si tratti di volgarità, marchi registrati o cose non tangibili. Non potete richiamare una Ferrari o la pace nel mondo, per intenderci.
Gli oggetti che magicamente farete comparire sullo schermo andranno utilizzati nel modo migliore e più efficace per poter raggiungere l’obiettivo del livello. Il gioco premierà le soluzioni più originali, meno violente o particolarmente arzigogolate, oltre a quelle che usano meno oggetti (esiste anche un “par”, come nel golf), e lo farà elargendovi “ollar”, soldini da spendere nello store per comprare avatar e canzoni e per sbloccare i livelli più avanzati. Un ottimo stratagemma per favorire la rigiocabilità: potrete sbizzarrirvi, una volta finito il gioco (ma anche prima) a ripetere i livelli cercando di star sempre sotto il par o di guadagnare il maggior numero di punti stile con soluzioni particolarmente arzigogolate: fatelo per tre volte e guadagnerete una stella d’oro.
Altro elemento che favorisce la longevità a lungo termine di Scribblenauts è l’editor di livelli, nel quale usare le ambientazioni sbloccate e ogni oggetto presente nel “dizionario”. Si può anche stabilire l’umore delle creature presenti nel livello: un tirannosauro docile come un tapiro o un canarino nervoso come una faina. A voi la scelta. Queste creazioni possono essere condivise via wi-fi o su internet.
Gli sviluppatori hanno insistito parecchio sul fatto di aver inserito praticamente ogni cosa all’interno del gioco, e se non è così poco ci manca. Difficile che qualcosa non compaia una volta digitato. Vi serve una macchina del tempo? Uno zombie? Un buco nero? Un portale come quello del gioco di Valve? Detto (scritto) fatto! Quel che rende Scribblenauts un’esperienza unica e straordinaria è proprio l’assoluta libertà che offre al giocatore di fare quel che gli pare, di scegliere soluzioni ovvie per risolvere un enigma o di sbizzarrirsi con qualcosa di meno prevedibile. Avendo a disposizione decine di migliaia di oggetti (quanti di preciso gli sviluppatori non hanno voluto rivelarlo, ma siamo sopra le ventiduemila parole), capite bene che le possibilità sono davvero tante. Non a caso gran parte delle ore che trascorrerete giocandoci, soprattutto all’inizio, passeranno semplicemente evocando le peggiori cose, le più assurde e deliranti, per poi cercare il modo di utilizzarle in maniera sensata.
Ora, se non avete spulciato il voto sulla destra del monitor (ma so che l’avete fatto!), dopo quel che avete letto il minimo che ci si può aspettare è un 10. Purtroppo non è così. E lo dico con il cuore in pezzi. Perché il gioco perde per strada gran parte del suo potenziale, per colpa di alcune meccaniche che implementate in maniera imperfetta, a partire dall’interfaccia.
La sua struttura è molto semplice: per indicare a Maxwell dove andare basta picchiettare con il pennino nel punto desiderato e lui ci andrà, occupandosi di superare da solo i piccoli ostacoli. Peccato che quelli più grossi non lo fermino, sia che si tratti di un muro che di un pozzo senza fondo. Nel primo caso pazienza, non si muove, nel secondo tipicamente muore. Il che è un po’ stupido, ne converrete con me. Il problema più grosso però sta nell’imprecisione con cui il pennino interagisce con gli oggetti: cliccandoli, infatti, essi possono essere spostati o “consegnati” a Maxwell, ad altri personaggi o fatti interagire con l’ambiente. Basta sbagliare di un solo pixel, e il tap dello stilo verrà interpretato come un comando di movimento. Il più delle volte con effetti devastanti. Provate a spostare un buco nero, e se per sbaglio non lo “afferrate” ma toccate lo schermo un pixel più in là, Maxwell ci si getterà dentro a capofitto.
E sì che sarebbe bastato così poco per evitare quello che, a tutti gli effetti, è il principale difetto del gioco: questioni di performance a parte che ignoro, perché non inserire un semplice cursore da muovere con lo stilo, così che un oggetto possa essere evidenziato automaticamente senza interazione da parte dell’utente? In questo modo sarebbe sempre stato chiaro se il tap sullo schermo è per far muovere Maxwell o per interagire. In alternativa, si poteva lasciare al d-pad il controllo del movimento di Maxwell, mentre così com’è serve solo a guardarsi in giro; anche qui, bastava attivare una combinazione di tasti, tipo X + d-pad per la telecamera e il problema era in larga parte risolto. Deprecabile il fatto che la visuale, quando vi spostate lungo un livello per capire cosa fare, dopo qualche breve istante di inattività torni sul protagonista, senza lasciare il tempo di osservare quanto si vuole. Senza voler essere pedante, anche questa funzione poteva tranquillamente essere associata alla pressione di un tasto. Ehi, il DS ne ha parecchi!
A questo punto devo aprire una piccola parentesi e inserire quella che in tutta onestà non so se valutare come una limitazione del design dei livelli o del mio cervello: il fatto che tanti, tantissimi di loro possano essere risolti con due o tre oggetti, sempre gli stessi. Una volta scoperte le potenzialità del jetpack o delle ali (quelle di un angioletto), per spostarmi da un punto all’altro della mappa non ho più sentito la necessità di inventarmi chissà che cose strane. Ripeto, forse sono pigro o poco fantasioso io, forse sono troppo schiavo dei videogame “normali” dove le dinamiche di gioco sono estremamente limitate rispetto a Scribblenauts, ma devo anche pormi il dubbio se per caso non sia anche colpa di come sono concepiti e strutturati gli enigmi. Paradossalmente, in diverse occasioni mi sono dovuto auto-imporre la ricerca di soluzioni creative e/o originali e/o che sfruttino l’enorme potenziale a disposizione per non dover ricorrere al solito paio di ali o alla solita fune. Il che mi è sembrato andare nella direzione opposta a quella del gioco. Poi magari chissà, potrebbe essere una sfida anche quella di cercare di risolvere più enigmi possibili usando sempre le stesse cose. Fine della parentesi.
Alcuni livelli, in particolare quelli di tipo “puzzle”, ossia con obiettivi da raggiungere, sono poco chiari per non dire criptici. O non si capisce per niente cosa occorre fare, e la frasettina di una riga scritta all’inizio non aiuta granché, oppure è fin troppo chiaro ma apparentemente non è quello che gli sviluppatori avevano in mente. Il che porta a mettersi a provare e riprovare nella speranza di imbocciare la combinazione giusta. Unite questo aspetto all’interfaccia non propriamente a prova di errore, e il risultato è la festa del trial and error. Per fortuna esiste sempre la possibilità di provare soluzioni alternative!
Non sono mancate occasioni, al contrario, nelle quali i livelli si sono praticamente “auto-risolti”, più per caso che per abilità di chi gioca (tirare un nano da giardino in faccia a un gruppo di bambini vestiti da mostri la notte di Halloween equivale a raggiungere l’obiettivo richiesto, ossia “dolcetto o scherzetto?”? Sarà).
Ci sono poi alcuni difetti minori, magari fastidiosi ma su cui uno è anche disposto a chiudere un occhio considerata la portata e l’enormità di oggetti, interazioni e azioni possibili all’interno del gioco: uno su tutti, il fatto che un carro armato non riesca a passare indenne attraverso un tornado ma venga spazzato via con la stessa forza che colpisce il piccolo Maxwell. Evidentemente qualche semplificazione si è resa necessaria: niente di grave, basta saperlo.