Fable III

Il ritorno nelle terre di Albion non è sempre indolore come ci si potrebbe aspettare. [Review]

Acquista Subito su GamesVillage.it ShopI giochi di Peter Molyneux sono da emozioni forti e categoriche: o li ami, o li odi. Lo avevamo capito già dai tempi dell’ormai lontano Populous, era stato confermato da Black & White, e i primi due Fable hanno dimostrato che cambia il genere, non cambia la reazione a tinte estreme che generano nei giocatori. È dunque bene specificare che sta scrivendo queste pagine ha adorato Populous e Syndicate, si è divertito tiepidamente con Black & White, e se l’è goduta un mondo con Fable II.

Fatte le dovute precisazioni, passiamo a Fable III, e parliamone come se chi leggesse non avesse mai giocato a uno dei titoli sopra citati, in particolar modo al secondo episodio di questa serie, con cui è intimamente legato. La nuova avventura firmata dallo studio di Molyneux è un’avventura colorata in cui impersonerete un eroe impegnato, come è prevedibile, in prima linea per salvare il mondo. Non vogliamo parlarvi troppo della trama, e vi consigliamo di stare attenti a cosa leggerete in Rete, perché è veramente semplice correre il rischio di “spoiler” davvero dannosi. Il mondo è quello di Albion, una versione fantasy dell’Inghilterra di fine XIX secolo, sospesa tra magia e industrializzazione, tra novità tecnologiche e attriti sociali. Il re è il figlio primogenito dell’eroe di Fable II, e voi impersonerete il fratello (o sorella) minore; il re sembra pazzo, sta rovinando tutto quello che c’è di buono in Albion, e vi sentite di dover correre ai ripari, per detronizzarlo e salvare il reame con una bella rivoluzione.

Il vostro primo compito sarà quindi quello di creare un’alleanza che, unita, si opponga al re spietato. Questo si traduce in una serie di missioni che vi porteranno in giro per il reame, e che vi faranno conoscere sia la geografia che il tessuto sociale di Albion. Chi ha giocato al precedente episodio noterà delle “citazioni”, ma in generale Fable III, da questo punto di vista, è perfettamente godibile anche da un “neofita” che ha comprato l’Xbox 360 ieri e non ha mai sentito parlare di questa saga. Le missioni sono a metà strada tra un gioco di ruolo e uno d’azione. Non esiste tantissima scelta nelle quest vere e proprie: al limite dovrete prendere delle decisioni nella loro conclusione, e nemmeno in tutte. Come in Fable II, una traccia gialla vi condurrà letteralmente per mano in ogni momento verso la vostra destinazione. D’altro canto, le missioni sono piuttosto varie, originali e divertenti, anche se i combattimenti sono un pelo troppo frequenti per i nostri gusti. Oltre alle quest della trama principale, ne troverete a dozzine di secondarie, che vi permetteranno di accumulare esperienza e oro. Lo spirito tipicamente anglosassone del team di Molyneux fa si che anche la più stupida missione secondaria sia interessante e divertente, riuscendo a strappare persino qualche sorriso, anche grazie a un doppiaggio molto convinto e d’effetto – nonostante qualche imperfezione, tutto sommato perdonabile. Esistono poi delle missioni “di amicizia”, che sono semplicemente delle “consegne pacchi” , che invece sono abbastanza simili tra loro, ma sarà necessario giocarle solo per riuscire a conquistare determinati Achievement. Le abbiamo comunque trovate poco e male integrate con il resto del gioco.

Uno sforzo titanico è stato speso per rendere Fable III ancora più giocabile: la promessa fatta da Lionhead all’inizio della lavorazione era di un gioco senza interfaccia, e il risultato è molto vicino a mantenerla. In ogni momento potrete accedere a un “santuario” in cui sono presenti delle stanze.

Queste rappresentano il luogo obbligato del vostro inventario: da qui potrete vestirvi, cambiare arma o consultare la mappa del mondo. A noi ha ricordato “Matrix” e i suoi lunghissimi corridoi di armi, per intenderci. Di fatto, si tratta di un inventario più semplice e ridotto all’osso, al punto che sono presenti molte meno armi di Fable II (o di molti altri giochi di ruolo, se per questo). La semplificazione ha coinvolto anche le pozioni, visto che queste diventeranno disponibili solo quando ne avrete bisogno: quelle curative appariranno nel menu della croce direzionale solo quando sarete feriti, e non esisterà nemmeno un livello di energia, ma solo una tinta rossa che colorerà l’angolo in basso a sinistra (e questo ricorda un po’ l’evoluzione degli FPS).

I combattimenti sono immediati: un tasto del joypad governa gli attacchi in corpo a corpo, uno quelli a distanza e un altro gli incantesimi. Combinando l’intensità con cui premete ogni tasto con la direzione della levetta analogica, potrete lanciare un incantesimo “ad area” o una palla di fuoco, un colpo veloce della spada o un attacco imparabile. A proposito di incantesimi, ce ne sono pochissimi rispetto a Fable II: l’unica novità è che potrete combinarne due contemporaneamente. Sotto questo punto di vista, Fable III fa di tutto per risultare più semplice e accessibile, anche se non siamo del tutto sicuri che ci riesca, dato che per selezionare – per esempio – le acconciature abbiamo dovuto comunque ragionare un attimo sui controlli da joypad. A ogni modo, il gioco come esperienza di divertimento, non ne risente moltissimo, anche se ogni tanto abbiamo sentito il “peso” di un limite troppo evidente.

Chi ha giocato a Fable II ritroverà un gioco piuttosto simile, seppur reso un po’ più semplice (e siamo sicuri che sentiremo molto rumore su questo argomento). Comunque, il divertimento di girare per terre fantasy, risolvendo quest insieme al fedele compagno a quattro zampe che trova tesori sotterrati, è lo stesso. Fable III è un po’ più corto come trama principale: noi l’abbiamo completata (insieme a diverse quest secondarie) in dieci ore, ma “dopo” il gioco rimane aperto, e quindi potrete continuare a far crescere il vostro personaggio, risolvere altre quest, costruire un impero immobiliare e aspettare gli immancabili DLC.

Fable III è riuscito anche a farci riflettere. Nella “seconda parte”, dovrete prendere delle decisioni sul regno: niente di paragonabile a Populous (per chi se lo ricorda), ma una gestione estremamente semplificata del reame, fatta attraverso una serie di “domande morali” e risposte “buone” o “cattive”. E se in molti giochi (compreso l’unico grosso dilemma di Fable II) la risposta ci è sembrata scontata, qua non è semplice capire quale è la migliore, posto che non esiste mai quella “giusta”. A meno di non dare un’occhiata agli Achievement, e quindi dedurre cosa intenda il team di Lionhead per “decisione giusta”. Questa “seconda parte” è però piuttosto deludente, e dimostra quanto ci sia ancora spazio per migliorare nel coinvolgere il giocatore con scelte morali: dopo averla giocata a fondo, scommettiamo che direte “tutto qua” e “non avevo capito che…”, per poi ritrovarvi catapultati nella Albion liberamente esplorabile. Ma di questo discuteremo quando avrete giocato: ora vi rovinerebbe la sorpresa e, probabilmente, vi influenzerebbe nelle scelte.