A ripensare alle abbazie e alle ambientazioni sullo stile Il nome della Rosa di Umberto Eco, la mente vola ahimé a Satan’s Alley, il finto film con Kirk Lazarus promosso nella sequenza di apertura…
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Passiamo al gioco, che ne dite? L’ambientazione è quella arcinota del già citato Nome della Rosa, un monastero medievale isolato in cima a una montagna, il luogo ideale per intrighi di ogni sorta. I protagonisti sono il frate Leonardo da Toledo e il suo novizio Bruno. Il religioso è un intellettuale dal passato misterioso chiamato a indagare su una morte occorsa in circostanze poco chiare: i cento chili di un turibolo del monastero sono precipitati su un fraticello e l’hanno ucciso. La fune a cui era appeso, si scoprirà subito, era stata manomessa. Già l’arrivo dei due all’abbazia è all’insegna del pericolo, con una figura nell’ombra che fa rotolare un masso verso di loro, e i monaci che in generale si mostrano assai poco cooperativi nelle indagini e sembrano tutti complici e custodi di qualche strano segreto. La storia è piena di richiami all’alchimia, alla Santa Inquisizione, alla politica della Chiesa e ai peccati capitali a cui i frati dovrebbero avere per voto rinunciato da tempo.
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Dal punto di vista grafico, come dicevamo, il gioco si presenta in maniera meno convenzionale e scontata del solito, allontanandosi un goccio dall’abusato canone del 2.5D con personaggi 3D su fondali pre-renderizzati, grazie al cel-shading dei modelli dei personaggi e all’ottimo uso di ombre e luci. Un punto sicuramente a favore del gioco. Anche per il contrasto che si crea con la storia, decisamente molto meno “per bambini” dello stile scelta per raccontarla. Peccato per la scarsa l’espressività dei personaggi.
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Le dinamiche del gioco sono classiche, ma così classiche che più classiche non si può. Il mouse controlla movimento del personaggio, interazione, scelta dei menu e inventario. Su quest’ultimo si basano gran parte degli enigmi: occorrerà raccogliere oggetti e utilizzarli per risolvere i diversi problemi del caso; si tratta quasi sempre di enigmi logici e piuttosto lineari, niente di strampalato o assurdo o che costringe a sforzi mentali assurdi. Purtroppo c’è anche parecchio backtracking, ossia ripercorrere avanti e indietro stanze e location, una cosa che personalmente trovo sempre molto tediosa e frustrante. Fortunatamente c’è una mappa che può essere usata per velocizzare gli spostamenti nelle invero non troppo numerose che compongono il monastero.
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Quel che rimane di The Abbey, tolti questi non trascurabili difetti, è una storia molto robusta – per quanto non tremendamente originale – e “adulta”, che affronta numerose tematiche in maniera seria e avvicente, che può essere portata a termine in una quindicina di ore, e un cast personaggi molto più profondi di quanto l’impatto grafico lasci immaginare a prima vista.