Ritorna l’ammazza-nazisti più stiloso di sempre.
Milano, Inverno del 2001.
Io e il mio amico Fabio Bortolotti, di cui sicuramente avete letto qualche articolo, avevamo passato buona parte delle vacanze natalizie a sparare a demoni e nazisti. D’altro canto è da quando eravamo dei mocciosi che giocavamo insieme ai titoli più belli usciti nel corso dell’anno. In quel particolare periodo ci era capitato per le mani Return To Castle Wolfenstein, erede di quel capolavoro uscito nel 1992 che, oltre ad aver consacrato la tecnologia di Carnack, aveva raffinato il genere degli sparatutto in prima persona. Ci eravamo talmente appassionati al lavoro di id Software che certe volte, quando andavamo a farci una passeggiata, ci trovavamo a guardare con apprensione alle finestre che davano sulla strada, alla ricerca di eventuali cecchini.
Insomma, amavamo quel gioco!
Dopo un’introduzione di questo genere potete facilmente immaginare la mia felicità nell’apprendere, proprio da Fabio, che i lavori sul nuovo Wolfenstein erano a buon punto e che, dopo una gestazione di circa cinque anni, il successore di uno dei miei giochi preferiti era lì lì per uscire sul mercato. Chi non è un fan sfegatato della serie difficilmente potrà comprendere tanto entusiasmo. È doverosa quindi una breve premessa. Come ben sapete, di FPS ce ne sono a bizzeffe. Pochi tra questi, però, possono vantare il pedigree di Wolfenstein. Dopo aver rifinito il neonato genere degli FPS, infatti, questa serie aveva raggiunto vette di eccellenza con Return to Castle Wolfenstein. In questo titolo si vestivano i panni dell’agente B. J. Blazkowicz, un soldato tutto d’un pezzo inviato in territorio nemico per porre fine ai loschi piani di Heinrich Himmler. Il cattivo per eccellenza, infatti, aveva impiegato le sue SS in improbabili studi sul paranormale che, sfortunatamente, avevano risvegliato creature demoniache e assetate di sangue.
Si trattava quindi di un gioco un po’ “caciarone” e ignorante, tutto esplosioni, sparatorie all’ultimo respiro e battute al vetriolo, ben lontano dalla seriosità di un più moderno Call of Duty o di un FarCry. Non aspettatevi, quindi, che l’ultimo nato in casa Raven abbia perso di vista la sua filosofia originale. Ancora una volta, infatti, si vestiranno i panni del buon Blazkowicz, impegnato a fare lo scalpo a legioni di nazisti e a mostri demoniaci. Anche in questa occasione gli sviluppatori hanno scelto di sondare il terreno dell’insondabile, introducendo nella vicenda il Black Sun, un oggetto dal potere misterioso che, secondo i piani di Himmler, avrebbe dovuto garantire gloria imperitura al Reich.
Il problema è che spesso non tutto gira per il verso giusto, soprattutto se il magico amuleto che permette di sfruttare tale Black Sun cade nelle mani sbagliate che, in questo caso, sono proprio quelle di Blazkowicz. Inizia così un’avventura piena di combattimenti all’ultimo sangue contro mostri e nazisti che metterà a dura prova le nostre abilità belliche. A facilitarci il compito ci penseranno alcuni particolari poteri che si riveleranno particolarmente utili nel corso delle missioni.
Pur non trattandosi di trovate originalissime, risultano ben integrate nelle meccaniche di gioco. La presenza dell’amuleto, infatti, permette al nostro alter ego digitale di collegarsi a una dimensione parallela, quella di Veil, che è proprio l’origine del potere del Black Sun. Tra i poteri disponibili è il caso di ricordare lo slow motion, una sorta di bullet time in stile Max Payne che vi consentirà di muovervi a grande velocità, evitando gli attacchi nemici e sparando al contempo con maggiore precisione. Nonostante gli aiuti, l’impresa di “Blasco” non sarà certo facile. Questo anche in considerazione del fatto che i poteri non possono venir utilizzati a piacimento e anzi bisognerà possedere un sufficiente quantitativo di energia occulta per attivarli. Non preoccupatevi, però, visto che sparsi per i livelli si potranno trovare dei particolari pozzi pieni di questo demoniaco pseudo-mana.
Altra novità rispetto al precedente episodio è rappresentata dall’introduzione di alcuni commilitoni che a volte vi accompagneranno durante le missioni. Non pensate a Wolfenstein come a una rivisitazione in chiave fanta-horror di un Brothers in Arms. Non si avrà, infatti, alcun controllo sugli alleati visto che non sarà possibile impartire loro degli ordini, neppure basilari. Certo, però, che la loro presenza rende l’azione più adrenalinica e coreografica, con ambientazioni piene di soldati che si sparano addosso.
Anche se è duro ammetterlo, per il momento Wolfenstein non ci ha convinti fino in fondo. La realizzazione tecnica appare abbastanza datata e anche lo stile grafico non sembra distinguersi troppo da quello dei “soliti” FPS ambientati nella seconda guerra mondiale. Anche l’idea dell’amuleto è interessante, ma non proprio originale. È comunque inutile fasciarsi la testa prima del tempo, visto che mancano ancora diversi mesi prima della sua pubblicazione. Con un buon lavoro di rifinitura questo titolo potrebbe rendere onore ai suoi illustri predecessori.