Amnesia The Dark Descent – Recensione PC

Lo smemorato Daniel è davvero nei guai: provate ad aiutarlo, se ne avete il coraggio…

Avete voglia di provare vera “paura” mentre giocate a un videogame? E, badate bene, quando diciamo “vera paura” intendiamo un terrore profondo e strisciante, finalmente evocato senza chiasso nelle press-release e senza disattendere puntualmente le aspettative (magari con i soliti “bau bau” a far capolino da nascondigli scontati). Se la risposta alla domanda iniziale è negativa, sappiate che questa sarebbe l’unica ragione per lasciarvi scappare la nuova creatura dei “magici cinque” di Frictional Games, gli sviluppatori indipendenti (e indomiti) dell’apprezzata serie Penumbra.

Per chi fosse all’oscuro delle precedenti opere di questo talentuoso team svedese, è bene fare un piccolo passo indietro, anche perché Amnesia TDD riprende in modo piuttosto preciso lo schema di gioco proposto nel 2007 con Penumbra: Overture. In pratica, il gameplay scaraventa il giocatore in ambientazioni angoscianti e misteriose, attraverso una visuale in soggettiva molto stretta (senza, cioè, alcuna concessione ad altre prospettive) e un uso avanzato della fisica di gioco, che consente di manipolare gran parte degli oggetti presenti a schermo grazie a un uso molto intuitivo del mouse, quasi alla stregua di un motion controller. Tratti distintivi di questi titoli, che comprendono anche il pregevole Penumbra: Black Plague, sono anche l’ispirazione dichiarata e mai banale agli scritti del maestro dell’orrore Lovecraft, da cui deriva anche il nome del motore grafico proprietario, l’HPL engine, oltre alla forte vulnerabilità del personaggio principale, totalmente incapace di contrapporsi con efficacia alle creature che, per una ragione o per l’altra, gli danno la caccia.

In effetti, rispetto all’opera prima di Frictional il ruolo dei combattimenti e delle trappole si è gradualmente ridotto – proprio perché l’anima delle esperienze risiede altrove – fino a scomparire del tutto in Amnesia The Dark Descent, dove non esiste alcuna possibilità di sopravvivenza se non quella di darsela a gambe, rifugiandosi nel buio o barricandosi in qualche stanza, dopo aver spostato oggetti abbastanza pesanti davanti alle porte. Ma, naturalmente, questa condizione di precarietà è uno dei motivi per cui la tensione è sempre ai massimi livelli, in particolare nell’ultimo arrivato, grazie anche a un audio direzionale incredibilmente potente e preciso, che non permette al giocatore di sentirsi al sicuro nemmeno per mezzo minuto di gameplay.

In termini di trama, Amnesia è più complesso dei suoi predecessori, che pure avevano mostrato le ottime qualità dei Frictional anche sotto il profilo narrativo. Il plot mischia le succitate suggestioni lovecraftiane con alcuni elementi della letteratura di Edgar Allan Poe, specie nel donare agli scenari la stessa dinamicità riservata ai personaggi in carne ed ossa.

Ma ancora più interessante si rivela la costruzione di un fitto intreccio tra finzione e riferimenti storici: il protagonista Daniel, risvegliatosi privo di memoria in un enorme e umido castello, durante le sue pericolose avventure viene a contatto con l’occultista Heinrich Cornelius Agrippa, veramente esistito nella Germania del XVI secolo; gli antichi culti mitraici costituiscono il filo conduttore della storia, attraverso misteriose sfere dal potere oscuro e letale (in cui riecheggiano anche riferimenti moderni, come il cubo dei “supplizziali” ideato da Clive Barker per Hellraiser); inoltre, l’altro personaggio chiave della sceneggiatura, il barone della fittizia Brennemburg, è riuscito a vivere diversi secoli prima di venire a contatto con il nostro Daniel, e questa idea ha permesso di far convivere ghiotti riferimenti alla storia europea e rimandi ai romanzi gotici inglesi di fine ‘800, con particolare riferimento ai capisaldi del genere (Dracula e Frankenstein in testa, naturalmente). Eccezionali anche le ricostruzioni delle torture medievali, spiegate nel dettaglio in forma interattiva: d’altronde, l’elevata carica letteraria di Amnesia emerge in qualsiasi momento del gioco, attraverso documenti, misteriosi manufatti “telepatici” e inquietanti voci, che il povero Daniel sente nella sua testa mentre si affanna per sopravvivere e per risolvere il mistero di ciò che lo circonda.

Tornando al gameplay vero e proprio, va rilevata una leggera riduzione degli oggetti interattivi rispetto ai Penumbra (comunque presenti in numero cospicuo) e un livello di difficoltà mai troppo elevato per gli enigmi proposti lungo il cammino (una decina di ore, procedendo con calma): entrambe le scelte, con grande evidenza, vanno inserite nel contesto di un’esperienza pensata per bilanciare esplorazione, elementi narrativi e momenti di puro thrilling, operazione in gran parte riuscita. Tuttavia, la bellezza di questo titolo ci ha fatto desiderare in più occasioni di soffermarci negli scenari per più tempo, magari alla ricerca di una soluzione più complessa per i rompicapo. Ma la perfezione non è di questo mondo, vero?

Anche sotto il profilo squisitamente tecnico, infine, ci troviamo di fronte a un’opera realizzata con grande cura. Certo è che l’HPL engine non può essere paragonato ai migliori motori grafici in circolazione, specie nelle texture e nella definizione poligonale. Al contempo, tuttavia, possono essere rilevati notevoli miglioramento rispetto ai due Penumbra: probabilmente, la massima punta qualitativa è rappresentata dagli effetti di luce e dalla massiccia presenza dell’acqua, attraverso riflessi legati in modo dinamico all’illuminazione. Quest’ultima simula con efficacia il tremolio delle luci naturali, scaturite dalle torce e dai lumi a olio, mentre il sistema di generazione delle ombre riesce a provocare ulteriore tensione, specie quando si scorge la sagoma di qualcosa di inumano all’orizzonte. Brrr, ci vengono ancora i brividi a pensarci.