Scott Pilgrim Versus The World: The Game – Recensione PS3/Xbox 360

Piccolo fenomeno di nicchia in lenta ma inesorabile espansione, Scott Pilgrim è il protagonista di una graphic novel che è diventata anche un film, nelle sale statunitensi proprio in questi…

La prima schermata di Scott Pilgrim Versus The World: The Game è un’immagine statica, con il logo della VBI (Vegan Bureau of Investigation), che dice “Winners don’t eat meat“. Parodia della celeberrima schermata iniziale di ogni coin-op degli anni ottanta e novanta, in cui il direttore dell’FBI ci ricordava che “Winners don’t do drugs“. Già questo è più che sufficiente a inquadrare il target a cui è rivolto il gioco: se avete capito la battuta, siete nel target. Se non sapete neppure di cosa sto parlando, non siete nel target. Circolare, circolare.


Piccolo fenomeno di nicchia in lenta ma inesorabile espansione, Scott Pilgrim (WikiPedia) è il protagonista di una graphic novel di Bryan Lee, il cui secondo episodio è diventato anche un film con Michael Cera e Chris Evans, nelle sale statunitensi proprio in questi giorni e presto in quelle italiane.

Il protagonista è il giovane Scott Pilgrim, un ragazzino che suona il basso in una band di Toronto. Scott si innamora perdutamente di Ramona Flowers, ma per poter uscire con lei dovrà sconfiggere i suoi sette cattivissimi ex-fidanzati. Scott è un nerd, uno di noi: la sua band si chiama Sonic and Knuckles, gioca a Tony Hawk per addestrarsi ad andare sullo skate, si rilassa con Bomberman, e vede il mondo con gli occhi di un videogame: la salute si misura in cuoricini di Zelda, le bibite sono punti salute, e le risse si affrontano come in un picchiaduro.


Il gioco di Ubisoft, disponibile in esclusiva su PS3 fino al prossimo 25 agosto, quando debutterà anche su Xbox LIVE Arcade, e venduto a 9.99 €, riprende la storia del film ma al tempo stesso rappresenta un omaggio senza riserve al mondo dei videogame a 8 e 16 bit: Scott Pilgrim è un picchiaduro a scorrimento orizzontale, con grafica dei “nostri tempi” (curata dall’artista della pixel art Paul Robertson), un gameplay che definire vecchia scuola sarebbe riduttivo, e una colonna sonora da far strippare ogni buon nostalgico che si rispetti (della band chiptune Anamanaguchi). Non mancano ovviamente richiami e tributi sparsi a piene mani un po’ ovunque, più o meno visibili, dalla schermata iniziale citata in apertura, passando per il simbolo della Triforce di Zelda sui bidoni dell’immondizia… e potrei andare avanti per ore.

Dopo aver scelto con quale personaggio giocare (Scott, Kim Pine, Steven Stills e la stessa Ramona), l’avventura si snoderà in sette macro-livelli – selezionabili da un “hub” in pieno stile 8-bit – pieni zeppi di gente da prendere a cartoni e sbattere al tappeto, e al termine dei quali ci aspetteranno, in bell’ordine, i sette ex-fidanzati di Ramona, ossia i canonici boss. Come nei picchiaduro di una volta (presente Double Dragon, Final Fight e compagnia bella?) non sarà possibile proseguire nel livello fin quando non avremo fatto fuori tutti i fantocci ancora in piedi. Ogni schermata sarà piena zeppa di oggetti da raccogliere e utilizzare contro gli avversari; quando saranno al tappeto, potremo raccogliere anche loro e usarli come oggetti contundenti.

Ogni volta che colpiamo un nemico o lo facciamo fuori, questi lascerà a terra un po’ di monetine di vario valore, e che andranno raccolte con cura per poter raggranellare sufficiente denaro da spendere nei negozi dove acquistare potenziamenti e upgrade vari. La crescita e la progressione del personaggio (sedici livelli) ricoprono un aspetto assai importante: man mano che si gioca, infatti, il suo livello aumenterà, e con esso il numero di mosse a disposizione. Dalla semplice accoppiata calcio+pugno, insomma, si passerà a combo decisamente più complesse ed efficaci, rivelando un impianto di gioco piuttosto elaborato, anche se in molti casi (specialmente in multiplayer) è sufficiente utilizzare le mosse base per riuscire ad avanzare. Oltre agli attacchi tradizionali ce ne sono altri due controllati dai “Punti Fegato”, disponibili in quantità limitata, e che permettono di evocare l’amico di Scott Knives Chau per aiutarci nelle situazioni più drammatiche o di allontanare i nemici quando sono troppi. Attenzione a non sprecare troppi punti fegato, perché possono essere convertiti in energia, cosa molto utile soprattutto andando avanti nel gioco.


Il gameplay è estremamente lineare, fedele ai canoni del genere dei “rullacartoni”. Il che significa anche che è piuttosto ripetitivo. I nemici di ogni livello tendono a essere sempre gli stessi; a spezzare la monotonia, oltre alla varietà delle ambientazioni, ci pensano gli shop e i passaggi segreti, che conducono a brevi mini-livelli (con tanto di artefatti grafici all’inizio e alla fine) in cui distruggere enormi salvadanai volanti a forma di maiali e casse stile SuperMario, e accumulare così un po’ di crediti.

A dare una vera spinta a Scott Pilgrim è la componente multiplayer: scordatevi internet e tutte quelle cose lì, che negli anni ottanta manco si sapeva cosa fossero. I picchiaduro, allora, si affrontavano in compagnia, gomito a gomito, e lo stesso vale in questo caso. È possibile giocare in quattro sulla medesima console, ma già in due le cose cambiano in positivo: oltre all’indubbio vantaggio di poter contare su una mano in più, si possono sferrare colpi simultaneamente, rimpallarsi i nemici stesi e altri divertissement analoghi. In più, si possono prestare denaro e punti energia agli altri; se un compagno viene messo KO è possibile rianimarlo. Se invece si muore, si può approfittare di un breve momento in cui il nostro personaggio compare come fantasma e “rubare” la vita a qualcun altro.


Pur riconoscendo il valore aggiunto offerto dal multiplayer in locale, sia in termini di divertimento puro che di esperienza di gioco complessiva, non ci si può certo nascondere il fatto che nel 2010, piaccia o non piaccia ai nostalgici, il gioco in rete non dovrebbe mancare, specialmente in un titolo come questo. D’accordo voler rendere omaggio a un’epoca, ma la lacuna è piuttosto grave. È sicuramente più divertente trovarsi in casa in quattro per giocare, ma non sempre è fattibile (ad agosto, poi, figuriamoci), non tutti hanno quattro controller, e qualcuno non ha neppure altri tre amici “reali”.

Chiudo con una piccola chicca: il gioco nasconde una modalità Survival con – manco a dirlo – gli zombie. Dalla schermata iniziale premete la sequenza giù, su, destra, giù, su, destra, giù, su, destra, destra, destra. Così facendo vi troverete di fronte a un’orda infinita di zombie, che continuano ad arrivare fin quando non si muore. Dopo il game over comparirà anche una classifica online in cui vengono elencati i migliori risultati (numero di KO e tempo di sopravvivenza) e la vostra posizione in graduatoria.