Prison Break: The Conspiracy – Recensione PC/Xbox 360/PS3

Quella di Prison Break è una strana serie televisiva: partita bene, benissimo, a giudizio di chi scrive avrebbe dovuto concludersi al termine del tredicesimo episodio della prima stagione…

Quella di Prison Break è una strana serie televisiva: partita bene, benissimo, a giudizio di chi scrive avrebbe dovuto concludersi al termine del tredicesimo episodio della prima stagione (come molte serie “brevi”), ma evidentemente il suo successo ha convinto i produttori ad andare avanti fino alla fine dell’anno. Poi la seconda stagione, con gli uomini di Fox River in fuga per l’America, ancora più improbabile ma godibile. Poi la terza stagione, ambientata nell’assurdo penitenziario di Sona, a Panama, che già rasentava il ridicolo e si guardava a fatica. Per arrivare alla quarta e ultima stagione, il canto di un cigno che avrebbe dovuto essere abbattuto molto tempo prima.


Al termine di tutto questo turbinio di eventi, il principale problema del videogioco di Deep Silver è quello di essere arrivato decisamente fuori tempo massimo. Conclusa la serie come sa chi l’ha vista, e comunque anni dopo la spettacolare evasione dei fratelli Michael Scofield e Lincoln Burrows, tornare nuovamente nel carcere di massima sicurezza di Fox River appare un po’… come dire… inutile. E poco coinvolgente, perché la prima cosa che ci aspetta una volta lanciato il gioco è scoprire che non vestiremo i panni di uno dei due fratelloni, ma di un personaggio inventato di sana pianta, un certo Tom Paxton, agente infiltrato della Compagnia la cui missione consiste nel sincerarsi che Burrows finisca sulla sedia elettrica, come da complotto.


Senza rovinare la serie TV a chi volesse recuperarla (ma solo la prima e, se proprio, la seconda serie, non conviene davvero andare oltre), basti sapere che Lincoln Burrows è il fratello un po’ più scemo che si è fatto incastrare per aver ucciso il fratello della vicepresidente degli Stati Uniti. Michael Scofield, invece, il fratello genialoide, si è fatto arrestare e sbattere nella stessa prigione così da poter evadere con quello più scemo (e davvero, non spoilero nient’altro).


Dovendo inserire un estraneo in una vicenda tutto sommato già scritta, gli sviluppatori hanno dovuto prestare molta attenzione a far sì che non interferisse con il piano dei due fratelli, che vedrà pian piano prendere forma. Questo ci permetterà di “incontrare” i personaggi più importanti della serie: il boss John Abruzzi, lo psicotico Theodor “T-Bag” Bagwell, C-Note, Fernando Sucre e il capo delle guardie Brad Bellick. Peccato per l’assenza della dottoressa Sara Tancredi, Haywire e Charles Westmore, nonché del direttore Henry Pope.
L’ambiente di gioco è uno solo, il carcere federale: chi ha seguito la serie si sentirà “a casa”, vista la precisione con cui è stato ricostruito il set, ma ciò non toglie che in generale il setting sia comunque piuttosto monotono. Dal punto di vista del gameplay Prison Break è un action 3D (che si porta a termine in meno di dieci ore) nel quale si fondono missioni stealth in cui nascondersi e muoversi in assoluto silenzio attraverso alcune parti della prigione e sezioni di combattimento con altri detenuti, il tutto condito da una certa qual sovrabbondanza di Quick Time Event. Gli obiettivi consistono principalmente nell’andare in un punto e recuperare un oggetto; lo svolgimento delle missioni è completamente lineare, senza alcuna libertà di scelta e con pesanti sessioni scriptate (in cui compaiono i QTE di cui sopra).


I combattimenti non brillano per varietà, avendo il nostro eroe a disposizione solo due mosse e dovendosi cimentare con nemici dall’AI alquanto limitata; in questo caso però ci si può cimentare in missioni (chiamiamole così) secondarie a base di pesi e boxe con cui “potenziare” il fisico e diventare ancora più forti; non potevano mancare i tatuaggi, chiaramente, anche se non hanno alcun impatto sul gioco e non ci si avvicina neppure lontanamente a quelli di Michael Scofield!


Dal punto di vista tecnico PB è quantomeno discreto: i livelli sono ben curati, la prigione ricostruita molto bene e i personaggi principali ben riconoscibili a chi li ha già visti sul piccolo schermo, ancorché poco espressivi; peccato che i poligoni scarseggino, che alcune animazioni (in particolare quelle di Paxton) non siano molto curate e che le texture si ripetano un po’ troppo spesso. Le voci sono quelle degli attori americani, con sottotitoli in italiano.