Uno spin-off che fonde tradizione e modernità, con qualche idea inedita.
La tradizione di spin-off dedicati all’universo di Final Fantasy è tutt’altro che trascurabile, se ci pensate bene: Final Fantasy Tactics e Chrystal Chronicles, del resto, sono lì a testimoniarlo. Generalmente, però, gli spin-off si concentrano su formule di gioco un tantino differenti da quelle che caratterizzano i JRPG tradizionali, mentre The Four Heroes of Light ricorda da vicino i vecchi episodi della serie regolare (in particolare il primo per NES), almeno per quanto riguarda l’impostazione di fondo.

Tanto per cominciare, la trama qui risulta ridotta ai minimi termini, con il protagonista principale, il quattordicenne Brandt, impegnato a sottrarre la principessa Carino dalla prigionia a cui l’ha costretta la Strega del Nord. Queste, quanto meno, sono le premesse narrative sulle quali viene edificata la storia, ma è chiaro fin da subito che non si parla di una vicenda dai toni epici e dai risvolti particolarmente complessi.
L’unica componente della narrazione alla quale viene data davvero rilevanza è quella riguardante i dialoghi. In particolare, gli scambi di battute con gli abitanti dei villaggi non risultano fini a se stessi, ma piuttosto fondamentali per trarre le indicazioni necessarie a proseguire nell’avventura. Se non si tiene conto di questo fattore si rischia di andare incontro a un sacco di frustrazione gratuita, perché il gioco si dimentica spesso (e volentieri) di fornire al giocatore le “coordinate” per orientarsi verso il suo prossimo obiettivo.

Un altro elemento di gioco che potrebbe spiazzare i giocatori di ruolo più “tradizionalisti” è rappresentato dal “targeting automatico” che regola la battaglie. In altre parole, non esiste la possibilità di scegliere il bersaglio su cui si abbatterà il nostro attacco (magico e non) o il nostro incantesimo di guarigione (nel caso di un alleato). Si tratta, com’è facilmente comprensibile, di una scelta che in alcuni frangenti può dar vita a fastidiosi effetti collaterali.
È vero, l’Intelligenza Artificiale tende a curare i compagni di squadra muniti del minor numero di HP, ma quando, per esempio, si tratta di resuscitare un caduto in battaglia la questione si fa più spinosa e l’IA, per com’è messa adesso, rischia di rovinare i piani di attacco del giocatore. Gli attacchi veri e propri, invece, risultano un tantino più facili da prevedere (quelli magici, per esempio, appaiono quasi sempre indirizzati verso la retroguardia nemica) e quindi risulta più facile impostare una tattica che tenga conto dello “stile di combattimento” della CPU.
Non è fuori luogo parlare di “tattiche” in questo contesto perché, a differenza della gran parte dei GdR che sfruttano i cosiddetti “Punti Magia”, The Four Heroes of Light si affida a un sistema costruito sugli “AP” (Ability Point), ovvero dei globi di energia (cinque, per la precisione) che sono alla base di qualsiasi mossa e che vanno ricaricati di volta in volta. Ogni attacco (fisico o magico che sia) consuma, infatti, un certo numero di AP e la strategia passa attraverso la necessità di scegliere i tempi in cui agire e quelli in cui rimanere immobili per ricaricare gli AP.
Le perplessità riguardanti questo nuovo spin-off di Final Fantasy, in attesa di vedere la versione finale, sono tutte inerenti all’inconsueto sistema di combattimento (e di gestione dell’inventario, aggiungeremmo), ma sotto il profilo stilistico non si può far altro che apprezzare e applaudire il lavoro degli sviluppatori: il character design (affidato al talentuoso Akihiro Yoshida) appare assolutamente strepitoso, così come la direzione artistica e la veste grafica, che sfruttano al meglio l’hardware del DS per dar vita a un universo dall’atmosfera surreale e trasognata, che grazie al suo linguaggio “simbolico” lascia ampio spazio all’immaginazione dei giocatori.
Aggiungete alla formula il multiplayer (fino a quattro giocatori in wireless locale) e una variante del tradizionale “Job System” a base di corone (ogni copricapo indossato varia la classe e l’aspetto del personaggio che lo indossa) e vi sarete fatti un’idea su di uno spin-off che, nonostante i limiti finora palesati, sembra promettere ore e ore di sano divertimento… alla vecchia maniera.